Eluana Englaro: la Comunità Animatori degli «Amici di Domenico Savio» di Trieste prendono posizione perchè... “Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare,ho avuto sete e mi avete dato da bere” (Mt 25, 35).
del 24 novembre 2008
“HO AVUTO FAME E MI AVETE DATO DA MANGIARE,
HO AVUTO SETE E MI AVETE DATO DA BERE” (Mt 25, 35)
 
“Se c’è chi la considera morta,
lasci che Eluana resti con noi che la sentiamo viva.”
 
 
Con queste semplici parole le suore della clinica di Lecco che da 16 anni assistono Eluana Englaro, ci dicono il motivo per cui chiedono di continuare a tenerla in vita.
Poche righe che contrastano con le 22 pagine dalla giurisprudenziale sapienza della Corte di Cassazione, che permette la sospensione di alimentazione e idratazione alla povera ammalata.
 “Lasciatela a noi che la sentiamo viva”: un sentire che non condanna nessuno, che non è sfumatura sentimentale o pietosa, ma una ragione elementare, capace di valutare i fatti con gli occhi semplici della realtà che sta davanti.
Eluana dopo 16 anni di stato vegetativo respira autonomamente, dorme e si sveglia regolarmente, ha superato spontaneamente una emorragia, vive del nutrimento e dell’acqua che le arrivano da una sonda. Nessuna macchina l’aiuta a respirare o si accanisce per tenerla in vita. E’ viva anche se incosciente.
 
Anche noi, Amici Domenico Savio, desideriamo pronunciare quelle poche e semplici parole, in modo che tanti le possano conoscere. Anche noi sentiamo viva Eluana, come quelle suore che da tanti anni, giorno e notte, le stanno accanto, testimoni di una sofferenza che non può negare l’evidenza di un respiro che liberamente dura nel tempo. Come le suore del beato Talamoni, chiediamo che non venga fatta morire.
 
Ciò che in questi giorni molti chiamano vittoria dello stato di diritto, per bocca delle religiose di Lecco, si rivela una ruvida brutalità: Eluana morirà di lento sfinimento, perché solo la mancanza di acqua e nutrimento avranno la meglio su quel tenace respiro.
 
Di fronte a ciò ci sono due possibili sguardi:
- quello delle suore che da 16 anni l’accompagnano lavandola, vestendola, amandola, così come è, muta e presumibilmente assente, segno di un doloroso mistero presente, dal quale però bisogna lasciarci guidare e giudicare.
- oppure quello di chi, dentro a una pena infinita, dice di volerla liberare dalla schiavit√π del suo stesso respiro.
 
Lo scontro attorno a quel letto di ospedale è tra:
- chi si ribella perché considera tollerabile vivere solo quando si è coscienti,
  liberi ed in salute, e
- chi invece desidera servire con umiltà la vita senza chiedere ragioni, senza contestare, senza pretendere standard di “dignità minima”, ma semplicemente riconoscendo e onorando la vita perché primo dono inviolabile di Dio Padre.
 
Deve esserci la possibilità per tutti di amare liberamente e liberamente donarsi al più debole fra i deboli.
In un tempo di dotti e fieri rivendicatori di diritti, c’è sempre nel mondo lo scandalo di un “SI” che ha incontrato con Gesù la semplicità di un cuore che vede e che ama:
“Ti benedico o Padre perché hai nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli” (Mt 11, 25)
“Beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché sentono”. (Mt 13, 16)
 
La Comunità Animatori ADS di Trieste: Cristina, Andrea, Gabriele, Angela, Francesca, Stefano, Caterina, Massimiliano, Valentina, Stefania, Consuelo, Michele, don Duilio.
 
 
C.I.P. ADS Oratorio Don Bosco Trieste, novembre 2008
Comunità Animatori ADS di Trieste
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