Per moltissimi ragazzi far parte di un'associazione o di un movimento significa crescere, umanamente e spiritualmente. Storie ed esperienze di ragazzi che grazie ai movimenti e le associazioni hanno scoperto la fede e la pripria vocazione.
del 30 marzo 2012 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) return; js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 
          Per moltissimi ragazzi far parte di un’associazione o di un movimento significa crescere, umanamente e spiritualmente. C’è chi ha visto la sua vita prendere una piega completamente diversa e chi va fiero di ciò che ha imparato, chi ci è “nato” e chi si è avvicinato in un momento difficile o semplicemente per curiosità. Le storie di chi ha aderito ad un gruppo piuttosto che ad un altro sono le più disparate, dalle mille sfumature e dai contorni originali, ma tutte hanno un denominatore comune: aver incontrato Gesù e scoperto il senso della propria vita.
          “Una bussola, una cartina e uno zaino pieno del necessario”. Strumenti utili per continuare il cammino, per orientarsi, per non perdersi: è questo quello che Elena di Ancona porta con sé alla fine della sua esperienza da scout. “Lo scoutismo – spiega – è strada di vita: strada perché solo camminando a passo lento e costante posso apprezzare ciò che mi circonda, la bellezza di un paesaggio, l’intimità di un incontro, l’incertezza di un bivio e il desiderio di migliorare passo dopo passo. Strada perché la strada è vita e la vita è strada da percorrere, da vivere a pieno”.
          Per moltissimi ragazzi far parte di un’associazione o di un movimento significa crescere, umanamente e spiritualmente. C’è chi ha visto la sua vita prendere una piega completamente diversa e chi va fiero di ciò che ha imparato, chi ci è “nato” e chi si è avvicinato in un momento difficile o semplicemente per curiosità: le storie di chi ha aderito ad un gruppo piuttosto che ad un altro sono le più disparate, dalle mille sfumature e dai contorni originali. Sono testimonianze di ragazzi normali, alle prese con i dubbi tipici dell’età e le difficoltà del mondo attuale, caratterizzate però dalla gioia di aver incontrato un compagno di viaggio fedele, Gesù, di poterla condividere con altri e di vedere il mondo con occhi diversi.
          “Ho tanti amici che mi vogliono bene e dei quali posso fidarmi; non vivo più con la sindrome da prima della classe, perché anche gli altri sono in gamba; non mi annoio più perché tutto è una sorpresa, perché il Signore mi chiede sempre cose nuove e sfide intriganti; ho un lavoro che mi soddisfa e mi realizza, e non ho bisogno di sgomitare per essere apprezzata”, racconta Roberta che da dieci anni fa parte del gruppo del Rinnovamento nello Spirito del Piemonte e Valle d’Aosta. “Non è una favola, è la vita nuova dei figli di Dio”, precisa. Si guarda indietro e si vede trasformata. Lei che non andava in Chiesa “perché non serviva” e considerava “ammuffiti” quelli che lo facevano. Lei che aveva cominciato a truccarsi molto presto, che frequentava ragazzi più grandi, che aveva tanti interessi e correva come un treno perché “niente è impossibile, basta volerlo”. Eppure, confida, “il castello di carta si stava sgretolando”: c’erano i segni prima dell’anoressia e poi della bulimia, la solitudine, la malattia del padre, la sensazione che quella vita non fosse così bella e appagante. È in questo momento che Roberta incrocia “il Signore, nel RnS, tramite amici di famiglia che frequentavano una comunità di preghiera”. “Cominciai a fidarmi ed affidarmi”, osserva la ragazza che ora sa “ridere e condividere, sentirmi a mio agio con tutti, vivere i problemi, anche i più difficili, senza che questi prendano il sopravvento. Non conto più sulle mie forze, ma sulla grazia di Dio, ed ogni cosa va a posto”.
          “In alcuni momenti, lo scoraggiamento e la fatica sono stati tali da pensare che non sarei più andata avanti, ma col passare del tempo sono riuscita a raggiungere molti degli obiettivi che mi ero prefissata e questo tutto grazie a Dio, alla preghiera e ai fratelli che hanno pregato per me”, le fa eco Tiziana, che ha scelto il Rinnovamento nello Spirito quando aveva 15 anni. Oggi è un’infermiera e si è sposata: la mia nuova famiglia – è il suo auspicio - spero di costruirla sull’esempio di quella di Nazareth, nell’accoglienza e nella semplicità”.
          Maria Elena è di Nichelino, in provincia di Torino. Terza di cinque figli, è cresciuta “come tante altre ragazze”. “Mi piaceva uscire con gli amici e un po’ meno studiare. Fino ai 20 anni ‘fare la suora’ non rientrava nei miei possibili progetti di vita”, ammette. Poi, “grazie al Cammino Neocatecumenale, ho scoperto la bellezza della vita consacrata”. Ed è entrata nella Congregazione delle Suore Missionarie di San Pietro Claver.
          Marino invece è un insegnante di religione e la sua “vocazione da laico” l’ha scoperta in Azione Cattolica. “Ho imparato ad incontrare Gesù: l'ho trovato – rivela - negli occhi di un bambino che mi faceva arrabbiare negli incontri il sabato;in una mano tesa che mi chiedeva aiuto lungo il sentiero; lungo la strada; ma soprattutto nel volto delle persone che in questi anni ho incrociato”.
          “La mia esperienza associativa risale a quando in parrocchia facevo parte del gruppo giovanissimi di AC”, dice da parte sua Tiziana. All’inizio, aggiunge, “ritenevo naturale aderire, anche con la tessera, ad una proposta che mi piaceva e mi faceva crescere attraverso il confronto e l'esperienza concreta”, mentre oggi tutto ciò è diventato una certezza: “continuo ad aderire perché la ritengo l'esperienza che per eccellenza mi ha fatto e mi fa conoscere un volto di Chiesa e di Cristo vero, fatto non solo di affermazioni ma di persone che si spendono per ciò in cui credono e contribuiscono a fare si che la fede in Dio, l'educazione all'amore per la vita possano crescere ed essere trasmesse grazie alle persone, attraverso la vita quotidiana”.
          “La vita di Clan mi ha aperto agli altri, mi ha fatto capire l’importanza di dedicarsi al prossimo”, afferma Daniele che del suo percorso con gli scout traccia un bilancio decisamente positivo. “Credo di aver imparato, e non è certo nella mia natura, ad ascoltare e rispettare chi la pensa in modo diverso da me, considerando un’opinione differente non più come una nota stonata ma come una ulteriore ricchezza per me”. Non solo: “ho imparato a vivere la mia vita indipendentemente dagli standard che la società odierna sembra imporre”, sottolinea Daniele che ora si ritiene “in grado di accettare anche eventuali sconfitte”. Perché i movimenti e le associazioni sono davvero un luogo di discernimento e di crescita.
Stefania Careddu
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