Nell'immaginario comune ‚Äì e in particolare in quello dei più giovani ‚Äì il denaro continua ad essere sinonimo di lusso e di agiatezza, simbolo di una vita facile e spensierata, di desideri esauditi e ricchezze ostentate.
del 24 marzo 2011
NOI & LORO - LA FIGLIA
 Per un pugno di euro
          Il dato forse più preoccupante è che nella stragrande maggioranza delle famiglie parlare di soldi è divenuto un vero e proprio tabù.
          Nell’immaginario comune – e in particolare in quello dei più giovani – il denaro continua ad essere sinonimo di lusso e di agiatezza, simbolo di una vita facile e spensierata, di desideri esauditi e ricchezze ostentate.
          Ma che rapporto hanno oggi gli adolescenti con il denaro? Una domanda tutt’altro che semplice e scontata, se si considera che l’atteggiamento dei ragazzi nei confronti dei soldi dipende da una grande varietà di fattori che hanno a che fare con l’educazione familiare, con i modelli più o meno distorti veicolati dai mass media, con le dinamiche di socializzazione economica che si definiscono nel gruppo dei pari, con il modo stesso di pianificare la propria vita e di immaginare il proprio futuro.
          Molti ragazzi, infatti, sono abituati sin da piccoli a disporre di consistenti quantità di denaro, elargite a larghe mani da genitori spendaccioni ed insicuri, che si illudono di compensare con i soldi le loro assenze e la loro aridità affettiva. Altri vivono il rapporto con il denaro come una continua tentazione, spendendo impulsivamente tutti i soldi che hanno in tasca, la classica paghetta ricevuta dai genitori, salvo poi rimanere in bolletta per tutto il resto del mese. Altri ancora hanno un rapporto meno disinvolto e spregiudicato con i soldi, ma la consapevolezza di avere comunque le spalle coperte dai genitori, li porta a non pianificare più di tanto il proprio percorso economico e non porsi minimamente il problema di risparmiare qualcosa per il futuro, tanto in caso di necessità «ci sono sempre mamma e papà».
          In alcuni casi, poi, sono i genitori stessi a fare del denaro uno strumento di ricatto e di controllo nei confronti dei figli, per negoziare con loro obbedienza, aiuto nelle faccende di casa e impegno nello studio: «se non fai come dico io, se non aiuti la mamma a sparecchiare, se non prendi buoni voti a scuola… la paghetta te la scordi!».
          Anche nelle famiglie meno abbienti, in cui da subito si insegna ai figli a stringere la cinghia e a fare economia, spesso si producono atteggiamenti distorti nei confronti del denaro: i soldi, proprio perché mancano, diventano una specie di ossessione per i ragazzi, desiderosi di riscatto sociale per sé e per la propria famiglia, tanto da essere disposti a scendere a qualsiasi compromesso pur di potersi permettere un capo firmato o una serata in discoteca e non essere, così, da meno dei propri amici più ricchi: un consumo a tutti i costi, favorito e incoraggiato da una pubblicità sempre più pervasiva e martellante.
          Ma il dato forse più preoccupante è che nella stragrande maggioranza delle famiglie parlare di soldi è divenuto un vero e proprio tabù: probabilmente i genitori pensano che sia meglio tenere i figli il più a lungo possibile lontani dalle brutture del mondo, evitando di coinvolgerli nella difficile gestione del bilancio familiare, ma troppo spesso dimenticano quanto sia importante educarli sin da piccoli al giusto valore dei soldi e ad un uso responsabile, attento e, perché no, anche solidale del denaro.                                       
 
NOI & LORO - LA MADRE  
Perché non bastano mai?
          La parsimonia, la sobrietà, lo spirito di sacrificio non sono affatto andati fuori moda. C’è bisogno di parlare all’intelligenza e al cuore dei ragazzi, perché possano diventare competenti nel valutare la differenza fra il superfluo, il necessario e il fondamentale.
          Maledetta crisi: le famiglie hanno quotidianamente la sensazione che i bisogni e i desideri dei propri membri, e particolarmente dei figli, siano largamente sovrabbondanti rispetto alle risorse disponibili. I soldi sono (o sembrano?) sempre pochi; diventano quasi una sciagura, perché logorano i rapporti fra le persone, dissolvono i sogni, minacciano in modo inquietante la stessa dignità delle persone.
          È vero che fra l’essere e l’avere corre una grande differenza; ma è altrettanto certo che l’identità individuale si costruisce anche avendo a disposizione i mezzi economici necessari per realizzarsi nella propria umanità. Per questo ai genitori pesa dire no alle richieste dei propri ragazzi: la posta in gioco non è soltanto quella di ottenere oggi una porzione abbondante di affetto e di riconoscenza in cambio di una paghetta generosa; ma poter condividere, anche attraverso il denaro, le scommesse sul futuro.
          Peraltro non è più scontato, sul piano culturale, che sia dovere degli adulti risparmiare per investire sul domani dei figli (l’università, l’affinamento delle competenze professionali, la possibilità che essi possano mettere su famiglia al momento giusto). L’ansia del presente, la mentalità consumistica, le tentazioni dell’edonismo dominante spesso erodono il potere d’acquisto dei salari e creano una frattura incolmabile fra le generazioni.
          La verità è che la crisi della società contemporanea non è soltanto economica, ma etica. Moltiplica gli egoismi e cancella la responsabilità verso chi deve ancora prendere posto al banchetto dei beni della terra. Annebbia le menti e confonde le capacità di guardare lontano, accettando la sfida di rinunciare a qualcosa oggi per poter costruire meglio il domani.
          Le famiglie hanno bisogno di rianimare atteggiamenti e valori caduti irrimediabilmente in disuso e di proporli con chiarezza ai giovani attraverso azioni educative efficaci e coerenti. La parsimonia, la sobrietà, lo spirito di sacrificio non sono affatto andati fuori moda.
          C’è bisogno di parlare all’intelligenza e al cuore dei ragazzi, perché possano diventare competenti nel valutare la differenza fra il superfluo, il necessario e il fondamentale. Ed è importante che si abituino a pensare al denaro non in termini quantitativi, ma qualitativi.
          Questo apre le famiglie ad un’altra verità importante: i soldi bastano se non sono misurati sulle proprie esigenze, ma sul sudore del mondo. Tante, troppe persone non sono rispettate nei loro diritti fondamentali e non hanno la possibilità di accedere neppure al minimo delle risorse necessarie alla sicurezza e alla dignità della vita. Non ci può essere vera educazione all’uso equilibrato del denaro se mancano comportamenti concreti, quali il rispetto, la compassione, la generosità, la solidarietà. La prossimità non è un costo, ma un valore. Benedetta la crisi, se riuscirà a restituire alle famiglie questa consapevolezza.
  
Alessandra Mastrodonato, Marianna Pacucci
Versione app: 3.25.0 (f932362)