Omelia di Mons. Mario Paciello al funerale di Ciccio e Tore a Gravina. Sono «marciti in fondo a una cisterna; altri milioni di bambini che marciscono sotto il cielo, sono la preziosa cintura di Dio che si rovina, perché è guasta l'aria che respirano, la società e l'ambiente in cui vivono... Vorrei raccogliere quelle grida, quelle invocazioni e da questa Cattedrale farle rimbalzare lì dove si decidono le sorti del nostro Paese e dei nostri paesi».
del 09 aprile 2008
Figli carissimi,
finora abbiamo pregato insistentemente, animati da una speranza, che era desiderio e attesa, che Ciccio e Tore fossero vivi e tornassero tra noi.
Oggi, anche se tra molte lacrime, celebriamo questa Eucaristia, sostenuti da una speranza più grande, che è certezza: certezza che Ciccio e Tore sono nella gioia del Paradiso.
Oggi Cristo celebra con loro il banchetto nuziale, preparato per quelli che «sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell’Agnello» (Ap 7,14).
 
1 - Il Vangelo di Luca ci ha raccontato il dolore, l’ansia, l’affanno di Giuseppe e di Maria per la scomparsa di Gesù dodicenne, mentre tornavano dal pellegrinaggio a Gerusalemme.
 Lo ritrovano dopo tre giorni e si sentono dire: “Perché mi cercavate? Non sapete che devo occuparmi delle cose del Padre mio?”.
 Essi non compresero! E non potevano comprendere, perché non sapevano che in quei tre giorni di scomparsa erano annunziati i tre giorni che avrebbe trascorso nella tomba. Quando le donne, la mattina di Pasqua, andranno al sepolcro, Gesù dirà a Maria di Magdala di riferire ai discepoli: “Io salgo al Padre mio e Padre vostro” (Gv 20,17).
 Quando anche noi abbiamo ritrovato Ciccio e Tore, essi non erano più di questo mondo. I loro corpi erano in una cisterna; la loro anima era già da 630 giorni nell’abbraccio di Dio loro Padre.
Noi siamo qui, infatti, per celebrare la certezza che ci viene dalla fede, che Ciccio e Tore sono nella gioia piena, nella visione beatifica di Dio, nella vita senza fine, in compagnia dei Santi.
I resti mortali di Ciccio e Tore sono in quelle bare; ma Ciccio e Tore sono presenti in mezzo a noi e partecipano vivi a questa celebrazione, in virt√π della comunione dei Santi.
 
2 - Nella prima lettura abbiamo ascoltato il racconto di un gesto simbolico che il Signore chiede al profeta Geremia.
 Nell’Antico Testamento Dio parlava spesso al popolo attraverso gesti simbolici.
 Al profeta Geremia ordina, prima, di mettere ai fianchi una cintura di lino; poi, di nasconderla nella fessura di una pietra e, dopo molto tempo, di riprenderla quando era ormai marcita.
 Per il popolo di Israele la cintura era, non solo un capo importante dell’abbigliamento maschile e femminile, ma anche un elemento fortemente simbolico. La cintura era simbolo di giustizia, di fedeltà, di verità.
 Isaia, annunziando il Messia, dice che “fascia dei suoi lombi sarà la giustizia, cintura dei suoi fianchi, la fedeltà” (Is 11,5).
 Gesù, parlando della fedeltà, dice ai discepoli: “Siate pronti con la cintura ai fianchi e le lucerne accese” (Lc 12,35).
 E San Paolo ai cristiani di Efeso scrive: “State dunque ben fermi, cinti i fianchi con la verità, rivestiti con la corazza della giustizia” (Ef. 6,14).
 
3 - Se la cintura è simbolo di verità, di fedeltà, di giustizia: possiamo dire che i bambini sono la “cintura” di Dio, perché i bambini sono l’emblema della trasparenza, dell’innocenza e della verità.
 Tutti i bambini del mondo sono quanto di più caro Dio ha sulla terra. Sono l’ornamento che Dio ha dato alla famiglia, alla Chiesa, alla società, per rendere bella, viva, completa la loro veste.
 Dopo molto tempo il profeta Geremia trova la cintura marcita e si chiede qual è il senso di quel segno.
 Il Signore gli dice che il marcio della cintura è simbolo della malvagità, della caparbietà, dell’idolatria del popolo, della sua corruzione e del rifiuto di ascoltare la voce del Signore.
 Francesco e Salvatore, marciti in fondo a una cisterna; altri milioni di bambini che marciscono sotto il cielo, sono la preziosa cintura di Dio che si rovina, perché è guasta l’aria che respirano, la società e l’ambiente in cui vivono.
 
4 - La raccapricciante scoperta del 25 febbraio non ci ha restituito vivi i fratellini. Di vivo, in quella cisterna c’era solo il segno della cintura marcita.
 Quella modalità di morte, quel marcire all’aperto per quasi due anni è un messaggio forte per noi.
 Nella loro breve vita, Francesco e Salvatore sono stati chiamati a lasciare un segno nella storia, non solo di Gravina, ma dell’Italia intera, delle Istituzioni, delle Comunicazioni.
 Ora che ci prepariamo a  dare onorata sepoltura ai resti mortali di Ciccio e Tore, dobbiamo fare attenzione a non seppellire anche il messaggio che ci lasciano e la nostra responsabilità di dare risposte.
 La loro caduta mortale è stata come un tonfo senza ritorno in un mare che ha fatto schizzare in alto nugoli di mali nascosti di un Paese che non si chiama Gravina, ma Italia.
 È impossibile non sentirsi struggere di dolore pensando alle sofferenze lancinanti di Francesco e alla lunga e straziante agonia di fame, freddo, buio, solitudine, paura di Salvatore; ma faremmo bene, come dice Gesù alle donne di Gerusalemme, a piangere su noi stessi e sui nostri figli, perché siamo noi che vogliamo questo tipo di società.
 
