Che cosa ne sarà di me? Potrò ancora incontrare papà e mamma? Dove dormirò? Chi mi farà da mangiare? Chi mi verrà a prendere a scuola? Sono queste alcune delle domande che si pongono i bambini i cui genitori hanno deciso di separarsi...
del 20 novembre 2007
Che cosa ne sarà di me? Potrò ancora incontrare papà e mamma? Dove dormirò? Chi mi farà da mangiare? Chi mi verrà a prendere a scuola? Sono queste alcune delle domande che si pongono i bambini i cui genitori hanno deciso di separarsi. Un passo che segna una trasformazione della famiglia e che porta a profondi disagi nei figli, a cui spesso non viene dato ascolto. Ecco perché all’Università Cattolica di Milano è stato istituito nel 2005 il Gruppo di parola, un luogo per il sostegno e lo scambio tra bambini da sei a dodici anni con genitori separati o divorziati. L’iniziativa fa parte del Servizio di psicologia clinica per la coppia e la famiglia, aperto al pubblico, che offre consulenza per la coppia, psicoterapia individuale e la mediazione familiare. Il Gruppo di parola è condotto da psicologi che sono anche mediatori familiari e hanno seguito un corso specifico presso una formatrice francese, Marie Simon, dottore in psicologia clinica e psicopatologia, insegnante-ricercatore a Lione.
 
«La sofferenza per la separazione dei genitori nei minori è grandissima – spiega Costanza Marzotto, docente dell’Università Cattolica di Milano, psicologa e mediatrice familiare e conduttrice dei Gruppi di parola della stessa università –. Di questo abbiamo riscontro dalle ricerche recenti condotte in Italia, ma anche in altri Paesi d’Europa, come la Francia e il Belgio. Nei Gruppi di parola abbiamo osservato come l’evento che riguarda gli adulti spesso non viene sufficientemente chiarito ai bambini. Questo è confermato dalla nostra esperienza, ma anche, per esempio, dal lavoro di Silvia Vegetti Finzi, psicanalista, docente all’università di Pavia, che si occupa di bambini da moltissimi anni e autrice del libro 'Quando i genitori si separano'. Il testo raccoglie le testimonianze di adulti che ricordano in modo nettissimo quel passaggio della loro vita come un evento drammatico». Gli effetti della separazione coniugale sui bambini possono essere molto diversi. «Il sentimento più diffuso è quello della confusione, della paura e dell’incertezza – afferma l’esperta –. I piccoli, che hanno bisogno di sicurezze, percepiscono un disorientamento nell’organizzazione della propria vita quotidiana. Non solo. Molti bambini si colpevolizzano. Lo dicono le ricerche, ma anche la nostra osservazione diretta. La loro ipotesi è che papà e mamma si siano separati per colpa loro. Il pensiero è: 'è successo perché sono andato male a scuola', 'non ho fatto il bravo', 'ho disobbedito'. Attribuiscono, cioè, ai loro comportamenti la causa di quanto avviene. A volte arrivano a supporre che se 'saranno molto bravi' forse i genitori potrebbero tornare insieme. Ritengono che il loro modo di essere abbia un potere distruttivo, ma anche ricostruttivo. Anche di fronte all’evidenza dei fatti, questa fantasia del ricongiungimento di papà e mamma rimane integra fino ai 14 anni».
 
Inoltre, si possono riscontrare disturbi del sonno, dell’alimentazione e del comportamento. «Recentemente abbiamo osservato anche un caso di depressione infantile, dovuto al lutto per questa perdita non sufficientemente elaborato – ricorda Marzotto –. A scuola, invece, si possono verificare due situazioni diverse. I bambini spesso ci dicono che la testa è ingombra di preoccupazioni per quello che succede a casa e non hanno spazio per ascoltare. Sentono parlare di avvocati e di tribunale e non capiscono. E se i genitori pensano che i figli non sentano o che non sappiano, è vero invece che questi recepiscono le vicende dei 'grandi' e sostituiscono le informazioni reali, che spesso non vengono fornite, con delle fantasie. D’altra parte ci sono bambini che si impegnano in modo spasmodico nella scuola per riuscire bene e farsi perdonare, con l’idea di far ricongiungere papà e mamma».
 
L’obiettivo del Gruppo di parola è quello di offrire un’occasione in cui nominare questi eventi, acquisire informazioni, ma anche dire quali sono le emozioni che si provano e le proprie paure sulla separazione. «In molte famiglie si accumulano forti tensioni e i bambini assistono a fatti traumatici – osserva la psicologa –. Il Gruppo di parola permette di ricostruire e ricordare l’evento specifico che, una volta nominato, viene decifrato e ridimensionato. Non parlarne significa arrovellarsi sempre sullo stesso pensiero». I bambini dunque sono coinvolti nella separazione e non sanno come esprimere la rabbia, la tristezza, i dubbi e le difficoltà che incontrano in questo momento difficile. «I Gruppi di parola si completano con la mediazione familiare – aggiunge Marzotto – che aiuta a raggiungere un’assunzione condivisa di responsabilità. Può succedere, infatti, che per molti anni la coppia separata viva una conflittualità molto nociva per i figli». I disagi dei bambini sono evidenti anche da uno studio condotto nell’ambito della facoltà di Psicologia dall’équipe del Centro studi e ricerche sulla famiglia condotto dal professor Vittorio Cigoli. «È stata effettuata una ricerca sui giovani adulti che frequentano l’università per chiedere che ricordo avevano di quel momento – si sofferma Marzotto – ed è emerso non solo l’aspetto drammatico della presa di coscienza del fatto, ma anche che molti di loro, soprattutto le femmine, sono state chiamate a svolgere una funzione adulta, di supporto verso il proprio genitore rimasto solo».
 
Nel Gruppo di parola si può parlare di questo. «È uno spazio in cui i bambini fanno i bambini – sottolinea la psicologa – e si cerca di recuperare sia la figura del papà che quella della mamma. In modo che il figlio continui ad amare tutti e due». Il Gruppo permette anche ai genitori di portare a casa qualcosa. «La loro reazione, una volta che hanno iscritto i figli, è di grande condivisione – sottolinea Marzotto – vengono aiutati a parlare della separazione con i loro figli, anche grazie a letture specifiche».
Giovanna Sciacchitano
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