"Stiamo cercando Dio nel posto sbagliato". No, la tecnologia è un buon posto per cercare e trovare Dio. Perché? In che senso? Paolo VI dice che il «cervello meccanico viene in aiuto del cervello spirituale». Aggiunge che l'uomo compie uno «sforzo di infondere in strumenti meccanici il riflesso di funzioni spirituali».
del 12 dicembre 2011 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) return; js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 
 
          Per statuto fondativo La Civiltà Cattolica ha come redattori esclusivamente gesuiti, e dunque sono gesuita. Uno dei cardini della spiritualità di Ignazio di Loyola, fondatore dei gesuiti è la frase: «cercare e trovare Dio in tutte le cose». Questo ha reso spesso i gesuiti curosi, amanti delle «frontiere» e delle «trincee», ma anche… dei luoghi «sbagliati». Mi ha colpito un libro che ha per sottotitolo: Searcing God in all wrong places. Stiamo cercando Dio nel posto sbagliato. No, la tecnologia è un buon posto per cercare e trovare Dio. Perché? In che senso?
          La tecnologia non è una forma di vivere l’illusione del dominio sulle forze della natura in vista di una vita felice. Sarebbe riduttivo considerarla solamente frutto di una volontà di potenza e dominio. La tecnologia, scrive Benedetto XVI nella Caritas in Veritate, «è un fatto profondamente umano, legato all’autonomia e alla libertà dell’uomo. Nella tecnica si esprime e si conferma la signoria dello spirito sulla materia»[1]. La tecnologia è, dunque, la forza di organizzazione della materia da parte dell’uomo come essere spirituale. Il cristiano, quindi, è chiamato a comprendere la natura profonda, la vocazione stessa della tecnologie digitali in relazione allo vita dello spirito. Ovviamente la tecnica è ambigua perché la libertà dell’uomo può essere spesa anche per il male, ma proprio questa possibilità mette in luce la sua natura legata al mondo delle possibilità dello spirito.
          Un momento cruciale della comprensione spirituale delle nuove tecnologie fu la promulgazione del Decreto del Concilio Vaticano II Inter mirifica, il 4 dicembre 1963. che esordisce: «Tra le meravigliose invenzioni tecniche (Inter mirifica technicae artis inventa) che, soprattutto ai nostri giorni, l’ingegno umano, con l’aiuto di Dio, ha tratto dal creato, la Madre Chiesa accoglie e segue con speciale cura quelle che più direttamente riguardano lo spirito dell’uomo e che hanno aperto nuove vie per comunicare, con massima facilità, notizie, idee e insegnamenti d’ogni genere».
          Nel 1964 Paolo VI, rivolgendosi al Centro di Automazione dell’Aloisianum di Gallarate, aveva usato parole di una bellezza sconcertante, a mio avviso. Il Centro stava elaborando l’analisi elettronica alla Summa Theologiae di San Tommaso e anche al testo biblico. Vi cito queste parole: «La scienza e la tecnica, una volta ancora affratellate, ci hanno offerto un prodigio, e, nello stesso tempo, ci fanno intravedere nuovi misteri. Ma ciò che a Noi basta, per cogliere l’intimo significato di quest’udienza, è notare come cotesto modernissimo servizio si mette a disposizione della cultura; come il cervello meccanico viene in aiuto del cervello spirituale; e quanto più questo si esprime nel linguaggio suo proprio, ch’è il pensiero, quello sembra godere d’essere alle sue dipendenze. Non avete voi cominciato ad applicare codesti procedimenti al testo della Bibbia latina? Che cosa avviene? È forse il testo sacrosanto che viene abbassato ai giochi mirabili, ma meccanici dell’automazione come un insignificante testo qualsiasi? o non è cotesto sforzo di infondere in strumenti meccanici il riflesso di funzioni spirituali, che è nobilitato ed innalzato ad un servizio, che tocca il sacro? E’ lo spirito che è fatto prigioniero della materia, o non è forse la materia, già domata e obbligata a eseguire leggi dello spirito, che offre allo spirito stesso un sublime ossequio? È a questo punto che il Nostro orecchio cristiano può udire i gemiti, di cui parla S. Paolo (Rom. 8, 22), della creatura naturale aspirante ad un grado superiore di spiritualità?».
          Paolo VI dice che il «cervello meccanico viene in aiuto del cervello spirituale». Aggiunge che l’uomo compie uno «sforzo di infondere in strumenti meccanici il riflesso di funzioni spirituali». E prosegue affermando che, grazie alla tecnologia, la materia offre «allo spirito stesso un sublime ossequio». Il Papa sente salire dall’homo tecnologicus il gemito di aspirazione ad un grado superiore di spiritualità. L’uomo tecnologico è lo stesso uomo spirituale. La tecnologia diventa uno dei modi ordinari che l’uomo ha a disposizione per esprimere la sua naturale spiritualità. Se usate saggiamente, dunque, le nuove tecnologie «possono contribuire a soddisfare il desiderio di senso» (Benedetto XVI). Il credente è chiamato a un compito impegnativo: a non relegare la ricerca scientifica applicata a «moda» (che riduce gli strumenti a gadget) o a «volontà di potenza» (che riduce gli strumenti a «armi»). Qual è questo compito? Dare una risposta alla chiamata di Dio a dare forma e a trasformare la creazione. Giovanni Paolo II aveva auspicato in questo senso una «“divinizzazione” dell’ingegnosità umana». Questa è l’unica premessa valida per una vivere e annunciare la fede al tempo dei media digitali: riconoscere il loro valore, la loro «capacità» spirituale. Essi hanno al loro interno la risposta a una «vocazione». Lo sviluppo tecnologico, se ben inteso, riesce ad esprimere una forma di anelito alla «trascendenza» rispetto alla condizione umana così come è vissuta attualmente[2]. Il «cyberspazio», per la rapidità delle sue connessioni, rappresenta davvero bene il desiderio dell’uomo di una pienezza che sempre lo supera sia a livello di presenza sia di relazione sia di conoscenza. Cercare questa pienezza significa dunque, in qualche modo, operare in un campo «in cui la spiritualità e la tecnologia si incrociano»[3].
[1] BENEDETTO XVI, Caritas in Veritate, n. 69. 
[2] Cfr S. GEORGE, Religion and technology in the 21st Century. Faith in the e-World, Hershey (PA), Information Science Publishing, 2006, 87-90 e T. BEAUDOIN, Virtual Faith. The Irreverent Spiritual Quest of Generation X, San Francisco, Jossey-Bass, 1998, 87. 
[3] T. BEAUDOIN, Virtual Faith…, cit., 87. Lévy scrive seccamente: «ciò che fu teologico diventa tecnologico» nel suo L’intelligenza collettiva. Per un’antropologia del cyberspazio, Milano, Feltrinelli, 2002, 102. E viceversa la funzione «teologica» della tecnoscienza appare, in realtà, evidente a molti come leggiamo, ad esempio, in C. FORMENTI, Incantati dalla rete. Immaginari, utopie e conflitti nell’epoca di internet, Milano, Raffaello Cortina, 2000, 14. 
Antonio Spadaro
Versione app: 3.25.0 (fe9cd7d)