I giovani di oggi credono ancora al sogno dei loro “nonni” fondatori. Sono nati in un'Europa unita e pacifica, dove il Muro di Berlino era già crollato. Non hanno avuto neanche bisogno di votare i vari referendum nazionali, con le annesse polemiche sul processo di unificazione. L'Europa per loro è vicina...
del 15 aprile 2011
 
          «Sono francese, spagnolo, inglese, danese, sono uno ma sono anche tanti altri. Sono come l’Europa, un vero casino» La battuta di Xavier, lo studente protagonista del film L’appartamento spagnolo, è ormai la condizione mentale di milioni di giovani europei, cresciuti con la prima paghetta in euro, senza aver mai usato la lira o il franco.
          Ragazzi che si muovono oltre confine con grande facilità, che non si ricordano neanche com’erano i controlli doganali di una volta, prima dello spazio di Schengen, ventenni abituati a studiare in più università e in diverse lingue. Generazione Europa, la prima veramente transnazionale e poliglotta, suggerisce la nuova ricerca condotta dall’European Policy Centre (Epc) e dalla City University London, che fotografa una nuova leva di ragazzi europei senza frontiere.
          Chi l’ha detto che l’Ue è in crisi? Seguendo le cronache politiche di questi giorni, con le liti quotidiane a Bruxelles, si potrebbe pensare che la costruzione europea sia definitivamente tramontata. Ma i giovani di oggi credono ancora al sogno dei loro “nonni” fondatori. Non hanno le loro motivazioni originarie e molti di loro non devono neanche più fare il servizio militare. Sono nati in un’Europa unita e pacifica, dove il Muro di Berlino era già crollato. Non hanno avuto neanche bisogno di votare i vari referendum nazionali, con le annesse polemiche sul processo di unificazione. Forse è per questo che oggi in tutti i Pae4si europei i ventenni sono la fascia di popolazione più entusiasta della nostra vecchia e barcollante Ue. Ragazzi che vivono dall’Atlantico fino alle frontiere con l’Oriente, dal Polo Nord al mediterraneo, e hanno valori e ideali comuni, Proprio come ne L’appartamento spagnolo, dove si narrano le vicissitudini di una piccola comunità di studenti Erasmus. È il futuro che avanza rispetto alle vecchie logiche “nazionalistiche” ancora care ai cittadini più anziani e a molti leader di governo.
          L’Europa per loro è vicina. «Questa tendenza si ripercuote molto nettamente sulle istituzioni comunitarie, con una visione positiva dell’Ue» racconta Benedetta Guerzoni, analista all’Epce e tra i ricercatori hanno firmato lo studio. Quasi tutti i giovani europei (90%) associano l’Ue alla libertà di viaggiare, studiare e lavorare all’estero. Sono loro i cittadini meglio disposti verso le decisioni prese a livello europeo. In materia di salute e politiche sociali il supporto a Bruxelles è del 44% per le persone di età compresa tra i 15 e i 24 anni, rispetto al 30% tra chi ha più di 65 anni. L’Ue è vista dai giovani come una forma di protezione verso i loro diritti di cittadini (72%) e un mezzo per migliorare la situazione economica (71%). «Per questo i giovani –spiega Guerzoni-  il concetto di Unione europea è qualcosa di molto meno astratto. Chi oggi ha tra venti e trent’anni ha usato l’euro per più di un terzo della vita». Per loro la moneta unica è uno strumento irrinunciabile. Come i programmi comunitari Erasmus o Leonardo, usati ormai da milioni di giovani. Oppure l’accordo di Schengen, che pure oggi è sotto accusa.
          «È una dimensione più pragmatica della visione dell’Europa – continua l’analista – che ha probabilmente contribuito a far perdere un po’di idealismo, di quel grande progetto sorto dopo guerre e divisioni o come coronamento di un processo di democratizzazione».
          Esistono poi i nuovi cittadini dell’Ue. Ben 12 dei 27 Stati membri lo sono diventati dopo il 2004. «Non si può pensare a una generazione europea senza tenere in considerazione il numero di ragazzi e ragazze polacche, cechi o rumeni, che adesso possono spostarsi liberamente in Europa. Hanno vissuto l’apertura all’Europa sulla propria pelle e per questo, generalmente, tendono ad esserne entusiasti». Mentre i governi nazionali discutono della revisione del Trattato di Lisbona e di nuova governance europea, i giovani spingono già per un rafforzamento delle decisioni dell’Ue in materia di terrorismo, ricerca scientifica e tecnologica, protezione dell’ambiente. A sorpresa, hanno anche un’idea dello Stato “leggero”, dimostrano uno scarso attaccamento al Welfare State e agli interventi nazionali nel settore della sanità o delle pensioni. «Anche se restano comunque meglio disposti verso il ruolo dello Stato rispetto ai loro coetanei americani» precisa l’analista dell’Epc.
          Le ormai quotidiane sparate anti-Ue non sono condivise dalla maggior parte dei ragazzi italiani. Il nostro Paese è tra i più eurofili del continente. Solo il 30%dei giovani tra i 15 e i 30 anni vede l’Ue come uno spreco di tempo e denaro o una minaccia per la cultura nazionale, contro il 42% e il 35% della media europea. Un dato che si associa alla poca considerazione degli italiani verso le istituzioni nazionali (25% di fiducia nel governo e nel Parlamento, rispetto al 31% europeo). Le differenze tra gli italiani e gli altri coetanei europei sono sulla meritocrazia e la possibilità di trovare lavoro. Solo il 46% considera importante avere una buona istruzione per andare avanti nella vita, contro il 62% europeo. Al contrario il 32% sostiene più efficace conoscere le persone giuste (26% nell’Ue). Essere “smart”, intelligente, è fondamentale per il 7% dei giovani nel nostro Paese (il dato più basso d’Europa), mentre venire da una famiglia ricca è importante per il 18% degli italiani (7% media europea).
          Nonostante le singole differenze, la ricerca pubblicata dall’Epc e City University London, riconosce nei ventenni di oggi un nuovo “blocco sociale”. «L’età è diventata un fattore discriminante in quasi tutte le società europee»  racconta Eric Harrison, analista della City University London. «Quando abbiamo cominciato questo studio credevamo di trovare caratteristiche molto diverse attraverso l’Ue in base alla nazione. Invece abbiamo notato che le maggiori disparità esistono tra le diverse fasce d’età. Il divario più forte tra gli europei non è più influenzato dai confini o dalla cultura do origine. I cittadini giovani e istruiti si assomigliano nella maggioranza dei ventisette Paesi membri, mentre quelli più anziani tendono ancora a riprodurre le antiche distinzioni nazionali». Questa nuova generazione potrebbe dare una svolta.
          «Quando i giovani cresceranno ed entreranno nella vita attiva e politica, aumenterà l’appoggio al ruolo Ue». Qualcuno degli studenti raccontati in L’appartamento spagnolo prenderà il posto di Sarkozy, Merkel e Cameron. E allora magari le vecchie frontiere conteranno un po’meno. E tutti si abitueranno a dire come Xavier: «Sono uno, ma sono anche tanti altri».
 
 
 
 
 
Anais Ginori
Versione app: 3.25.0 (f932362)