Il tempo di tre gesti, quasi al rallentatore, per sfruttare il pensiero prima di parlare. Capisci? Quest'uomo ha un difetto: pensa prima di parlare. Pensare! Sono anni che gli astronomi stanno frugando tra le stelle in cerca di vita.
del 28 gennaio 2010
 
          Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola, così anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòfilo, in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto.In quel tempo, Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode.
 
          Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista ;a rimettere in libertà gli oppressi e proclamare l’anno di grazia del Signore». Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». (Lc 1,1-4; 4,14-21)
          Quanto pagherei per poter incontrare delle persone! Per esempio. Le maestre delle elementari di Roberto Benigni. Lo hanno visto ripetere l’alfabeto, imparare le tabelline, scrivere i verbi, sbagliare le doppie. Adesso è un genio nel parlare. Cosa si prova a rivederlo? I catechisti di Joseph Ratzinger: lo hanno visto imparare i comandamenti, ripassare le virtù teologali, cardinali, i sette vizi capitali, le opere di misericordia, le giaculatorie. Adesso è papa. Cosa si prova a rivederlo? La mamma di Pippo Baudo. Gli ha insegnato lei ad accendere la televisione premendo il tasto. Adesso fa parte dell’arredamento: lo trovi su tutti i canali! Cosa si prova a rivederlo? I compagni di classe di Fabio Cannavaro: lo hanno visto piccolo, che dormiva sui banchi di scuola, che sognava gli scarpini dorati, che si arrabbiava. Poi lo trovano con la Coppa del Mondo. Cosa si prova a rivederlo? Partito scugnizzo, torna goleador!          Lasciate le dure prove del deserto, Gesù – riempito di Spirito Santo – fa ritorno nella terra di Galilea, nella sua patria natìa. E lì insegna nelle sinagoghe, viene seguito, lodato, onorato. Ed è proprio questo calore umano, questo fiatone d’affetto, di comprensione e di umanità che lo spingerà a Nazareth, il paese “dove era stato allevato”, dove tutti lo avevano visto correre, crescere, lavorare il legno con le sue mani e piallandolo con un tocco di fantasia e di purezza.
          Chissà se avrà esitato seppur per un attimo. Se avrà intuito che stava per affrontare una delle prove più escandescenti della sua vita pubblica. Sai: accogliere un uomo diventato in pochi mesi straordinario quando si è prima conosciuta bene, molto bene, la sua ordinarietà non è cosa assai scontata. Soprattutto per quella piccolissima arte che rende l’uomo genio: l’arte d’essere invidiosi. Ma questo sembra non disturbare il Nazareno più del dovuto. Anzi: un giorno scopriremo che provocare era un po’ il suo forte!
          E allora, com’era solito fare sin dall’infanzia, Gesù entra nella sinagoga del suo villaggio per partecipare alla liturgia del sabato. E la novità non è quello che Gesù fa (qualsiasi uomo poteva alzarsi in piedi per leggere il rotolo della Legge e commentarlo). Novità è quello che Gesù dice dopo la lettura del brano di Isaia. Attenzione: non parla subito. C’è qualche attimo di silenzio: a Gesù servirà spesso il silenzio per dare impeto alle cose che ha da dire. Compie tre gesti sfruttando il silenzio di quegli attimi: arrotola il volume, lo consegna all’inserviente, si siede. Solo a quel punto, mentre gli occhi di tutti lo fissano, fa dono del segreto che porta dentro: “Oggi si è adempiuta questa scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi” (Lc 4,21).
