Il divertimento: la possibile felicità

Così pensando a questo brutale ma sicuro destino che ci attende (la morte), viviamo senza freni, godendo a pieno la nostra vita senza lasciarsi fuggire nulla...

Il divertimento: la possibile felicità

da Quaderni Cannibali

del 09 novembre 2009

 

Spesso i ragazzi vengono accusati di “pensare solo a divertirsi”, di non essere capaci di impegno e di sacrificio finalizzato alla realizzazione di obiettivi che comportino assunzioni di responsabilità. L’esaltazione del divertimento è certamente una nota rilevante dell’odierna condizione dell’adolescente ma, per comprenderla davvero, essa va inserita in un quadro più vasto: è l’affermazione della vita e della felicità possibile in un contesto di scetticismo e di rassegnazione verso l’esistenza o la raggiungibilità di altre possibili esperienze di felicità.

 

 

La coscienza di questo limite è radicata, soprattutto nella valutazione della precarietà di soddisfazione presente nel mondo degli adulti: visto che poi la vita si intristisce di fatto, almeno lasciateci divertire ora!!

 

“Così pensando a questo brutale ma sicuro destino che ci attende (la morte), viviamo senza freni, godendo a pieno la nostra vita senza lasciarsi fuggire nulla”.

 

La ricerca del divertimento manifesta inoltre un atteggiamento di ribellione:

 

”contro questa società, dalla politica, da tutti, da tutto.

 

Rimane però la nostalgia e l’attesa della felicità vera, quella legata alla soddisfazione e alla realizzazione dei sogni e delle esigenze più profonde del cuore:

 

“Vivere, quella si che è un’altra storia”

 

“per alcuni oggi la verità è qualcosa che si creano loro, ma si parla di una verità inutile, non della “vera verità”, quella che corrisponde alla ragione”.

 

 

La riflessione sulla vera felicità - della quale il divertimento è la forma più semplice ed immediata di esperienza - emerge come strettamente connessa alla vita stessa:

 

“Anche “vivendo e basta” in qualche modo si comprende il senso di questo mondo: vivere. Semplicemente vivere. Quello che ognuno sa fare. Quello per cui ognuno è in vita. Vivere e assaporare il mondo per tutte le bellezze che ci dà”

 

 

            La ricerca della felicità, di cui si desidera la perseguibilità nelle cose di tutti i è la linfa stessa della giovinezza ed è strettamente connessa a due parole, molto presenti nei testi: desideri e sogni:

 

“Penso che questo sia un aspetto caratteristico dell’adolescenza, della giovinezza: infatti si desidera sempre qualcosa ma non si sa cosa, vi è l’incertezza del futuro ma la speranza in tutto”

 

 “La vita può arrivare in alto, molto in alto, fino a toccare le aspirazioni, i sogni e i desideri di tutti noi”

 

            La vita stessa è attesa di questa felicità, ad essa è legata la speranza dell’esistenza:

 

“La vita intera credo sia attesa, sembrerà una frase stupida, eppure sono convinta che sia così: si spera e si aspetta nell’avere di più, nella salute, nell’amore, nel lavoro e nel migliorare la vita stessa”

 

Questa vera felicità, che ha a che fare con la profondità dei nostri desideri, dei nostri sogni, delle nostre più profonde esigenze è però misteriosa, instabile e precaria:

 

“soprattutto è sconosciuto l’oggetto del desiderio…..penso che il dramma, la sofferenza maggiore di questa attesa sta nel non sapere che cosa si desidera così ardentemente!”

 

Se si leggono con attenzione queste riflessioni, non si può ridurre ad una semplice dimensione di superficialità l’esaltazione del divertimento: bisogna leggervi dentro l’irrefrenabile energia vitale che la natura dà ad un ragazzo - indipendentemente dalla negatività di qualsiasi circostanza - ed insieme il bisogno, l’urgenza di identificare in qualcosa di concreto la risposta alla propria sete di felicità.

 

 

TESTO

 

“Io non cerco di capire questo mondo, lo vivo e basta”: commenta questa affermazione di un  tuo coetaneo.

