Venti cartoline raccontano l'illustre filosofo e fondatore del Movimento di Oxford
del 16 settembre 2010
          
           1 - La Bbc comunica che il Papa verrà per una prima visita di stato e “beatificherà un cardinale inglese”. Gli unici commenti negativi sentiti riguardano i costi – venti milioni di sterline, tre volte il bilancio della regina. Vengono, ovviamente, dalla setta scientista di Richard Dawkins.
           Fino a pochi anni fa gli animi si sarebbero infiammati per una provocazione della “prostituta di Babilonia” e contro un cattolicesimo visto come l’ideologia dell’assolutismo continentale contro la quale l’Inghilterra era stata forgiata.
           154 anni fa, quando l’illustre filosofo e fondatore del Movimento di Oxford, il reverendo John Henry Newman, abbandonò la fede anglicana per passare dalla parte di Roma, lo choc registrato dalla scala Richter in Gran Bretagna era stato maggiore di quello provocato dalle teorie di Darwin o dalle cinque spie di Cambridge passate a Mosca.
           Lord Gladstone, un altro evangelico entrato nella chiesa alta anglicana, aveva detto: “Niente ha mai esercitato una simile influenza a Oxford, al culmine della sua fama, dalle lezioni di Abelardo a Parigi”. Il fratello di Gladstone aveva seguito Newman a Roma e lui non gli aveva mai più rivolto la parola! Il fratello di Newman divenne un ateo socialista utopista alla Owen – per Newman fu la premonizione di come sarebbe diventato il mondo se una chiesa riformata non avesse ingaggiato un confronto con l’incipiente epoca del suffragio universale, della produzione di serie e dei mass media, indirizzando queste novità al servizio di Dio.
           2 - Newman aveva un retroterra “commerciale” con aspirazioni gentilizie. Suo padre, figlio di un droghiere, era diventato socio di una banca cittadina, mentre sua madre, Jemima Fourdrinier, figlia di un fabbricante di carta, era di una stirpe di esuli ugonotti francesi. Durante le guerre napoleoniche la banca aveva prosperato e nel 1803, quando John Henry aveva due anni, la famiglia si era spostata a Bloomsbury, per poi comprare anche una casa di campagna vicino a Richmond.
           John Henry studiava in una scuola di Ealing, valida ma non raffinata. Era il mondo di Jane Austen, e così come era accaduto alla banca fondata dal fratello della scrittrice, anche quella di John Newman era fallita per via della recessione post bellica del 1816. Non essendo riuscito a risarcire i creditori, John era morto in bancarotta, “con il cuore spezzato” nel 1824, lasciando il figlio con una madre, un fratello e tre sorelle da mantenere. Il fallimento era visto non solo come una breccia nella fiducia e nell’integrità morale; era anche un chiaro segno che si era caduti fuori dalla grazia di Dio.
           Davvero “un azzardo morale”! Al beato John Henry erano rimasti un credo che enfatizzava la religione interiore, basato sulla perdita dell’Eden dell’infanzia; un’insicurezza riguardo il proprio stato sociale e, sicuro fin da subito che non si sarebbe sposato, il proprio gender. Convinzioni interiori e alienazione esteriore sono le basi di un rivoluzionario.
           3 - Scrive Newman (Apologia pro vita sua) di essere stato cresciuto nella “religione nazionale inglese” – la “religione della Bibbia”, che “non consiste in riti o credi, ma più che altro nella lettura della Bibbia in chiesa, in famiglia e in privato” – e di avere imparato “fin da bambino a trarre grande diletto nella lettura della Bibbia”.
           Malato e depresso per la bancarotta del padre, Newman ebbe la sua prima grande conversione religiosa a quindici anni, a scuola, grazie a un giovane professore evangelico: si convinse della verità della Trinità ed ebbe “una conversione interiore che credevo (e di cui sono ancora certo più di quanto lo sia di avere mani e piedi) sarebbe durata fino alla vita nell’aldilà, grazie a cui avevo capito di essere un eletto per la gloria eterna”.