5 - Le disavventure di tutti i bambini, le loro sparizioni, il loro sfruttamento, la loro solitudine, il bullismo degli adolescenti, gli abusi sui minori, l’alcolismo e la droga, con le inevitabili conseguenze di disastrose esperienze sessuali, delitti e stragi in auto, sono solo alcuni dei segnali di un malessere sociale profondo e generalizzato, voluto e da tanti favorito, davanti al quale si continua a tenere pervicacemente gli occhi chiusi.
 È più sbrigativo cancellare le conseguenze di errori morali, anziché insegnare agli adolescenti a rispettare la propria e l’altrui persona, a prepararsi consapevolmente alle grandi scelte della vita e alla genitorialità responsabile.
 
 Un gruppo di genitori dalla Sardegna dopo aver letto la mia lettera ai ragazzi di Gravina, mi ha scritto:
 “Come genitori, viviamo con ansia e tremore questo tempo di buio, perché molti figli si sono persi o sono sulla strada sbagliata dei piaceri sensibili: inganno diffuso tra i giovani, che si nutrono di cibo avvelenato come l’alcool e la droga. Molti sono alla ricerca esagerata di denaro come unica meta per la loro felicità, come unica certezza per la loro vita; e alcuni violano ogni legge umana e Divina pur di aver soddisfazione nei beni materiali”.
 
6 - Laggiù, Francesco e Salvatore certamente hanno invocato aiuto, hanno sperato fino alla fine che qualcuno li sentisse; ma, tutti e due, e specialmente il più piccolo, Salvatore di nome, morto perché voleva essere salvatore di fatto del fratello, hanno fatto l’esperienza più dolorosa della solitudine vera, dell’abbandono senza speranza.
 Vorrei raccogliere quelle grida, quelle invocazioni e da questa Cattedrale farle rimbalzare lì dove si decidono le sorti del nostro Paese e dei nostri paesi. Tanti potenziali Ciccio e Tore, cioè ragazzi che, usciti di casa corrono rischi e pericoli di cui non sono coscienti, ce ne sono stati, e ce ne saranno nelle nostre città.
 Non voglio strumentalizzare la morte dei fratellini, per lanciare anatemi; ma non dobbiamo permettere che la morte di Ciccio e Tore, lasci il mondo come si trova.
 
7 - Ciò che è avvenuto il 5 giugno 2006 e tutti gli altri episodi di cronaca che hanno riempito giornali e trasmissioni in questi anni, sono avvenuti per nostro insegnamento; devono farci capire in quale baratro si trova il mondo oggi; quanto siamo caduti in basso, non i gravinesi, ma la società, la cultura laicista che azzera i valori essenziali della natura umana e legalizza il disvalore della vita e della famiglia, la totale disat-tenzione ai bambini come soggetti di diritto di nascere e di scegliere.
Davanti alle bare di Ciccio e Tore è facile dire: “Siamo tutti responsabili”.
Dobbiamo ripetercelo e non dimenticarlo dopo questo momento, quando saremo chiamati da una presa di coscienza personale e comunitaria, a creare tutte le condizioni possibili perché siano evitati certi epiloghi tragici, per offrire disponibilità, impegno, mezzi, per promuovere luoghi di incontro, occasioni di aggregazione.
 
8 - Io chiamo tutte le Istituzioni, le agenzie educative, le comunità parrocchiali a prendere atto delle rispettive responsabilità in ordine alla tutela e alla cura dei minori. Tutti possiamo fare molto di più per i fanciulli e gli adolescenti.
I papà e le mamme, diano il loro tempo libero ai figli; seguano da vicino le loro esperienze e il loro cammino di fede; si prendano cura dei piccoli negli oratori, nelle associazioni, nelle parrocchie.
Tutti coloro che hanno attrezzature sportive imitino il Seminario Diocesano che ha messo a disposizione il campo di calcetto per i ragazzi della Città.
Gli Amministratori Regionali e Locali, incoraggino la buona volontà, la creatività progettuale e gli sforzi di privati, associazioni e parrocchie, sfoltendo gli iter burocratici per la realizzazione di progetti per la gioventù.
Non basta piangere i morti, se sul piano amministrativo, etico, culturale, economico, non si fa nulla perché certi eventi drammatici e luttuosi non si verifichino.
Non è uno spreco, né una spesa secondaria, per una comunità civile, favorire la realizzazione e l’uso di strutture sportive, luoghi di aggregazione, spazi attrezzati e custoditi per attività ludiche, ginniche, artistiche, culturali, educative.
Tra le tante risposte alla mia lettera, un gruppo di quinta elementare mi ha scritto: “Le Istituzioni non pensano molto a noi ragazzi. Gli adulti non sentono il nostro grido di aiuto e fanno finta che non esistiamo”. Esaminiamoci tutti per verificare quanto questo pesante giudizio ci interpella.
 
9 - Ciccio e Tore, oggi siete al centro degli sguardi, dell’attenzione, dell’affetto, della preghiera di tutti noi e del mondo intero.
 Da quella posizione ci state chiedendo per l’ultima volta aiuto, non più per voi stessi, ma per tutti i nostri ragazzi, con la speranza di essere finalmente ascoltati.
 Mentre noi, per le mani di San Francesco e della Vergine Maria, vi affidiamo all’abbraccio di Cristo Salvatore, voi pregate per tutti quelli che vi hanno amati e sono nel dolore, per la vostra Città, per tutti noi, perché sappiamo far tesoro dei messaggi che ci avete lasciati. Riposate in pace!
mons. Mario Paciello
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