Il beato John Henry NewmanII parte

Venti cartoline raccontano l'illustre filosofo e fondatore del Movimento di Oxford

Il beato John Henry NewmanII parte

da Teologo Borèl

del 16 settembre 2010

 

          6 - Il più importante tra gli “amici particolari” di Newman è stato uno studente del Rev. John Keble, collega di Newman a Oriel. Keble sarebbe stato ricordato come un sacerdote anglicano anglo-cattolico e gli sarebbe stato intitolato un college di Oxford. Ma Hurrell Froude aveva avuto un impatto così profondo, intellettuale, spirituale ed emozionale su Newman da spingerlo ad abbandonare la sua amata Oxford per abbracciare Roma, più per inevitabilità che per affetto – per finire poi, tutt’altro che in gloria, a Birmingham “l’officina del mondo”.

          Verso la fine del 1832 Froude stava morendo di tubercolosi. Decise, insieme al suo arcidiacono e a Newman – che aveva appena avuto una crisi nervosa – di svernare in Grecia, Sicilia, dove Nemwan era quasi morto di tifo, Italia meridionale e Roma, per la quale Newman sentì “sentimenti contrastanti”. “Sei sul luogo di martirio e sepoltura di apostoli e santi, hai attorno a te gli edifici e il panorama che loro stessi vedevano e sei nella città a cui l’Inghilterra deve la grazia del Vangelo.

          D’altro canto le superstizioni – o piuttosto, molto peggio, la loro solenne ricezione come parte essenziale della cristianità. Ma poi ancora la bellezza suprema e la sontuosità delle chiese – e poi, al contrario, la coscienza che le più note sono state costruite (in parte) con la vendita delle indulgenze. Questo è veramente un posto crudele”.

          7 - Fu Newman a mutare il brontolio clerico-vestito della sala professori nel Movimento di Oxford, tutto proteso contro un nemico a più teste – l’apatia anglicana, il metodismo evangelico, il governo secolare e… il cattolicesimo romano irlandese. Lytton Strachey dipinge con una satira affettuosa un nemico di questo Savonarola. “Era bravo a odiare”, fu il suo epitaffio per Newman! “La chiesa d’Inghilterra ha dormito il sonno della comodità per molte generazioni.

          Il mormorio svogliato di dissenso e le alte urla di rivoluzione avevano a malapena turbato il suo torpore. Ministri tarchiati, arruolati ai trentanove articoli giusto con uno sguardo o un sorriso, stavano assopiti nella loro vita senza preoccupazioni. In effetti fare parte della chiesa significava semplicemente dedicarsi a una di quelle professioni che la natura e la società avevano deciso essere proprie solo ed esclusivamente dei galantuomini. Il fervore di pietà, lo zelo apostolico per la carità, l’entusiasmo della rinuncia a sé erano tutte cose buone di per sé – e al loro posto.

          Ma il loro posto non certo la chiesa d’Inghilterra. Gente senza fervore né zelo, e soprattutto senza entusiasmo. Tenevano un occhio sui poveri della parrocchia e si dedicavano alle celebrazioni domenicali quant’era appropriato fare; per il resto, non differivano né esteriormente né interiormente dalla stragrande maggioranza dei laici, per cui la chiesa era un’organizzazione utile a mantenere la religione, come prescritto dalla legge”.

          8 - La chiesa d’Inghilterra non era più “il partito dei Tory in preghiera” da quando, nel 1828 e nel 1829, il governo Tory di Wellington aveva approvato leggi che permettevano a dissidenti e cattolici di essere eletti in Parlamento – senza dover essere o un tramite anglicano per i protestanti non anglicani o un cattolico apostata della dottrina della transustanziazione.

          Tutto questo nonostante anche la chiesa d’Inghilterra venisse regolata dal Parlamento, che ne aveva racchiuso le basi dottrinali nei trentanove articoli del 1561. Un Parlamento con dissidenti protestanti e cattolici irlandesi divenne realtà dopo il Whig Reform Act del 1832, mentre l’Irish Church Temporalities Act, promosso dall’evangelico Lord John Russell nel 1834, aveva abolito dieci diocesi irlandesi e tassato le parrocchie più ricche per pagare gli stipendi dei preti cattolici.

