Il Bastardo è rimasto in mutande

Omelia di don Marco Pozza sul Vangelo delle tentazioni di ieri, prima Domenica di Quaresima. Sul pinnacolo del Tempio l'Uomo-Dio riscatta quella stupidaggine firmata dal Diavolo nel Giardino dell'Eden. Alla fine ce ne rimette lui, Satana il Bastardo.

Il Bastardo è rimasto in mutande

da Teologo Borèl

del 14 marzo 2011

 

 

      

           Poteva esordire con un miracolo e sarebbe risultato più simpatico e appetibile. Un Cristo prestigiatore per levarsi la fame, un Cristo funabolo per sedurre la folla, un Cristo acrobata per svegliare il pronto intervento degli Angeli.

          Alla fine, però, ce ne rimette lui, Satana il Bastardo: uno psicologo goffo, un dilettante di teologia, un uomo vittima di un mestiere che si è logorato nei secoli. Eppure ci crede davvero, ci crede forse più di noi, lo cerca infinitamente più del popolo che millenni dopo griderà Signore, Signore. Peccato per quell'inesperienza dovuta all'imbattersi in Colui che gli sta di fronte: come può Satana dare ciò che non possiede?

          Qualcuno ancora s'azzarda ad attribuire a Satana la proprietà della materia: cattedrali, giardini, vallate e mura antichissime. Nulla di più sbagliato sotto il cielo della catechesi: di Satana è la bava che si lascia sulle cattedrali (e sulla loro datata chincaglieria), sulle ville e sui poderi altrui. Lui non è mai stato proprietario di nulla quaggiù ma semplicemente l'usurpatore primo di ciò che avrebbe voluto essere suo.

          'Va via, Satana' gli impone lo Sfidante: probabilmente glielo dice con dolcezza, con mansuetudine, con netta fermezza. Forse con un sogno: che a nessun uomo – sulla scia del Bastardo – passi per la mente di ritentarlo con le medesime astrusità. Satana ha scelto l'Avversario sbagliato: non sempre al massimo dell'intelligenza corrisponde il massimo dell'intuizione. Lo pensava un fringuello nelle sue mani, un giovane pacioccone e azzurrognolo nello sguardo, un sognatore inesperto alle prime armi. Non aveva capito che quell'Uomo accettava la sua sfida per trarne un insegnamento da diffondere nei secoli a venire, per sfidare Lui stesso l'arroganza del suo Contrario.

          Al fascino del miracolo, scelse l'asprezza della tentazione come lectio magistralis sul pulpito della storia: per spartire con la sua discendenza la dura legge di chi nasce uomo. Senza illudere.

          E sul pinnacolo del Tempio l'Uomo-Dio riscatta quella stupidaggine firmata dal Diavolo nel Giardino dell'Eden. Perfido Satana (e tutti i suoi imitatori). Lui lo sa che non è vero, eppure ci prova lo stesso: 'E' vero che Dio ha detto: Non dovete mangiare di alcun albero del giardino?' (Gen 2,17). In realtà all'inizio non c'era una proibizione, ma una possibilità molto ampia: 'Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino' (Gen 2,16). Solo dopo si stabilisce un limite. Eppure è su questo che Satana ci gozzoviglia: lui diffonde la caricatura di un Dio che castra, di un Dio sadico, di un Dio che dice 'guarda che meraviglia' e poi te la nega spudoratamente. Di un Dio che accende il desiderio di Adamo e poi glielo spegne sul nascere.

          Questo è il Dio di Satana e di una fetta di Chiesa. In realtà in principio era la gioia e il godimento per i suoi Figli: solo dopo vennero delle 'barriere protettive' per non insozzare tale gioia. Per l'uomo la restrizione è una castrazione, per Dio è una salvaguardia della vera Gioia. Satana costringe Adamo a fermarsi su quella strettoia, gli violenta lo sguardo, gli occulta la visuale: Satana è un Bastardo perchè la sua proposta di trasgressione è in vista di una diminuzione dell'uomo. Usa il sospetto e molti dopo di lui lo impugneranno come arma mortale: perchè il sospetto non fa morire subito ma logora, infastidisce, lacera e sfinisce la mente, l'anima, i pensieri. Di sospetto si impazzisce all'inverosimile: si sfaldano legami, marciscono esistenze, s'impolverano ideali. E Satana – un capace senza il carisma di Dio – ringrazia e rilancia l'avventura. Infiacchendo l'uomo ch'era il sogno della Creazione stessa. E invitandolo al carnevale organizzato nell'Inferno.

 

          'Ed è mai scappato di casa quando aveva otto anni?' gli chiese, levando lo sguardo e deglutendo forte. Dentro aveva una cosa a cui non voleva pensare, una cosa che lo avrebbe solo intristito. Aveva cercato di evitare quel pensiero da quando si era svegliato, al mattino, ma purtroppo lui aveva la cattiva abitudine di riformarsi tra le dita dei suoi piedi, risalire lungo le caviglie e su per le gambe fino alla schiena, e arrivare diritto al cervello, da dove spediva agli occhi immagini che Noah non aveva alcuna voglia di vedere.

(John Boyne, Il bambino con il cuore di legno, Rizzoli, Milano 2010, 82)

don Marco Pozza

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