Rubrica di Giacomo Poretti (del trio Aldo, Giovanni e Giacomo) sui dieci comandamenti.5.Non uccidere (il campionato).
A solidi benpensanti quali ormai siamo diventati, il quinto comandamento non avrebbe nemmeno la necessità di essere ricordato, tanto è scontata la nostra adesione al divieto divino. Lo suggerisce il buonsenso stesso.
L’omicidio è una questione che riguarda la gente irrimediabilmente cattiva, o pazzi con gravi turbe mentali o persone assetate da potere e brama di possesso. Insomma, per quanto sia una pratica largamente diffusa, l’eliminazione fisica dei nemici riguarda un settore particolare dell’umanità, quello a cui sembrerebbe inutile sottoporre qualsivoglia decalogo spirituale o etico che sia.
Ma qui mi rivolgo a quelle persone, immagino la maggioranza, che almeno una volta nella loro vita hanno detto «ti ammazzo» a un tale che aveva sottratto loro il parcheggio, o a quelle che magari allo stadio si sono messe a urlare «devi morireeeee!» al giocatore della squadra avversaria a terra per un fallo subito. Ecco, a queste persone che, tranne quando parcheggiano o vanno allo stadio, sono persone civili, mi sento di rivolgere una domanda dal profondo significato teologico: ma quando Charlton Heston è sceso dal monte con le Tavole, nel momento in cui ha letto il 5° comandamento siamo sicuri che tutti abbiano sentito bene, anche quelli che stavano in fondo? E poi non è che il comandamento ha un significato più vasto?
Il contrario di uccidere, infatti, è promuovere la vita, sostenerla, incoraggiarla. Quando interrompiamo una discussione, quando parliamo sopra al nostro interlocutore, non è che stiamo uccidendo il confronto? Quando ci rifiutiamo di ascoltare il nostro «avversario» - politico, sportivo o semplicemente «altro» - non uccidiamo forse il crescere della verità? Quando ci rifiutiamo di leggere libri di autori che non la pensano come noi, non stiamo uccidendo la nostra ricchezza interiore? Quando ci rifiutiamo di andare in un ristorante africano o indiano, è vero che salvaguardiamo il nostro apparato digerente, ma non è che contemporaneamente uccidiamo la nostra curiosità? Quando ci rifiutiamo di dire, anche sotto tortura, che la Juventus in questa fase del campionato sta giocando meglio di tutte le altre, non uccidiamo l’obiettività?
Chiedo scusa se ho divagato, se ho edulcorato il comandamento di nostro Signore, perché non uccidere è la vera sostanza. E quindi, sarà anche vero quel che dice il Papa - «chi sono io per giudicare?» -, ma la Juventus sta uccidendo il campionato e perciò andrebbe sanzionata!
Giacomo Poretti
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