Due occhioni azzurri, un sorriso pieno di vita. Una piccola valigia in mano quasi vuota al suo interno. Stupore, curiosità e anche un po' di paura.
del 14 luglio 2010
 
 
 
L’inizio di un sogno
                   Due occhioni azzurri, un sorriso pieno di vita. Una piccola valigia in mano quasi vuota al suo interno. Stupore, curiosità e anche un po’ di paura. La piccola Svieta aveva lasciato per la prima volta la Bielorussia per venire a vivere un mese in Italia. Un mondo completamente nuovo, quasi una favola per lei, tutto le appariva stupendo. Scesa dall’autobus, è stata affidata alla mia famiglia, mi ha preso la mano, l’ha stretta forte e da quel momento la sua presenza non ha più lasciato il mio cuore.
                   Tra me e la mia nuova sorellina ci fu un lungo silenzio, ricolmato da un profondo scambio di sguardi, da sorrisi e abbracci, da un’indescrivibile desiderio di amare. Dopo un mese trascorso insieme a Svieta e alla voglia di vivere sua e di molti altri bambini, ho capito che la Bielorussia sarebbe diventata la mia seconda terra. Sentivo il desiderio e la profondità di conoscere e di vivere i profumi e i colori di quella terra lontana che mi aveva portato via il cuore. Ecco perché a settembre del 2006, carica di entusiasmo e di curiosità, ho deciso di partire per la Bielorussia.
La ricchezza della Bielorussia
                   Delle tante idee e immagini che mi ero formulata nella mente non ve n’era una che in verità corrispondesse alla realtà di quei posti. Arrivata a Minsk, la capitale, mi sono subito spostata nei paesini di campagna e nelle zone più colpite dalle radiazioni di Chernobyl’, dove vivono i nostri bambini. Strade non asfaltate, bianche e ricoperte di polvere. Qualche vecchia automobile, una donna che accompagna i suoi quattro figli a scuola, seduta su un carro di legno trainato da un cavallo. Distese di campi che danno lavoro alla maggior parte delle famiglie bielorusse, che faticano dalla mattina alla sera per guadagnare il minimo indispensabile per sopravvivere. Bambini che corrono per le strade e giocano con i loro animali da cortile.
                   Tante casette di legno dipinte di rosso, di giallo e di blu da una parte e ammassi di condomini tutti uguali dall’altra. In queste abitazioni spesso mancano la luce e l’acqua e le condizioni igieniche sono molto scarse. Questa è la tipica vita di paesi come Zhlobin, Hojniki e Kormà. Una vita di stenti, segnata dall’alcolismo che purtroppo colpisce tutte le famiglie, dalla violenza e dalla miseria.
La bottiglia e l'orfanotrofio
                   La Bielorussia è uno dei paesi dell’Est Europa che presenta il maggior numero di orfani. Gli orfanotrofi di Minsk sono completamente pieni e quando i ragazzi raggiungono l’età di 18 anni vengono abbandonati alla vita di strada, al freddo, all’elemosina e alla prostituzione. Inoltre, a seguito del disastro di Chernobyl’, molti bambini hanno contratto dei tumori che non sempre possono essere curati nel modo migliore, a causa della difficile condizione economica in cui si trova la maggior parte della popolazione.
                   Nonostante la miseria e l’abbandono di queste realtà, passeggiando per le strade della Bielorussia, ho trovato una pace e una serenità interiore che non provavo da tempo. Mi sembrava di vivere in un luogo fuori dal tempo, dove dominano il silenzio e la bellezza della natura. Inoltre l’affetto che ho ricevuto dai bambini e dalle loro famiglie mi ha colmato il cuore, svuotandolo di tutti gli egoismi e le piccolezze che si portava dentro. La semplicità di quella vita mi ha fatto riflettere sulla povertà del nostro mondo, ricco di cose materiali, ma privo di spirito e di valori.
Due nazioni, una sola famiglia
                   Da anni il Governo bielorusso permette ai suoi bambini di lasciare il paese per venire in Italia a curarsi e a vivere in un contesto familiare più sereno. In questo modo è nato il Comitato di Solidarietà per i bambini di Chernobyl’ che accoglie nei mesi di luglio e agosto ragazzi provenienti da tutta la Bielorussia. Nella nostra piccola realtà di Tolmezzo è partito da due anni il progetto del Grest italo-bielorusso. Bambini bielorussi e italiani giocano insieme con uno spirito di confronto e condivisione, dando vita così ad una grande famiglia. I ragazzi più grandi vengono coinvolti nell’animazione e nel dono dì sé ai più piccoli, mettendo in gioco le proprie capacità e portandosi a casa un’esperienza che può essere condivisa e realizzata anche in Bielorussia.
                   Dal prossimo anno partirà anche il progetto studio-lavoro grazie al quale i ragazzi maggiorenni potranno sfruttare il permesso di soggiornare in Italia per un anno per studiare o per imparare un mestiere, permesso che può essere rinnovato se gli studi verranno conseguiti con successo. Sono sempre più numerose le famiglie italiane che si recano in Bielorussia, perché colpite dalla sensibilità e dall’allegria portate nelle loro case dai loro piccoli ospiti. Si stanno creando ponti sempre più solidi tra due realtà così diverse ma così unite da un affetto che va oltre ogni confine.
Giulia Puntel
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