Harry Potter VII: non il potere del successo, ma l'umiltà del dono di sé parte...

La saga di Harry Potter è giunta alla sua conclusione: anche in Italia è stata pubblicata la traduzione di quello che è stato annunciato come l'ultimo della serie di sette volumi... Questa saga di genere fantasy, destinata a bambini e adolescenti, ad una generazione che legge poco più che gli Sms, ha ottenuto un successo straordinario e ha coinvolto anche milioni di lettori adulti.

Harry Potter VII: non il potere del successo, ma l'umiltà del dono di sé parte 1

da Quaderni Cannibali

del 01 dicembre 2008

L'antagonista, Voldemort, è il simbolo dell'uomo che si pone al centro dell'universo, e da creatura di Dio cerca di farsi egli stesso creatore di sé, illudendosi che tutto gli è possibile. Però ha una gran paura della morte, perché, dopo quest'ultima, vede solo il nulla.

Anche questo è tipico dell'uomo che ha perso un orizzonte che lo trascende.

Il desiderio di una vita immortale, cui anela Voldemort, è lo stesso di molti scienziati, ricercatori moderni: pensiamo ad esempio alle promesse utopiche di risoluzione di problemi da parte della biologia, delle biotecnologie, della scienza dei computer, della robotica.

La Rowling parte da questa tragica evidenza della post-modernità per discostarsene e cercare di illustrare la sua visione di uomo e di vita, usando uno stile particolarmente adatto e comprensibile per il pubblico di bambini cui il libro è rivolto.

La saga di Harry Potter è giunta alla sua conclusione: anche in Italia è stata pubblicata la traduzione di quello che è stato annunciato come l'ultimo della serie di sette volumi che narrano le avventure ma anche la crescita evolutiva (dagli 11 ai 18 anni) del personaggio principale Harry, durante il periodo scolastico nella Scuola di magia e stregoneria di Hogwarts, dove ogni volume narra un anno scolastico.

Questa saga di genere fantasy, destinata a bambini e adolescenti, ad una generazione che legge poco pi√π che gli Sms, ha ottenuto un successo straordinario e ha coinvolto anche milioni di lettori adulti.

'C'è più verità e più saggezza nel mondo delle fiabe che nel mondo del preteso razionalismo', scriveva Gilbert Keith Chesterton, il grande connazionale dell'autrice inglese di Potter, Joanne Kathleen Rowling, e nella fiaba del giovane mago di Hogwarts di saggezza non ne manca. Dietro le avventure mirabolanti dei vari personaggi si può intravedere una visione antropologica dell'autrice, che descrive il contesto del mondo attuale postmoderno portando il lettore da una visione di uomo individualista verso una visione di uomo guidato da valori morali, quali la scelta del bene, il dono, il sacrificio, l'amicizia, l'amore.

L'autrice scrive un testo per bambini, cercando di comunicare al piccolo lettore le verità di bene in cui lei crede, senza però usare discorsi moralistici, ma cercando di portare il lettore a comprendere che 'compiere il bene' è la cosa più giusta da fare. È così messo in risalto come il successo ottenuto senza fatica, la ricchezza, una vita eterna su questa terra, non sono niente, sono solo illusioni e come ciò che veramente conta sono l'impegno, l'amicizia, l'amore.

La storia è ambientata nell'Inghilterra contemporanea, e l'eroe della storia è un ragazzino orfano dall'età di un anno di entrambi i genitori, uccisi dal malvagio Voldemort, un potente mago la cui ambizione superomistica è quella di dominare il mondo, ma che trova proprio nella famiglia Potter il decisivo ostacolo ai suoi progetti, in particolare nell'amore per Harry della madre, che aveva donato la sua vita per lui.

L'autrice pone in risalto nella sua saga il fatto che l'uomo postmoderno, che cerca sicurezza nelle cose materiali, che usa gli altri come oggetti a propria disposizione, che ostenta superiorità cercando di affermare se stesso, in fin dei conti ha paura di tutto ciò che esula dal suo piccolo orticello. Ha paura, perché il mito della ragione dei secoli precedenti lo ha deluso: dalle grandi ideologie precedenti sono usciti i campi di concentramento nazisti e i gulag russi, per arrivare a un tempo in cui basta che un presidente di uno stato potente prema un bottone per portare a una guerra mondiale nucleare e alla fine della vita sul pianeta Terra. È l'uomo che ha perso Dio e quindi non conosce più nemmeno sé stesso.

Crede di possedersi e invece è posseduto dalle stesse cose che possiede. È l'uomo che non sa più sperare, perché non ha più un cielo cui guardare. È l'uomo che non sa più di essere creatura di un Creatore, perché Lo ha rinnegato. È l'uomo che fa dell'indifferenza il suo metro di misura, cioè non si misura, non si pone domande sulla sua origine, sul suo futuro, vive l'oggi costruendosi bisogni nuovi, perché il consumismo lo ha ridotto ad essere considerato solo consumatore di beni.

Voldemort è il simbolo dell'uomo che si pone al centro dell'universo, e da creatura di Dio cerca di farsi egli stesso creatore di sé, illudendosi che tutto gli è possibile, almeno in potenza. Voldemort ha però un punto debole, che si manifesterà lungo la narrazione anche degli altri volumi: ha una gran paura della morte, perché, dopo quest'ultima, vede solo il nulla.

Anche questo è tipico dell'uomo che ha perso un orizzonte che lo trascende.

Da qui scaturisce l'angosciosa ricerca del mito del piacere, di una lunga vita su questa terra e il terrore della morte. Il desiderio di una vita immortale, cui anela Voldemort, è lo stesso di molti scienziati, ricercatori moderni: pensiamo ad esempio alle promesse utopiche di risoluzione di problemi da parte della biologia, delle biotecnologie, della scienza dei computer, della robotica.

La Rowling parte da questa tragica evidenza della post-modernità per discostarsene e cercare di illustrare la sua visione di uomo e di vita, usando uno stile particolarmente adatto e comprensibile per il pubblico di bambini cui il libro è rivolto.

 

Paolo Gulisano

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