Il contrario della Bellezza

Il prof. Costantino Esposito, storico della Filosofia, rilegge il dibattito innescato dalla Lezione di Ratisbona, introducendo il tema del Bello «come realizzazione del Mistero, come spazio della visione in cui ciò che è si mostra nella sua gloria». «Il contrario della Bellezza, non è la bruttezza, ma l'idiozia»

Il contrario della Bellezza

da Quaderni Cannibali

del 11 dicembre 2006

Diceva il filosofo arabo Waqqà (vissuto a Toledo e morto nel 1095) che nel mondo esistono due scienze: una vera che non si può raggiungere e una falsa, che l’uomo riesce a raggiungere, ma che è inutile. Era la netta separazione tra ragione umana che procede con la scienza e ragione divina che non si riesce neanche ad immaginare. Una vasta corrente dell’Islàm ha seguito questi fondamenti che trovarono espressione coltissima (ed ammirata anche in Occidente) nel romanzo filosofico Hay ben Yaqzàn(1180) di lbnTufàyil (ne esiste anche una traduzione italiana). Ma i massimi teologi del Cristianesimo, sulle orme di S. Tommaso hanno sostenuto l’unicità della ragione. Il Logos divino è immensamente più vasto di quello umano, ma non è diverso da esso per caratteristiche sostanziali (e su questo principio si basano i teoremi di Hegel). Ergo: se è possibile un accostamento fraterno con i pensatori musulmani, è tuttavia ammissibile un avvicinamento teologico? Il pensiero occidentale (come è noto la teologia cristiana bizantina spesso inclinò verso affermazioni antirazionaliste come quelle degli asceti indicati sopra) appare fondamentalmente diverso rispetto a quello orientale. Il Dio dei Cristiani addirittura scelse di farsi Uomo, nella nostra transeunte dimensione storica e spaziale: si può pensare ad un aggiustamento con chi considera la Terra del tutto separata dal Cielo?

Abbiamo posto il quesito (volutamente qui proposto con termini lontani dalle semplificazioni divulgative, per evitare equivoci di politica internazionale come quelli occorsi nella lettura di Emanuele Paleologo) a Costantino Esposito cattedratico di storia della filosofia a Bari, una delle intelligenze più vivaci ed operose dell’attuale panorama europeo, che ha animato il dibattito teoretico nelle assise episcopali di Verona. La risposta è stata negativa. Il Cristiano pensa che il passo dall’umano al divino sia possibile (ricordate il viaggio di Dante?) Per gli altri non lo è.

L’abisso che separa il Cristianesimo dalle altre religioni (ivi compreso l’Ebraismo) è tutto qui. E non è poco.

Per comprendere i grandi problemi dell’intelletto bisogna procedere non per approssimazioni, ma attraverso precise analisi documentate. Il resto è propaganda.

L’attenzione per l’esegesi filosofica è stata dimostrata dalla affluenza di giovani alla conferenza tenuta dallo stesso studioso presso la Facoltà di scienze dell’educazione del nostro Ateneo su un tema apparentemente più agevole, ma che incide non meno profondamente sull’esistenza umana: il rapporto tra ragione e bellezza. Tutti crediamo di sapere che cosa è il bello, ma se indaghiamo più attentamente ci accorgiamo che esso dipende da una serie di fattori non assoluti e non personali, ma che variano secondo le condizioni sociali o della singola psicologia. Per Theodor Adorno (Aesthetische Theorie, 1970) l’anelito al bello è una ricerca disperata che non si realizzerà mai, il cammino verso una promessa che resta sempre esclusa (si avvertono le radici ebraiche dell’autore e della millenaria cultura che rappresenta); per Kierkegaard (Enten-Eller, 1843) il bello si può raggiungere, ma senza riflettere: appena si coglie esso sfuma (l’angosciato danese pensava al don Giovanni mozartiano come simbolo di una condizione umana); Hans Gadamer (Die Aktualitàt des Schònen, 1977), il bello è tale per condivisione, non per scelta del singolo. Insomma la bellezza non corrisponde a qualcosa di reale ma ad una immaginazione, a un disegno della mente che si proietta sulle cose, come in vario modo hanno affermato l’americano Nelson Goodman (Languages of Alt, 1968) e il prete russo Pavel Florenskij (Ikonostàs, 1922). Il relatore con immediatezza di linguaggio, con la proiezione di immagini di Cézanne e delle musiche mozartiane, con raccordi alle dottrine di Benedetto XVI sul rapporto tra natura e ragione e con lo scandaglio su altre coscienze pensose dell’Occidente moderno dal poeta Rainer Maria Rilke al filosofo scienziato Charles Peirce ha letteralmente avvinto il folto uditorio che nonostante lo scorrere del tempo avrebbe continuato ancora in quella indagine del pensiero sui temi che distinguono l’homo sapiens. «La bellezza - per il prof. Esposito - è la realizzazione del Mistero, quello spazio della visione in cui ciò che è si mostra nella sua gloria». E ha così concluso: «Il contrario della bellezza non è la bruttezza, ma la stupidità».

 

 

Sergio Sciacca

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