I pompieri e il profilattico

La sessualità non può essere una questione di obblighi e divieti. Tanto più che non credo che qualcuno oggi faccia o non faccia qualcosa in camera da letto "perché l'ha detto il papa"... Bisognerebbe piuttosto chiedersi qual è il bene a cui la sessualità rinvia, il dono reciproco di sé tra due persone che si amano...

I pompieri e il profilattico

da Attualità

del 25 novembre 2010

 

            E' arrivato nelle librerie il libro-intervista in cui Benedetto XVI risponde alle domande del giornalista Peter Seewald (Luce del mondo, Libreria Editrice Vaticana). Le anticipazioni hanno fatto discutere per le dichiarazioni di apertura sull'uso del preservativo in alcuni casi come 'male minore'. Non è una novità, perché tanti teologi e vescovi si erano già espressi in tal senso.            Fa un po' sorridere che ci sia tanto rumore, come se il discorso cristiano sulla sessualità si riduca all'interrogativo 'preservativo sì o no?'.            In questo c'è un residuo, sia nella comunicazione ecclesiale sia in come i giornalisti (spesso in cerca di sensazionalismo) presentano il messaggio della Chiesa, di una mentalità precettistica, come se la fede cristiana fosse in sostanza un insieme di obblighi e divieti, piuttosto che un modo di stare al mondo. Il singolo comportamento sessuale dovrebbe essere allora visto in una cornice molto più ampia.            La sessualità, allora, non può essere una questione di obblighi e divieti. Tanto più che non credo che qualcuno oggi faccia o non faccia qualcosa in camera da letto 'perché l'ha detto il papa'. Sarebbe grottesco pensare in questi termini! Bisognerebbe piuttosto chiedersi qual è il bene a cui la sessualità rinvia. Qui si aprirebbe tutto il discorso del dono reciproco di sé tra due persone che si amano. E non è un discorso da preti, ma di cui avrebbe bisogno la società intera. Nella polarità tra proibizione (in passato prevalente) ed elogio della trasgressività (oggi affermata) si è persa una visione autenticamente umana della sessualità.          Quello che, infine, mi fa sorridere di più (ma ha un che di preoccupante) è la solerzia con cui alcuni 'pompieri' si sono affannati a voler gettare acqua sul fuoco sostenendo a spada tratta che qui non si va a modificare nessun punto della dottrina cattolica, dal momento che quella del papa sarebbe solo un'affermazione dettata dalla carità. Penso, per esempio, a Giovanni Maria Vian e Vittorio Messori.           Mi fa sorridere la paura della novità, come se la perfezione si trovasse solo in un passato a cui bisogna continuamente guardare e non ci possa essere un avanzamento verso una migliore comprensione del Vangelo. Mi fa sorridere il bisogno di distinguere tra carità e dottrina, come se la verità di Dio non fosse nell'amore, un amore che arriva fino all'estremo della croce. Invece, sembra che si debba a tutti i costi preservare dei sistemi, delle formulazioni, delle regole, come se Dio fosse lì dentro.          E' anche questa ristrettezza di orizzonti che allontana tanti dal cristianesimo. Si sentono indirizzare delle direttive, piuttosto che essere aiutati a scoprire la presenza dell'amore di Dio nella propria vita. E' una scoperte del genere a cambiare il cuore e la vita delle persone, non certo l'esposizione di una dottrina.          Quando Benedetto XVI parla di umanizzazione della sessualità e di strade umanamente percorribili nell'applicare le prospettive del magistero, mi sembra ne sia consapevole. Forse non altrettanto alcuni suoi 'alfieri'. La verità non prescinde dall'umano, lo fa sviluppare, lo fa crescere, non lo sovrasta come un'alta vetta da raggiungere. La verità non è estranea all'umano, si trova in esso come un seme che vi è deposto da far germogliare. Non la scopriamo sforzandoci di realizzare un dover essere, che diventa un peso che ci schiaccia o che rifiutiamo, ma imparando a riconoscere il bene e il male che sono presenti nei nostri affetti e dando sempre più spazio al primo.

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