           A sedici anni venne deciso che il precoce Newman avrebbe dovuto iniziare l’università – Cambridge o Oxford? Suo padre caldeggiava Cambridge, ma il curato che li stava accompagnando raccomandò la propria alma mater, Oxford.
           Cambridge, grazie a cui Oliver Cromwell era diventato primo ministro, avrebbe incoraggiato in Newman una fede evangelica da chiesa bassa, dello stampo di quella di William Wilberforce, con un’enfasi sulla teologia pastorale e sulle battaglie sociali contro la schiavitù. Invece Oxford, che Carlo I aveva voluto propria capitale, avrebbe sfidato le nuove certezze di Newman. Il Movimento di Oxford non avrebbe però esercitato alcuna influenza su Cambridge.
           4 - Ricordava quanta riverenza e quanto trasporto gli aveva suscitato l’Università di Oxford al suo ingresso, come se fosse stata uno scrigno segreto”, scrisse John Henry Newman di se stesso. Ambiva a passare tutta la sua vita insegnando lì dentro. Nonostante le – o forse a causa delle – dodici ore dedicate allo studio quotidiano, Newman aveva fallito totalmente gli esami per la laurea. La sua borsa di studio – il fatto che i suoi genitori avessero venduto tutti i loro beni – e qualche insegnamento permisero a Newman di restare al Trinity College mentre si preparava per il più prestigioso assegno di ricerca di tutta l’università, all’Oriel College.
           Nel 1822 Newman si sedeva all’esame, insieme ai dieci candidati rivali, e questa volta sarebbe riuscito a tenere a freno i nervi. I sei esami scritti erano “non tanto una prova di quanto si conoscesse, ma di come lo si conoscesse”. Il saggio d’inglese era sulla differenza tra la fiducia in se stessi e l’arroganza. In un capovolgimento straordinario della buona sorte, e per lo sfinimento di tutte le campane del college in festa, Newman vinse il posto a vita – o almeno fino al matrimonio! Una borsa di studio a vita, l’insegnamento, gli ordini sacri, un avamposto pastorale nell’università e nella città erano assicurati – perché Newman già sapeva che non si sarebbe mai sposato. Stava a Newman decidere se perdere. Perché mai decise di sacrificare tutto?
           5 - Newman perse la fede evangelica per via delle sue amicizie a Oriel, dove con John Pusey ed Edward Keble aveva formato il triumvirato che sarebbe diventato il motore dell’anglo-cattolicesimo anglicano. Dopo avere preso gli ordini nel 1825, divenne parroco di san Clemente e poi a santa Maria, la chiesa dell’università, dove i suoi sermoni avevano un’influenza straordinaria.
           I suoi colleghi anglo-cattolici a Oriel minarono le sue certezze evangeliche riguardo alla divisione rigida tra salvati e dannati e alla rigenerazione battesimale; essi dichiaravano la necessità della successione apostolica, norma basilare della cattolicità lungo i secoli. Ci fu comunque un consenso interconfessionale riguardo al suo sermone del 1830 sull’esistenza di Dio: “E’ ovvio che la coscienza è principio essenziale e conferma della religione nell’animo. La coscienza implica una relazione tra l’anima e qualcosa di esteriore e, soprattutto, di superiore a sé stessa.
           Più rigoroso e disciplinato è il rispetto di questo osservatorio interiore, più chiari, più nobili e più ricchi divengono i suoi dettati (e il criterio di eccellenza supera sempre, mentre la guida, la nostra obbedienza); da questo deriva una certezza morale intorno alla natura inavvicinabile e alla suprema autorità di quel Qualcosa, qualunque cosa sia, che è oggetto della contemplazione dell’anima”. Non meraviglia che James Joyce, malgrado il suo ateismo, considerasse ancora quella di Newman la più grande e pregevole espressione della prosa inglese nel Diciannovesimo secolo.
Richard Newbury
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