I cristiani non cadano nel tranello della censura

I cristiani libanesi protestano contro il film turco "Feith 1453" definito offensivo e oltraggioso per la loro religione. Un film che secondo chi l'ha visto mostra i cristiani come persone "grottesche e origine di tutti i mali, mentre i musulmani sono dipinti come perfetti e incorruttibili".

I cristiani non cadano nel tranello della censura

Il film in questione, intitolato "Fetih 1453" è uscito nelle sale turche da qualche settimana e ha avuto grande successo. È la storia della caduta di Costantinopoli nel 1453, quando quello che rimaneva dell'impero bizantino viene spazzato via dai musulmani. Un film che secondo chi l'ha visto mostra i cristiani come persone "grottesche e origine di tutti i mali, mentre i musulmani sono dipinti come perfetti e incorruttibili". Non solo: ci sarebbero anche evidenti falsità storiche, come l'ingresso di Maometto II nella basilica di Santa Sofia che storicamente vide il massacro di migliaia di cristiani, qui dipinto invece come un sovrano che accarezza i bambini. Troppo, per i cristiani libanesi, che hanno boicottato l'uscita del film e ne chiedono adesso la censura. Secondo Massimo Introvigne, contattato da Ilsussidiario. net, "bisogna sempre stare molto attenti nell'invocare la censura". Questo, spiega, "perché i cristiani di fronte alla lobby musulmana sono debolissimi e si finirebbe per ottenere l'effetto contrario". È innegabile però, aggiunge, che la Turchia di Erdogan è tornata a celebrare il passato ottomano e islamico della sua storia.

Un film anti cristiano dopo il film definito blasfemo dai musulmani. Qual è la sua opinione?

È un caso interessante: sull'episodio della caduta di Costantinopoli e in genere sulle ricorrenze ottomane in Turchia era caduto un completo oblio dall'epoca della caduta dell'impero fino alla vittoria elettorale di Erdogan, perché il passato ottomano non veniva celebrato volentieri. La Turchia moderna rifiutava infatti l'impero ottomano e le sue tradizioni.

Invece adesso la situazione sta cambiando?

Sono stato in Turchia molte volte e ho anche scritto dei libri a proposito e indubbiamente, anche in chiave turistica con cortei storici e rievocazioni, vi è un forte ritorno al passato ottomano. Proprio perché l'ideologia del partito di Erdogan ha un'ideologia che recupera il passato ottomano e quindi la vocazione della Turchia a essere la guida del mondo islamico, come in effetti fu fino al 1924, con l'abolizione del califfato da parte del laicissimo Ataturk.

Dunque anche un film come questo farebbe parte del progetto di una Turchia "imperiale" come quella del passato.

Credo che il fenomeno del partito di Erdogan sia un fenomeno da capire e non sia unicamente negativo, perché c'è il recupero di una identità religiosa da parte della Turchia che l'aveva un po' persa con la politica laicista dei governi precedenti. In una chiave che però non è aggressivamente fondamentalista come quella di altri Paesi.

Un islamismo moderno?

Certamente c'è una forte identità islamica: la donna la si preferisce velata, il Corano lo si preferisce sottratto alla critica universitaria, però è una identità islamica gradita agli elettori di un grande paese molto ricco e dunque più accettabile di quella che si va affermando nei Paesi vicini.

Che però ha prodotto un film molto propagandistico.

Bisogna anche capire che il partito do Erdogan è un po' come lo era la nostra Democrazia cristiana: sfiora e supera il 50% dei voti, ma una cosa è nelle grandi città, una cosa diversa è nei centri rurali. Una cosa nei leader, una cosa nei militanti. Non escludo che alla periferia del partito ci siano pulsioni anti cristiane da cui potrebbe essere nato questo film.

E della protesta dei cristiani libanesi che idea ha?

Se fossi un cristiano libanese ci penserei bene prima di invocare la censura perché nel gioco della censura di solito i cristiani perdono.

In che senso?

I musulmani sono spalleggiati da grandi stati sciiti come l'Iran, e in un contesto come quello mediorientale la censura potrebbe diventare un gioco pericoloso. Ai cristiani essere per la libertà d'espressione conviene sempre.

Ma autorità islamiche, dopo il recente caso del film americano blasfemo, hanno chiesto alle Nazioni unite di ridurre la libertà di espressione nei confronti delle religioni.

Porre limiti alla libertà di espressione credo sia un gioco pericoloso. Ci sono certamente limiti da non superare: quel film americano era una operazione dilettantesca e oltre certi limiti, non era neppure un'opera artistica, era un insulto. Può darsi che dei limiti vadano messi; preferirei però che questi limiti non fossero rigidi. Teniamo presente che la lobby cristiana è una lobby debolissima mentre quelle musulmane e ebraiche sono fortissime, per cui la censura sulla libertà di espressione rischia di colpire proprio i cristiani.

Massimo Introvigne

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