La sequenza è illuminante: i pacs - è questa la tesi da far passare - sono un approdo doveroso, un progresso evidente, una vera conquista civile. La famiglia tradizionale è invece una realtà obsoleta, in qualche caso perfino pericolosa, comunque perfettamente fungibile... √â bene ribadire che, oggi come al referendum dell'anno scorso, nessun 'grande fratello' potrà ridurre al silenzio la voce dei cattolici italiani.
del 11 dicembre 2006
Il segnale all'opinione pubblica è partito con potenza e in perfetta simultaneità. Il 'band wagon' è già in movimento. Basta mettere a confronto i cinque o sei maggiori quotidiani nazionali di ieri, con la loro sovrapponibilità impressionante di parole e di concetti. Basta riavvolgere e ripassare le immagini dei tg di giovedì sera e di ieri e il riscontro è istantaneo: per le coppie di fatto, gay comprese, il dado è tratto e il traguardo è ormai a portata di mano. L'imminente legittimazione è data per scontata, tanto quanto l'enfasi è ostentata. Ripensamenti e fasi di riflessione sono inimmaginabili.
Sorprende, ma solo fino a un certo punto, il singolare 'autocontrappasso' dei principali organi di informazione italiani, che per un buon paio di giorni avevano pressoché ignorato quanto bolliva nel pentolone della legge finanziaria: la possibile, clamorosa svolta di un'equiparazione fiscale tra coniugi e conviventi 'more uxorio' in materia di successioni. Un vero 'buco', come usiamo dire in gergo giornalistico. Che poi, allo stop legislativo con annesso ordine del giorno politico dell'ultima ora, hanno vistosamente corretto,'scoprendo' solo in quel momento il tema e sciorinando pagine e pagine, decine e decine di minuti, per approfondimenti, commenti e interviste.
Sorpresa relativa, si diceva. Perché in realtà troppi precedenti indicano quasi l'esistenza, non vorremmo dire di un piano studiato a tavolino, e neppure di un 'complotto' consapevole. Ma è quanto meno come un meccanismo, che su certi argomenti sembra attivarsi in forma automatica: un'élite culturale, magari tutt'altro che maggioritaria nel Paese (vedi referendum sulla legge 40) ma di sicuro dominante nel circuito massmediale, stabilisce la valenza positiva o negativa di una questione. E da quel momento gli sviluppi che la investono sono sottoposti a una chiave di lettura apodittica, senza sfumature né possibili aspetti problematici.
Nel nostro ultimo caso, la sequenza è illuminante: i pacs - è questa la tesi da far passare - sono un approdo doveroso, un progresso evidente, una vera conquista civile. La famiglia tradizionale è invece una realtà obsoleta, in qualche caso perfino pericolosa, comunque perfettamente fungibile.
Da questo momento in poi, discutere criticamente tali presupposti, consentirne popperianamente la 'falsificabilità', esaminarne sviluppi e conseguenze, diventa impensabile. L'importante è toccare quella soglia di 'massa critica' che, nella psicologia collettiva, agevola il fenomeno dell'identificazione con un'opinione reputata maggioritaria. E per ciò stesso giusta e vincente.
Perché è chiaro: navigare controcorrente è faticoso, sentirsi minoranza è mortificante, vedersi bollare dal marchio di conservatore può umiliare. Mentre invece rischia di acquistare perfino la dignità di una dimostrazione di audacia, di chissà quale temperie morale, un gesto stupido e inutilmente offensivo come quello di lanciare volantini pro-pacs all'indirizzo del Papa, come hanno fatto ieri quelli de 'il manifesto' al suo passaggio sotto la sede del giornale.
Il fenomeno, si diceva, è tutt'altro che nuovo. Basti appena ricordare il precedente della legge 194, le stime tanto sesquipedali quanto truffaldine sul milione di aborti clandestini l'anno che si inculcarono nella gente. Con la conseguenza che ancora oggi, a distanza di 28 anni, si ha il coraggio di esprimere compiacimento perché le Ivg legali nel 2005 sono state 'appena' 130mila.
Sembra allora di particolare rilievo quanto ha ricordato ieri, subito dopo la sua nomina a presidente del Comitato nazionale di bioetica, Francesco Paolo Casavola: l'essere appunto oggi la bioetica, con le altre questioni ad essa collegate, «il problema centrale delle grandi democrazie». Sappiamo dalla storia che libertà e democrazia mal si conciliano con ogni manifestazione di 'pensiero unico'. Per questo, senza sicumera ma con serena determinazione, è bene ribadire che, oggi come al referendum dell'anno scorso, nessun 'grande fratello' potrà ridurre al silenzio la voce dei cattolici italiani.
Gianfranco Marcelli
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