Il boom del divorzio "all'italiana" rende più poveri e soli

Parliamo dunque di numeri reali e non indagini a campione. Negli ultimi decenni profonde trasformazioni hanno investito la sfera delle relazioni familiari e sociali, i costumi e gli stili di vita nel nostro Paese.

Il boom del divorzio 'all’italiana' rende più poveri e soli

da Quaderni Cannibali

del 24 agosto 2010

 

 

            Divorzi e separazioni aumentano? C’è poco da ridere! Ogni anno l'Istat diffonde i principali risultati delle rilevazioni sulle separazioni e sui divorzi condotte presso le cancellerie dei 165 tribunali civili.

 

            Parliamo dunque di numeri reali e non indagini a campione. Negli ultimi decenni profonde trasformazioni hanno investito la sfera delle relazioni familiari e sociali, i costumi e gli stili di vita nel nostro Paese. L'istituzione familiare, in particolare, ha subito grandi cambiamenti: crescono le famiglie ricostituite, i genitori soli e i single non vedovi, le unioni libere. Molteplici sono gli elementi che fanno da sfondo al processo di diversificazione delle tipologie familiari in Italia:

- la diminuzione dei tassi di nuzialità: meno matrimoni, matrimoni che si celebrano ad una età avanzata dei coniugi, aumento dei i matrimoni civili;

- la scarsa natalità (l'Italia è infatti uno dei paesi europei con il più basso tasso di fecondità totale) e un forte aumento della quota di nascite fuori dal matrimonio;

- il ritardo nel passaggio alla vita adulta, (“bamboccismo”), con conseguente rinvio nel tempo della formazione della famiglia, in funzione della sicurezza economica e della continuità del lavoro, sino alla ricerca dell’abitazione;

- soprattutto, l'affermarsi di una mentalità maggiormente individualistica rispetto al passato, che ha cambiato attese e aspirazioni di singoli e coppie.

            Se questo è lo scenario che descrive l’Istat, non possiamo non prendere atto della parallela instabilità matrimoniale; separazioni e divorzi sono fortemente aumentati nell'ultimo decennio, anche se si mantengono ancora sotto la media europea. Nel 2008 le separazioni sono state 84.165 e i divorzi 54.351. Rispetto al 1995 le prime sono praticamente raddoppiate (+101 per cento) e i secondi sono aumentati di oltre una volta e mezza (+61 per cento).

            Tali incrementi si sono osservati in un contesto in cui i matrimoni diminuiscono e quindi dimostrano ancor più un ampio aumento della tentazione di “rompere i legami matrimoniali”. Sono notevolissimi gli effetti negativi dovuti alle “chiusure” di un matrimoni: sia sul piano demografico (si allarga ulteriormente il differenziale tra scarsa natalità e invecchiamento); sia su quello sociale e sui percorsi di vita dei soggetti coinvolti direttamente o indirettamente (genitori divorziati, nonni e figli).

            Solo nel 2008, separazioni e divorzi hanno interessato più di 430mila persone tra coniugi e figli, una stima dice che sono almeno 100mila i figli che subiscono la scelta dei genitori. Non solo si rompe l’unità sociale, la famiglia, come luogo di affetti dove è possibile il “patto generazionale”, ma si mettono a gravissimo rischio i destini di centomila bambini. Alcune indagini in molti Paesi europei dimostrano gli effetti devastanti per la specie e l’equilibrio che un divorzio produce a lungo termine nei bambini. Dati allarmanti, inglesi e non solo, raccontano dei costi di inserimento e delle spese per evitare tossicodipendenza, maternità precoci, violenze e carcere che vedono i figli di divorziati protagonisti assoluti.

            Costi economici, spese ingenti di welfare, e costi a lungo termine per l’erosione significativa nel numero di giovani portatori di virtù civili nella società. A questi costi economici e sociali, la larga parte dei Paesi dell’Europa risponde con politiche di “supporto” all’unità familiare, “reti” di pubblico locale e pubblico non profit che sostengano le coppie, ma anche con corsi pre-matrimoniali che diano consapevolezza maggiore ai genitori.

            In alcuni casi, le condizioni finanziarie possono peggiorare tanto da far aumentare i rischi di povertà e vulnerabilità economica dei soggetti interessati. Perciò abbiamo deciso di interessarci ai dati, sparati senza ritegno sulle prime pagine dei giornali, ma senza un minimo di approfondimento sulle conseguenze presenti e future per il Paese. Il primo problema non è il rispetto per una morale religiosa: questa riflessione spetta a laici e clero soprattutto cattolici. Il problema vero è aprire la discussione sugli effetti,economici e sociali di incomprensioni ed egoismi, questi devono interessare tutti, nessuno escluso.

Luca Volontè

http://www.ilsussidiario.net

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