I ragazzi se ne fregano.

La terra appartiene a quelli che hanno il coraggio di far violenza contro sé stessi, pur di non scendere a patti con la mediocrità di chi si vende. Ai ragazzi dobbiamo questo coraggio, costi quel che costi. Forse così non salveremo il paese, ma la dignità sì, almeno quella.

I ragazzi se ne fregano.

da Quaderni Cannibali

del 27 gennaio 2011

“Cosa pensano o dicono i ragazzi di tutto quello che sta succedendo in Italia in questo momento?”. Suona così la domanda che i giornalisti spesso mi pongono, dal momento che ho la fortuna di entrare in contatto con molti giovani. Così mi è stato chiesto anche per quest’articolo.

 

Vi deludo subito: “I ragazzi non dicono niente”. I ragazzi con cui sto in classe, i ragazzi che mi scrivono dopo aver letto il mio romanzo o seguono il mio blog, se ne fregano di questo paese centocinquantenario. Sì se ne fregano. La caduta delle ideologie ha portato ad un profondo distacco tra giovani e cosa politica, ma il baratro ora è ampliato da una cosa politica ridotta a grande fratello da giornali e tv.

 

I ragazzi che mi scrivono pongono domande sul senso della vita: per cosa valga la pena giocarsi quegli anni che hanno a disposizione, se esista qualche speranza di futuro, se amare per sempre sia possibile, se Dio esista, se il dolore abbia un senso… Insomma i ragazzi chiedono e cercano quello che veramente conta: il senso delle cose. Se ne fregano delle ruby, perché ancora sono in quell’età in cui ci si illude che si possa essere sé stessi e che per farsi strada nella vita non sia necessario darla via. E io contribuisco, da prof, a questa grande illusione, a mille euro al mese. Loro, ingenui, si illudono che ci sia qualcosa per cui giocarsi la vita e, impauriti, chiedono se ancora esista, disposti anche a mettersi in viaggio per cercarlo. E io li illudo dicendo loro che sì, esiste.

 

Alcuni parenti delle ruby coinvolte nelle vicende incoraggiano le loro figlie o sorelle a darsi via pur di avere un futuro garantito, pur di tirare su qualche migliaio di euro. Le colpe dei padri ricadono sui figli, diceva qualcuno, e aveva ragione. Se la vedranno loro, non mi riguarda.

 

I ragazzi se ne fregano del mondo piccolo e brutto che stiamo costruendo loro. Se ne fregano per due motivi: o perché ormai ne fanno parte o perché vogliono qualcosa di diverso. I primi non vogliono futuro ma sicurezza e si vendono; i secondi sono disposti a rischiare pur di avere futuro, rinunciando anche alle sicurezze a buon mercato…

 

Calvino diceva che ci sono due modi di per non soffrire l’inferno in cui siamo immersi: “il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio”.

 

Ecco i nuovi eroi da sostenere, gli illusi da finanziare, quelli disposti a non lasciarsi raccomandare, quelli disposti a non darla via, quelli disposti a faticare. Li trovi soprattutto tra coloro che si affacciano alla vita con speranza: i giovani. Però più entrano nel mondo adulto più rinunciano alla loro eroica speranza di illusi, persino i loro padri li incoraggiano a imboccare la via facile. Ma qualcuno ha detto che “il cielo è dei violenti”, non certo degli ignavi. E io aggiungo: anche la terra appartiene a quelli che hanno il coraggio di far violenza contro sé stessi, pur di non scendere a patti con la mediocrità di chi si vende. Ai ragazzi dobbiamo questo coraggio, costi quel che costi. Forse così non salveremo il paese, ma la dignità sì, almeno quella.

 

 

Il Giorno, Il Resto del Carlino, La Nazione, martedì 25 gennaio 2011

 

Alessandro D'Avenia

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