Abbiamo intervistato Laura, un'educatrice salesiana che, assieme all'amica Valentina, è partita a fine luglio per vivere un mese di cammino verso Santiago de Compostela. «Ero spaesata, confusa e piena di paure quando ho iniziato a camminare...»
del 07 novembre 2011 Tra le esperienze giovanili di fede vissute questa estate colpisce per intensità e durata quella di Laura Anna Similia di Pietraperzia (Enna), educatrice salesiana, che è partita a fine luglio con l’amica Valentina Antocci per vivere un mese di cammino verso Santiago de Compostela, storico pellegrinaggio verso la tomba dell’Apostolo Giacomo in Spagna.  Come hai vissuto i primi giorni di cammino? Hai trovato difficoltà? (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) {return;} js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk'));(function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) {return;} js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk'));«Ero spaesata, confusa e piena di paure quando ho iniziato a camminare: sentieri tortuosi, salite e poi discese ripidissime, il passo lento, stanco, pesante. Ero frastornata, non mi sentivo più all’altezza, vedevo solo ciò che non c’era e stavo rinunciando a tutto per ritornare a casa, alle mie abitudini, alle mie comodità. Eppure, un giorno, mi sono ritrovata in una chiesa a Logrono, la Chiesa di Santiago e lì ho pregato tanto inginocchiata ai piedi della Virgen de la Esperanza. Non sapevo quali preghiere recitare, ma di una ne ero certa: “Maria, prendimi come sono e rendimi come vuoi.” Da quel giorno una luce nuova ha scandito i miei passi ed il cammino ha trasformato, inconsapevolmente, quei sentieri in “strade di vita” da cui ho imparato tanto».Da lì, dunque, tutto è cambiato, ma non certo la fatica e gli eventuali imprevisti. Come li hai affrontati?«Ho imparato a rispettare i ritmi del mio corpo che non riusciva a percorrere più di 27 km al giorno. Dovevo modificare la mia andatura e sapermi anche fermare. Non è stato un limite questo, perché a Santiago, alla meta, io ci sono arrivata ugualmente e nei tempi stabiliti. Ho incontrato molti pellegrini che vantavano i loro 40 km giornalieri eppure avanzando, li ho ritrovati, alcuni doloranti e con seri problemi, altri addirittura costretti ad abbandonare il cammino per il troppo sforzo. In quei momenti mi ricordavo di alcuni anziani pellegrini incontrati all’inizio che mi raccomandavano di “camminare come i vecchi per arrivare a Santiago come i giovani!”. È proprio così: la vita è un cammino, non una corsa». Ogni cammino è metafora della vita. Cosa hai scoperto per la tua?«Solo camminando ti accorgi se il sentiero che stai percorrendo è la tua strada, perché il cammino te lo conferma attraverso le “frecce gialle” e le “conchiglie” che ricordano la meta. Ho imparato a svuotare il mio zaino di oggetti inutili, perché il peso mi impediva di avanzare: questo gesto mi ha aiutata a capire che devo svuotare dallo zaino della mia vita tutto ciò di cui non ho realmente bisogno e riempirlo di valori veramente importanti, per non arrivare alla meta sfinita, piena di “cose” e vuota di emozioni».Ti sei mai sentita sola essendo lontana da casa e spesso in luoghi solitari?«Ho imparato a condividere il mio “Cammino”: mi sono appoggiata sui miei “Compagni di Viaggio” quando ero stanca; loro mi ricordavano la ragione per cui avevo intrapreso il cammino proprio nel momento in cui avrei voluto abbandonarlo per intraprendere una via più comoda da percorrere. Grazie a loro molti tratti ardui si trasformavano in piacevoli passeggiate. Anche gli “intrattenitori” e i “vagabondi” hanno battuto la mia strada ma non mi hanno lasciato nulla. I “Pellegrini” , al contrario, mi hanno insegnato quanto sia importante essere capaci di donarsi per gli altri, di offrire le proprie “mani” per aiutare: ciò mi veniva ricordato anche dalle conchiglie, segno tangibile di questo gesto, in quanto guardandole dall’alto sembrano delle mani e simboleggiano le opere di Gesù per ciascun uomo e a cui ogni pellegrino deve guardare per orientare il proprio cammino di vita e di fede».Cosa hai imparato da questa esperienza? Cosa porti con te?«Ho imparato che giungere alla meta, camminando, ti trasforma: si ritorna a casa diversi da come si è partiti. L’insegnamento più grande risiede senza dubbio nel sentirmi ogni giorno amata e accompagnata da Dio: non dubiterò mai più della sua Provvidenza e del Suo Amore per me. Il cammino mi ha aperto gli occhi su ciò che non vedevo prima, mi ha fatto scoprire la bellezza di arrivare con gli altri, di fare un passo indietro per aiutare qualcuno, di ringraziare e di meravigliarmi. Mi ha insegnato a cercare la Via, la Verità e la Vita, facendo del cammino la vita e della vita un cammino. Ho trovato me stessa, un tempo senza fretta per sentire ciò che mi dice il cuore; ho scoperto che il cammino è silenzio, che il silenzio è preghiera e la preghiera è incontro col Padre che mi sta aspettando». 
Marco Pappalardo
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