Pronti per la Festa dei Giovani 2003? Ecco Francesco Rebuli, uno dei due testimoni.
del 12 gennaio 2003
I WILL SING A NEW SONG
(Canterò una canzone nuova)
Vi è mai capitato di trovarvi in una situazione a dir poco imbarazzante e pensare “Vorrei essere in qualsiasi altro posto tranne in questo” e trovarvi a decidere se rimanere o andare via? Ve ne siete andati? Beh, forse vi siete persi qualcosa!
Un giorno su un libro ho letto: “Mi trovai di fronte a due strade, presi quella meno battuta: mi cambiò la vita”.
La diversità dall’ordinario, da ciò che diventa consuetudine fa paura. Paura di un cambiamento che ti sconvolge, che non ti permette di avere tutto sotto controllo, che lascia spazio a domande irrisolvibili. Eppure dopo le iniziali scosse che distruggono, il terremoto lascia spazio ad una natura più rigogliosa a bellezze straordinarie (parola che letteralmente significa fuori dall’ordinario). Spesso il timore iniziale diventa un muro troppo alto che ti nasconde ciò che verrà.
A volte però non si ha via di scampo né scorciatoie: ti capita e basta. Non hai possibilità di scelta se non nell’andare avanti e prendere in mano le redini della tua vita, di quello che ti rimane o mollare e lasciare che tutto vada da sé, anche se personalmente la trovo una scelta triste: vorrebbe dire rinunciare ad una partita a flipper solo perché la prima pallina ti è caduta subito. Ti accorgi subito della tua precarietà. Capisci che le tue forze non sono mai abbastanza. Sbatti contro muri e barricate che nonostante la tua rabbia non puoi abbattere. E il Signore? Spesso in queste situazioni viene più maledetto che invocato. È facile prendersela con Lui e dargli la colpa di quanto accaduto ma così facendo non ci si accorge della sua mano tesa verso di te, che attende solo che tu invochi il suo aiuto. È lì pronto a caricarsi nuovamente delle nostre sofferenze, ma aspetta che gliele affidiamo. Non vi sto parlando di trattati teologici o filosofici, vi sto parlando della mia vita, di ciò che è capitato a me. Ogni parola scritta equivale a un giorno vissuto. Il Signore è fantasioso: utilizza i modi più impensabili per farsi vivo (basta stare attenti e coglierli): con me si è servito di una canzone. Una canzone degli U2. L’avevo sempre ascoltata e mi era sempre piaciuta, tanto che in una lettera ad una mia amica ne avevo trascritto il testo come si fa quando qualcosa ti ha colpito, ma evidentemente questa canzone non aveva finito di dirmi tutto. Capita infatti il mio incidente, questa mia amica lo viene a sapere, mi viene a trovare e mi lascia una lettera: alla fine di questa mi riscrive il testo della canzone:
I waited patiently for the Lord Ho sperato con pazienza il Signore
He inclined and heard my cry Lui si è chinato ed ha udito il mio lamento
He lift me up out of the pit Mi ha tratto dalla fossa della morte
Out of the miry clay Dal fango della palude
I will sing, sing a new song Canterò, canterò una canzone nuova
How long to sing this song? Per quanto canterò questa canzone?
He set my feet upon a rock Lui mise i miei piedi sulla roccia
And made my footsteps firm E rese sicuri i miei passi
Many will see, Molti vedranno,
Many will see and hear Molti vedranno e potranno sentire
I will sing, sing a new song Canterò, canterò una canzone nuova
How long to sing this song? Per quanto canterò questa canzone?
(“40”, U2 – da “War” o “Under a Blood Red Sky”
C’ero io in questa canzone. Ero io che gridavo. Ma il Signore era là. Mi chiedeva di continuare ad avere fiducia in Lui e di affidargli tutto ciò che mi capitava. Avrebbe pensato Lui a tirarmi fuori dalla melma e a stabilirmi saldo sulla roccia. A me non rimaneva e non rimane altro che cantare, cantare una canzone nuova, una vita nuova.
Francesco Rebuli
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