I salesiani leader della «i-pedagogia»

Da tre anni i centri di formazione professionale dei salesiani stanno sperimentando l'utilizzo di iPad, per una didattica innovativa. Ha cinquemila alunni e cinquecento docenti coinvolti.

 

 

del 09 aprile 2014

 

 

Da quasi tre anni coinvolge 5mila alunni e 500 docenti, in 20 centri professionali e 40 scuole: anche solo per i numeri, la sperimentazione di una didattica digitale basata su tablet fatta all’interno del circuito della formazione professionale dei salesiani è senza dubbio una delle più interessanti mai fatte in Italia. I risultati di iCnos verranno presentati venerdì 11 aprile a Verona, all’interno del convegno “iPedagogia. Intelligenza nelle mani e didattica digitale” (Auditorium Verdi, Centro Congressi Fiera di Verona, ore 8,30, info e iscrizioni su www.icnos.net). E c'è chi già la chiama i-padagogia.

 

 

Don Gianni Filippin è il direttore nazionale di Cnos-Fap e spiega che questa sperimentazione, in corso da tre anni scolastici, «è nata perché con i ragazzi della formazione professionale la lezione frontale è poco efficace, da sempre. Abbiamo sempre avuto un 50% di laboratorio, ma nel 50% di ore dedicato alla teoria i docenti facevano la classica lezione frontale. I ragazzi invece hanno quella che noi chiamiamo “intelligenza nella mani”, hanno bisogno di essere attivi in prima persona, protagonisti dell’apprendimento. I tablet ci sono sembrati uno strumento adatto a introdurre quei cambiamenti nella didattica che a voce ci dicevamo da tempo, ma che in realtà non erano mai stati introdotti». I salesiani usano la formula «dall’insegnamento all’apprendimento», altri hanno parlato di cooperative learning, autoregolazione dello studente, studente al centro, problem solving. Pochi però i docenti che hanno saputo tradurre questi affascinanti concetti in una didattica diversa.

 

 

«È un processo progressivo, anche perché la vera sfida è quella di coinvolgere i docenti, accompagnandoli. Per questo ogni istituto coinvolto ha un tutor di riferimento. Mestre per esempio è diventato un punto di riferimento perché il suo direttore, Alberto Grillai, crede moltissimo nel progetto. Ci siamo accorti che i risultati migliori si ottengono là dove c’è una leadership in grado di motivare i docenti e di avere una visione d’insieme, altrimenti l’innovazione degli strumenti non genera una innovazione della didattica». Il CFP San Marco di Mestre infatti si appresta ad essere insignito da Apple come “centro d’eccellenza italiano”.

 

 

Ogni studente delle classi coinvolte nella sperimentazione ha un tablet (di fatto un iPad, grazie a un accordo con la Apple e in virtù del fatto che si è preferito optare per lo stesso device per tutti gli alunni della classe), «generalmente i ragazzi pagano un canone di noleggio di 15/20 euro al mese e nell’arco dei tre anni, ovvero la durata del corso di studi, lo riscattano», spiega don Filippin. I cinque pilastri della sperimentazione sono – linee guida alla mano – la convinzione che le tecnologie non hanno un valore in sé, ma come veicolo di innovazione organizzativa, didattica e metodologica; che l’innovazione tecnologica non può essere attuata sporadicamente ma implica continuità; che le innovazioni devono diventare patrimonio condiviso; che ogni innovazione implica una visione sistemica; che lo studente deve essere al centro del processo.

 

 

Tra gli obiettivi, da raggiungere con gradualità, la costruzione di libri di testo, la relazione con il mondo esterno alla scuola, la riorganizzazioni degli spazi d’aula e dei tempi scuola (ad esempio una innovazione prevede che l’orario scolastico sia disegnato in modo da non avere mani meno di due ore consecutive con lo stesso formatore e che questi, nel blocco di due ore, conduca direttamente l’attività per 15 minuti all’inizio e 15 alla fine, lasciando poi la maggior parte del tempo al lavoro autonomo degli alunni), la produzione di prodotti da parte degli alunni stessi. «Abbiamo cercato anche un modo per stimolare gli insegnanti, che sono lontani fra loro, in tutta Italia, a condividere il lavoro fatto. Molti ormai si “incontrano” per lavorare per aree, perché dopo una formazione iniziale sugli strumenti tecnologici è stato naturale andare a ragionare per aree tematiche, entrando nello specifico, anche per elaborare nuove app», continua don Filippin. Per questo ad esempio è nato Bazar, una piattaforma per condividere i contenuti e materiali delle lezioni, oppure Naya, una app per i partecipanti alla sperimentazione per consigliare e trovare applicazioni utili per la didattica in classe.

 

 

Al convegno dell’11 aprile interverrà anche Allan Kjaer Andersen, preside dell’Orestad Gimnasium di Copenaghen, una scuola innovativa pensata per muoversi, interagire e creare: «Abbiamo visto un servizio in tv su questa scuola, li abbiamo contattati e alcuni nostri direttori sono andati a Copenaghen per visitarla. Siamo molto lontani da lì, anche perché abbiamo edifici che limitano molto una scuola così aperta e cambiare le strutture costa, ma l’ambizione è quella di arrivare lì».

 

 

Sara De Carli

http://www.vita.it

 

 

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