I ragazzi tornano all'oratorio

In un anno balzo del 10 per cento. Uno diventa grande, all'oratorio. Già, i luoghi. Nulla è per caso. L'oratorio versione contemporanea. Il biliardino? Certo e però c'è anche Facebook sul quale ogni buon oratorio è iscritto. La lavagna? Per il catechismo certi sacerdoti non disdegnano l'uso di internet e pc.

I ragazzi tornano all’oratorio

Un semplice bastoncino di ghiacciolo a bloccare la gettoniera del calcio balilla così da giocare con la stessa monetina a oltranza, fino a sera, la mamma arrivata a strillare che dai basta, è ora di cena; lo stridere del gesso sulla lavagna nell’aula di catechismo per la lezione della domenica; le caramelle sfuse, liquirizie per lo più, vendute dalle vecchiette volontarie al bar e, diamine, implacabili nel non regalarne mai una di quelle caramelle custodite nei barattoloni di vetro oggi tremendamente vintage (ai mercatini dell’usato possono costare la loro cifra). Ecco, vintage.

Infatti piantiamola: non esiste più l’antico oratorio. È cambiato, s’è rinnovato, rivoluzionato.

L’oratorio versione contemporanea. Il biliardino? Certo e però c’è anche Facebook sul quale ogni buon oratorio è iscritto. La lavagna? Per il catechismo certi sacerdoti non disdegnano l’uso di internet e pc. E i dolcetti? C’è poco da perder tempo a mangiare, comincia il corso di teatro e intanto c’è chitarra e in una stanza fanno il giornalino e nell’altra inglese. E le vecchiette del bar? All’università di Perugia c’è un master post laurea che forma giovani operatori negli oratori. Una domanda: in nome dell’aggiornamento si perde un velo di romanticismo? No, forse, chissà. Questi stessi oratori sono ancorati all’Italia. In ogni senso.

DON MARCO

Si chiama don Marco Mori, ha ben 37 anni però secondo l’italiana concezione è per l’appunto un ragazzo, un pivellino. Don Marco ha una voglia matta di fare e ha chiare le linee programmatiche: «Nuove sfide, nuove tecnologie, nuove frontiere. Per sfide intendo l’integrazione, tema sul quale noi adulti abbiamo tantissimo da imparare dai bambini che, è probabile, ci aiuteranno a superare pregiudizi e blocchi mentali. L’oratorio è uno straordinario, privilegiato punto d’osservazione». La generale fiducia, respirata anche all’happening in corso, ha la forza dei numeri.

MEZZO MILIONE DI RAGAZZI

Sono 6.500, gli oratori in Italia. La scorsa estate hanno ospitato un milione e mezzo di piccoli e adolescenti con una crescita del dieci per cento causata/agevolata dalla crisi (la famiglia resta a casa, i figli vengono spediti dal don, ci penserà lui, questione di usato garantito e sicuro). In fondo l’oratorio è gratis, eccetto sopportabili quote d’iscrizione. Dei 6.500, quasi 5 mila sono nel Nord Italia, dove l’oratorio è nato e ha avuto i suoi pionieri. L’oratorio, nel Sud, è meno una tradizione, il che non impedisce una recente riscoperta dalla Sicilia alla Campania, come c’è fermento in Centro tra Lazio e Umbria. Una geografia nazionale e non regionale se non addirittura provinciale che merita, torniamo a don Marco, «una rete. C’è bisogno che gli oratori si parlino, condividano preoccupazioni e prospettive». Del resto in oratorio non ci sono barriere e non ci sono test d’ingresso da superare. Don Giovanni Bosco, a un bimbo poverello e timido che temeva di venir escluso, lasciato fuori, disse: «Sai fischiare? Bene. Chi sa fischiare può entrare ». In pratica tutti quanti. Don Samuele Marelli, 36 anni, è responsabile degli oratori per la diocesi più grande al mondo, quella milanese. «Siamo una realtà presente però a volte silenziosa» dice con orgoglio e forse amarezza. Uno diventa grande, all’oratorio. Già, i luoghi. Nulla è per caso.

Andrea Galli

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