          Il tempo di tre gesti, quasi al rallentatore, per sfruttare il pensiero prima di parlare. Capisci? Quest’uomo ha un difetto: pensa prima di parlare. Pensare! Sono anni che gli astronomi stanno frugando tra le stelle in cerca di vita. Finora han trovato silenzio, silenzio, ancora silenzio. Siamo ancora l’unica specie di pensatori finora conosciuta. Ma l’uomo ha paura del silenzio, perché nel silenzio sente un grido che lo spaventa. Nervosi, agitati, arrabbiati.           La fretta fa festa. Serve ritmo: l’importante è non riflettere, perché i pensieri rovinano il nostro tempo libero. Vanno di moda i libri che promettono di far guadagnare il primo milione in pochissimo tempo. Successo programmato, insuccesso nemmeno previsto. I grandi convegni parlano solo di strade per il successo, per la carriera, per la ricchezza. Ma chi insegna a perdere, a far fronte alle sconfitte, alle crisi? Eppure il cinquanta per cento del lavoro è insuccesso. “Arrotolò il volume, lo consegnò all’inserviente e sedette”. Cioè prese del tempo per pensare. E poi la mazzata che nessun rabbino ebreo – per quanto fuori le righe – aveva osato giocare: “oggi si adempie questa scrittura”. Immaginate la meraviglia, lo stupore, lo sgomento: l’attesa – millenaria, faticosa, logorante - diventava storia.
Per tutti!
          Per i ciechi, per i prigionieri, per gli oppressi. Fisici, ma anche spirituali. Per quelli che un po’ di Signore, un po’ di preghiere, un po’ di giaculatorie e poi anche bestemmia, disonestà, ingiustizia. Per quelli che facciamo un tutt’uno: si va in chiesa, si ascolta la messa, si fa il proposito di cambiare. Poi, tempo perso! Per quelli che già sentito, già provato, tutte balle. Non importa: mandato per annunciare a tutti la buona novella! A tutti e nessuno può metterlo in tasca. Ai negri, ai bianchi, ai gialli, ai poveri e ai ricchi, ai sani e ai belli, agli atleti e agli handicappati. A tutti.           Ai bambini ancora nel grembo materno e ai vecchi nutriti da un filone di flebo. Alle top model splendenti e scattanti e alle vecchiette dalle gambe malferme per l’artrosi. Agli industriali e ai lavavetri, ai laureati e agli analfabeti. A tutti. A quello di destra e a quello di sinistra. Ai cacciatori e agli ambientalisti. A quelli con la tessera e a quelli senza. A quelli che ascoltano! Ma tu hai sentito che ai tempi di Neemia ”tutto il popolo piangeva, mentre ascoltava le parole della Legge”. Dallo spuntar della luce fino a mezzogiorno! Il popolo piangeva. Ieri.E in chiesa da noi?
          Finchè si leggeva la Parola di Dio c’era chi sbadigliava, chi schiacciava un pisolino, chi scriveva un sms, chi allentava la cintura, chi si metteva le dita nel naso, chi scrutava la vicina, chi gettava gli occhi nel vuoto. Certo: chi ascoltava! Trattiamo così la Scrittura: capisci che delinquenti! Trattiamo da bestie un testo che dice con coraggio e senza indorare la pillola la nuda verità della vita e della morte, dell’eros e della violenza. L'incanto e il sapore di cenere, l'altezza cui possono arrivare gli uomini agganciati ad un Dio che li trascende, li sorregge, li annienta. La bassezza cui quegli stessi uomini possono giungere.
          O Dio, mandaci dei folli, che si impegnino a fondo, che dimentichino, che amino non soltanto a parole, che si donino per davvero sino alla fine. Abbiamo bisogno di folli, di irragionevoli, di appassionati, capaci di tuffarsi nell’insicurezza, l’ignoto sempre più spalancato della povertà. Abbiamo bisogno dei folli del presente, innamorati della semplicità, amanti della pace, liberi dal compromesso, decisi a non tradire mai, obbedienti e insieme spontanei e tenaci, forti e dolci. O Dio, mandaci dei folli.          Dacci ancora la forza di far ridere gli uomini, di sopportare serenamente le loro assordanti risate e lascia pure che essi ci credano felici. Se le mie buffonate servono ad alleviare le loro pene, rendi pure questa mia faccia ancora più ridicola; ma aiutami a portarla in giro con disinvoltura.
          C’è tanta gente che si diverte a far piangere l’umanità. Noi dobbiamo soffrire per divertirla.Manda, se puoi, qualcuno su questo mondo capace di far ridere me. Come io faccio ridere gli altri.
don Marco Pozza
Versione app: 3.25.3 (26fb019)