«I giovani desiderano ancora cose grandi»

Spesso chi si rivolge agli psicoterapeuti chiede cosa si deve fare perché “i ragazzi sono cambiati”. Ma non sono cambiati i ragazzi, sono cambiati i genitori. Più che scandalizzarci su ciò che vogliono i ragazzi, dobbiamo chiederci qual è il sistema sociale e familiare che li circonda...

«I giovani desiderano ancora cose grandi»

da Attualità

del 27 gennaio 2011

 

 

          «Certo oggi predomina la voglia di successo e di potere a tutti i costi. Ma attenzione a generalizzare: nei ragazzi c’è ancora il desiderio di una vita vera. Tocca agli adulti far sì che possano riuscirci».           Mariolina Ceriotti Migliarese, neuropsichiatra infantile e psicoterapeuta, non si lascia atterrire dalla decadenza morale di questi tempi.           E con la consapevolezza di chi studia ogni giorno le inquietudini dell’anima non si scompone dinanzi alla smania odierna di migliaia di adolescenti che sognano di diventare “veline”, o di ventenni che, istigate dai propri genitori, aspirano al rango di preferite negli harem della politica (come abbiam sentito in questi giorni). Stiamo assistendo a un mutamento generazionale?          Spesso chi si rivolge a noi psicoterapeuti ci chiede cosa si deve fare perché “i ragazzi sono cambiati”. Ma non sono cambiati i ragazzi, sono cambiati i genitori. Più che scandalizzarci su ciò che vogliono i ragazzi, dobbiamo chiederci qual è il sistema sociale e familiare che li circonda. Non credo affatto riguardi tutte le famiglie, ma oggi prevale un pensiero collettivo per cui un figlio “riesce” se diventa ricco e famoso in tempo breve. Tutto è orientato al consumo di persone e di cose. In che cosa sono cambiati i genitori oggi?          Un tempo oltre all’affetto per i figli la preoccupazione maggiore della famiglia era quella di trasmettere, anche in modo ossessivo, delle regole, dei valori. Oggi invece che i figli son sempre meno o arrivano tardi, siamo agli antipodi: ci si preoccupa solo che passi l’affetto. Perché infatti un genitore non riesce più a rimproverare l’adolescente? Perché teme di perderne l’affetto. Ma così si perde la capacità di dare una rotta educativa e si finisce per accontentare sempre e comunque i figli. Che cosa ha determinato questo mutamento?          Manca una condivisione di valori. I genitori sono molto disorientati, si concentrano sul singolo problema del figlio, come per esempio lo spinello, ma non riescono a inquadrarlo in un pensiero educativo. È una questione che riguarda tutti gli adulti: si son persi valori umani come il legame stabile, la fedeltà, per cui quando si diventa genitori si fa molta fatica. Anche tra noi psicologi sappiamo benissimo che dietro le situazioni patologiche di ragazzi che vogliono farla finita o ragazze bulimiche ci sono famiglie disgregate o separate. Però si fa poco nella prevenzione.  Di fatto quali sono le conseguenze in famiglia?          C’è molta difficoltà dei genitori a prendersi il ruolo che gli compete: sono iperdialogici con i figli e questi son diventati ormai piccoli sindacalisti, per cui pensano di poter contrattare con l’adulto qualsiasi cosa. È normale che poi alla lunga, specie nell’adolescenza, i genitori con la paura di perderli non riescono a porsi come autorità. È necessario ristabilire per il bene del figlio la “giusta distanza”: non sono il tuo amico o il tuo confidente, ma il tuo genitore. Un adulto deve anche permettere al figlio adolescente di sbattergli la porta in faccia e starne fuori quando serve. Perché l’adolescente è un po’ come il bruco che si chiude nel bozzolo per diventare farfalla... In che senso?          È una metafora che riprendo volentieri per dire che soprattutto l’adolescenza richiede tempo, rispetto e fiducia. Oggi siamo troppo “guardoni” nei confronti dei ragazzi: vogliamo sapere tutto di loro e li spiamo continuamente sul cellulare, sul computer… Ma non dobbiamo aver paura se abbiamo seminato bene. Anche se il bruco ci appare sgraziato diventerà col tempo farfalla e potrebbe essere dannoso spiare nel bozzolo o aprirlo a forza. Tocca ai ragazzi cercare la propria identità, a noi spetta creare le condizioni migliori perché superino senza troppi danni l’inevitabile processo di crescita fatto di prove ed errori. Cominciamo a dire dei no, ma lasciamo ai figli la libertà e la responsabilità delle proprie azioni.           Più che a controllare preoccupiamoci di proporre loro ideali per amare la vita. I ragazzi non cercano adulti perfetti, ma adulti appassionati.          Non a caso il suo ultimo libro si intitola 'La famiglia imperfetta. Come trasformare ansie & problemi in sfide appassionanti' (Ares, pp. 160, euro 12)…          Siamo tutti persone, con tutti i limiti. Non voglio assolvere o banalizzare gli errori. Ma è importante dar fiducia ai genitori. Siamo bombardati da media i cui contenuti sono sempre più qualitativamente bassi. Oggi il pericolo maggiore è quello di non pensare più e cedere alle emozioni. Se le pulsioni vengono immediatamente soddisfatte non si trasformano in desiderio e in responsabilità.           E non a caso è molto diffusa la sindrome di Peter Pan: sono tanti gli adulti- adolescenti. Però il quadro non è tutto negativo: sono convinta che i genitori hanno più che mai l’opportunità di far crescere delle persone speciali. Perché è così ottimista?          Per esperienza so che l’occhio cade sempre di più sulla patologia che sulla normalità. E invece quando guardo un neonato penso sempre che da quel bimbo possono venir fuori grandi cose: c’è la speranza di un inizio nuovo ogni volta. Sono ottimista perché le persone che ancora credono in certi valori sono spinte dal contesto attuale a renderli manifesti. Vedo in tanti genitori un grande desiderio di riprendersi la responsabilità. I ragazzi hanno voglia di una vita vera. L’importante è aver chiari i propri principi, perseguirli con passione mantenendo quella giusta distanza, la penombra nella quale lasciar crescere i figli.           Proprio come diceva Natalia Ginzburg: “Se abbiamo noi stessi una vocazione, se non l’abbiamo rinnegata o tradita, allora possiamo lasciarli germogliare quietamente fuori di noi, circondati dall’ombra e dallo spazio che richiede il germoglio di una vocazione. Questa è forse l’unica reale possibilità che abbiamo di riuscir loro di qualche aiuto nella ricerca di una vocazione: avere una vocazione noi stessi, conoscerla, amarla e servirla con passione: perché l’amore alla vita genera amore alla vita”.  

Antonio Giuliano

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