          Le diocesi inglesi vennero minacciate di esproprio se non avessero costruito più chiese nelle nuove città industriali. “Ben fatto, mio cieco premier, confisca e ruba finché, come Sansone, sarai abbattuto dalla struttura politica che sta sopra la tua testa, che lo farà senza averne l’intenzione, né una buona causa”, aveva scritto Newman quando, da Roma, aveva sentito delle proposte di legge. Nel luglio 1833 Newman era tornato dall’Italia e, la domenica successiva al suo arrivo, un Keble scandalizzato aveva predicato contro l’apostasia nazionale nella chiesa dell’università. Era il manifesto fondante del Movimento di Oxford; la scelta era per la successione apostolica, e l’autonomia della chiesa, contro la regolazione parlamentare. Nasce l’anglocattolicesimo.

          9 - Per Newman la quintessenza dell’esercizio di potere politico secolare sulla chiesa d’Inghilterra, come stabilito dalla legge, era Lord Melbourne, primo ministro dal 1834 al 1841, che credeva che fosse inutile sforzarsi di capire la teologia e che non facesse importanza a quale chiesa si appartenesse, sebbene la chiesa d’Inghilterra – “che lui supportava dall’esterno, come un arco rampante” – fosse “quella che interferiva di meno”. “No, non un altro vescovo morto! Mi sa che lo fanno solo per irritarmi”, si lamentava mentre cercava un altro candidato episcopale “da raccomandare a Sua Maestà”.

          L’“amico particolare” di Newman, Hurrell Froude, aveva fatto rivalutare all’amico, incallito neo-anglo-cattolico, il suo sdegno per il Papa – nuovo Anticristo – e riconsiderare l’importanza della chiesa primitiva dei padri contro il primato della scrittura. Newman era arrivato al punto di temere di essere un monofisita o un donatista e che quei protestanti – insieme ai metodisti, che allora erano la confessione che andava per la maggiore nelle nuove città industriali – fossero simili a quegli ariani contro cui si era scagliato il Concilio di Nicea! Donne che predicavano e battezzavano! Cosa ci si sarebbe dovuti aspettare ancora? Per Newman la chiesa d’Inghilterra era l’unica vera chiesa, ma era finita sotto un’eclisse a partire dalla Riforma.

          Era scampata alla corruzione di Roma, ma era finita schiava del libero pensiero e dell’eterodossia del potere secolare, e ormai era degradata a falsa dottrina del protestantesimo. Ironicamente, come scriveva il fratello di Hurrell Froude, John, “per centinaia di giovani il credo nel newmanismo era la fede autentica”. Newman stava acquisendo tutta la dignità di un culto proprio!

          10 - Sarebbe un guadagno per il paese essere molto più superstizioso, più bigotto, più cupo, più agguerrito nella sua religione di quanto dimostri di esserlo ora”, scriveva Newman nel suo “Storia delle mie opinioni religiose dal 1833 al 1839”. Il Movimento di Oxford fece breccia nell’ampia base della chiesa d’Inghilterra con la propria minoritaria setta anglo-cattolica attraverso i propri Trattati.

          Un’operazione che avrebbe finito per provocare lo scandalo del Trattato n. 90 di Newman, nel 1841. Sant’Agostino aveva detto che i donatisti erano eretici perché così si era pronunciato il vescovo di Roma. Per Newman l’argomentazione era schiacciante. Come sarebbe riuscito a spiegare che avere credo e voti religiosi anglicani fosse in linea con il Concilio di Trento? Lytton Strachey la racconta così: “L’obiettivo del Trattato 90 era dimostrare che non c’era niente nei 39 articoli (l’atto del Parlamento inglese che aveva definito la dottrina anglicana nel 1571) che fosse incompatibile con la chiesa di Roma. Newman fece notare, per esempio, come gli Articoli, in realtà, non condannassero la dottrina del Purgatorio, bensì la dottrina papista del Purgatorio; e dire ‘papista’, chiaramente, non era come dire ‘romana’.

          Da questo deduceva che un credente nella dottrina romana del Purgatorio avrebbe potuto sottoscrivere gli Articoli in totale buona fede. Newman si era accollato l’onere di esaminare dettagliatamente gli Articoli, arrivando alla medesima conclusione in ogni caso. Il Trattato generò un’impressione immensa, perché era sembrato un colpo letale inferto a tradimento al cuore della chiesa d’Inghilterra. Il trattamento che Newman aveva riservato agli Articoli era sembrato non solo la finezza di un ingegno diabolico, ma anche il frutto di un animo fondamentalmente disonesto”. Newman avrebbe esitato nella chiesa d’Inghilterra per altri sei anni, ma per le masse anglicane aveva già confermato ogni stereotipo del sofista gesuitico.

Richard Newbury

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