 

Questa frase, ad una prima lettura, sembra molto superficiale, perché sottolinea solo il fatto di vivere, non di capire il mondo che ci circonda. In realtà, secondo me, dietro a questa affermazione sta un po’ di presunzione, ossia di non mettersi nemmeno in gioco per cercare di combattere all’interno di un mondo, con cui magari non siamo nemmeno d’accordo.

 

Per vivere bene ed essere d’accordo con tutto ciò che ci circonda, bisogna sempre emergere, per prendere la propria posizione e per cominciare a capire la direzione che vogliamo seguire per vivere la nostra vita. Questa affermazione, detta in modo così leggero, ci fa capire anche che è stata detta da un adolescente che prende il mondo così come va, senza problemi, facendo tutto alla sprovvista.

 

Perché è un po’ il difetto di tutti noi adolescenti, che non andiamo mai nel profondo delle cose, ma le vediamo solo nella loro superficialità. Perché a noi non interessa tanto il benessere del mondo e quindi di tutte le persone, ma noi vogliamo solo il nostro e poi forse si pensa agli altri. Anche se in realtà molte volte anche noi ci fermiamo a pensare, anche noi abbiamo un cuore e non pensiamo solo che a noi sia tutto dovuto, perché anche noi cerchiamo di capire quello che ci circonda, perché prima o poi anche noi dovremo crescere e quindi incominciare ad investire un ruolo all’interno del mondo.

 

Questo ci fa capire che l’affermazione può essere relativa, perché un giorno tutti dovremo crescere e incominciare a porci delle domande per capire quello che vogliamo veramente e dove vogliamo investire il nostro tempo, arrivando alla conclusione che per questo bisogna capire il mondo. Inoltre, se questa affermazione fosse stata detta nell’antica Grecia, avrebbe innalzato un polverone, perché lì dove la filosofia era tutto, il centro del pensiero umano era proprio quello di capire prima il mondo per poterlo poi vivere di conseguenza. Infatti, i filosofi cercavano sempre di andare oltre l’apparenza delle cose, basando la propria vita sulla ricerca di un filo conduttore da dove tutto provenisse, sul dialogo, fonte di grande saggezza, con il quale ci si poteva mettere a confronto, piuttosto che schierarsi da una parte o dall’altra.

 

Ma alla fine di tutto, prima bisognerebbe capire e dare importanza alla propria vita, per poi cercare di capire in mondo in cui si vive. Perché se non capiamo e non troviamo un appiglio su cui poterci aggrappare e che possa dare un senso alla nostra vita, non potremo mai capire il mondo, che raccoglie il pensiero, le direttive, ma soprattutto la vita di molte persone, che avranno sicuramente diversi traguardi e aspettative dalla loro vita e avranno concepito il mondo diversamente da noi.

 

Ma bisogna dire anche che senza dare un senso al mondo non si potrà mai dare un senso alla nostra vita, quindi sia la vita che il mondo vanno di pari passo e l’uno completa l’altra e quindi una persona, nel proprio bagaglio, deve avere sia la concezione della vita che del mondo.

 

Da adolescente, però, devo dire che avere la giusta concezione sia dell’uno che dell’altra è molto difficile, perché la vita vera, dove ci si può metter in gioco senza i genitori che abbiano un ruolo importante, è appena iniziata e il cammino è ancora molto lungo e tortuoso.

 

Secondo me, quindi, dietro a questa frase c’è l’ingenuità di quel bambino che deve ancora crescere e che quindi vive allo sbaraglio, senza pensieri e senza cercare di capire, perché la vita è bella e vale la pena di viverla, e quindi perché fermarsi a pensare per scervellarsi e dare un senso a quello che si sta vivendo?

 

Il senso della vita si realizzerà solo vivendo e non dando un peso a tutto quello che si fa, perché bisogna fidarsi di se stessi, perché dandosi fiducia, ci si dà la forza di andare avanti e di non voltarsi mai indietro per rimpiangere o amareggiarsi di qualcosa che si poteva fare o meglio non fare. Secondo me quindi il senso di questa frase sta nel vivere la vita, perché vivendo si capirà e non di capire per cercare di vivere, perché la vita non è una ricetta e non si può programmare quello che sarà o che saremo, bisogna solo VIVERE!

 

 

Matteo Lusso

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