Una giornata di pioggia. Un uomo corre a gran velocità sulla sua bici, cuore in gola, muscoli tesi. Non può fermarsi, i documenti che porta con sé non possono cadere nelle mani sbagliate. Quei documenti sono l'unica speranza di vita per decine, centinaia di persone...
Una giornata di pioggia. Un uomo corre a gran velocità sulla sua bici, cuore in gola, muscoli tesi. Non può fermarsi, i documenti che porta con sé non possono cadere nelle mani sbagliate. Quei documenti sono l’unica speranza di vita per decine, centinaia di persone. È sicuro, stanno pregando per lui. La pioggia continua a cadere. Nervi tesi, cascate d’acqua sul viso, sulle spalle, dappertutto. Un posto di blocco, cambia strada. Campagna. Fango. Fucili come lance all’orizzonte. Sono reali? Non vede niente. Urlano, ci siamo, è finita. Alcuni parlano la sua lingua. Ehi, dove stai andando? Mi sto allenando. Cosa porti? Niente, solo tanta acqua. Non ride. Pare che ci sia qualcuno che gioca a fare il furbo nei paraggi…ma tu non sei il campione? Si. Ridono. Puoi andare, campione. Viva il Duce. Viva il Führer.
“Se tu vuoi andare vai/e vai, che io sto qui e aspetto Bartali scalpitando sui miei sandali/da quella curva spunterà quel naso triste da italiano allegro …”. Gino Bartali, nella sua vita, non ha fatto “arrabbiare” solo i francesi (non ce ne voglia il grande Paolo Conte se parafrasiamo), ma anche i tedeschi. Diciamola tutta: anche un bel po’ di italiani si saranno arrabbiati, quegl’italiani, brava gente ovviamente, che scesero a compromessi col nemico, abbracciarono il fascismo e le sue nefandezze, si resero complici e ideatori di uno dei crimini più atroci di sempre. Non è facile dire quanti fossero, prima della guerra e durante, gli uomini e le donne che rinnegarono la loro umanità e la loro razionalità in nome della bestialità più feroce. Ci furono i fascisti e gli antisemiti convinti, gli assassini per vocazione, i dubbiosi, coloro che non amavano sbilanciarsi e preferivano il silenzio, i timidi collaboratori, i grandi oppositori mai dichiarati (se non nelle solitarie arringhe tra le mura domestiche).
Se non è facile quantificare i sostenitori (e i non oppositori) di Mussolini & co., di certo è facile giudicare, e sappiamo che i giudizi sommari non rendono mai onore alla Storia. Vogliamo solo ricordare, dunque, che un certo Gino Bartali ha fatto arrabbiare i francesi del Tour de France, ma anche i tedeschi e gli italiani complici della Shoah. Il 23 settembre di quest’anno il museo Yad Vashem, il memoriale ufficiale delle vittime ebree dell’Olocausto, ha confermato ciò che gli italiani sapevano già: il grande ciclista Gino Bartali era un eroe, di quelli che non si dimenticano, un Giusto tra le nazioni. Tra i Giusti, lo Yad Vashem (che letteralmente significa “un memoriale e un nome”, Isaia 56:5) annovera almeno 500 italiani, persone che salvarono degli ebrei dallo sterminio, rischiando il più delle volte la propria vita. Bartali è uno di questi Giusti, insieme a Giorgio Perlasca, Carlo Angela, Maria Amendola, Don Arrigo Beccari (solo per citarne alcuni) e il Cardinale Elia Angelo Dalla Costa, che proprio con Bartali e il rabbino di Firenze Nathan Cassuto, realizzò un programma di protezione che portò al salvataggio di centinaia di ebrei.
Una vera e propria rete di persone con fedi diverse ma una stessa cultura, quella che vede nell’uomo una creatura da salvaguardare, da proteggere, da amare. Bartali, che con la moglie Adriana non esitò a offrire la propria casa come luogo di rifugio, rientrava in questo progetto, coordinato dalla Delegazione per l’Assistenza degli Emigranti Ebrei (DELASEM), con un compito difficilissimo: trasportare dalla stazione di Terontola-Cortona ad Assisi, nascondendoli nei tubi del telaio della propria bici, documenti e fototessere da falsificare, per dare a tanti rifugiati, destinati alla deportazione, una nuova identità. Pedalate su pedalate, missioni più difficili di qualunque scalata, di qualsiasi scatto. Bartali: un angelo in corsa, il corriere dei Giusti.
Negli anni bui della dittatura non tutti furono eroi. Non vogliamo giudicare, però, dato che non abbiamo vissuto gli anni della guerra, ma abbiamo solo sentito i racconti dei nostri nonni (patrimonio infinito per ogni famiglia). Oggi, tuttavia, ricordando Gino Bartali, possiamo porci una domanda: da che parte ci saremmo trovati? Dalla parte di chi ama l’uomo, di chi resiste, di chi lotta, di chi dà la vita per un ideale bello, eterno, smisurato? O dalla parte di chi tace, per paura o per semplice (e angosciante) mediocrità?
Fabrizio Margiotta
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