Il falso mito dei “duri e cattivi”

Oggi si tende a confondere atteggiamenti di arroganza ed aggressività con la forza e la risolutezza, quando invece sono spesso sintomi di debolezza e ansia. La vera forza dell'uomo sta nell'apertura agli altri, nel costruire, non nel distruggere.

Il falso mito dei “duri e cattivi”

da Quaderni Cannibali

del 04 febbraio 2011

 

 

          Mi aggiro per la città e vedo il manifesto di un film, Maschi contro femmine: contro… Il viso delle quattro attrici, è duro, di sfida. Poi l’immancabile poster di Twilight: tre adolescenti, di cui uno è licantropo, l’altro un vampiro. Ma la più cattiva è lei, la ragazza, che è umana al 100% e di nome fa Bella.

            Oggi si tende a confondere atteggiamenti di arroganza ed aggressività con la forza e la risolutezza, quando invece sono spesso sintomi di debolezza e ansia. La vera forza dell’uomo sta nell’apertura agli altri, nel costruire, non nel distruggere.

           Poi un manifesto pubblicitario: modelle algide a cui sembra abbiano appena ucciso il padre, che interpretano donne in carriera, madri di famiglia, con lo sguardo duro di chi sta per cominciare una missione di guerra. Accendo la TV, idem… I protagonisti delle fiction o dei reality assumono espressioni e atteggiamenti, non di chi si sta parlando con un’altra persona, ma di chi sta assaltando il nemico, baionetta alla mano, mors tua vita mea, trincea contro trincea, come nella Prima Guerra Mondiale.

          Poi inizia il tg. Notizia sulla mafia: vedo le facce degli arrestati in manette, dei pluri-assassini che sciolgono bambini nell’acido, torturano chiunque e uccidono a sangue freddo, e che fanno questi? Sorridono! Sì, avete capito bene, sorridono con un viso quasi angelico. Provenzano sembra un povero vecchietto! Mi dico: “qui c’è qualcosa che non va…”. Cambio canale. L’adolescente di turno ha gli occhi truci di un ufficiale delle SS. Ricambio su Rai Storia, immagini di repertorio, e vedo un vero ufficiale delle SS: ma lui ride! E poi Hitler che gioca e scherza con Eva Braun nel suo castello della Baviera. Pare un ragazzino deficiente! Lui! Aiuto! E anche Stalin, con i suoi baffoni, ride! Mentre i ragazzi del Grande Fratello? No! Loro si aggrediscono e si insultano come Orazi e Curiazi, maschi contro maschi in trincea, femmine contro femmine, femmine contro maschi.

E mi ripeto: “qui c’è qualcosa che non va…”.

           Mi aggiro nella realtà della strada alla ricerca di qualche espressione di amicizia e d’amore, che per fortuna trovo, ma poco dopo si ricomincia. Coppie che litigano o gente che sbraita al cellulare (in versione femminile): “Io non mi faccio mettere i piedi in testa da nessuno!”; “Con me caschi male!”; “A bello, se ti sta bene è così, sennò pedala!”; “Hai ragione, sono una stron**, ora lasciami sola però”, e così via. La realtà mostra che al mito dei belli e dannati se n’è affiancato e intrecciato un altro: quello dei “duri e cattivi”. Ma sempre belli ovviamente. Come mai? Perché va di moda essere duri e cattivi? Ci fa sentire meglio? Dà sicurezza? O forse ci sentiamo minacciati da più parti?

           In natura gli animali attaccano per due motivi: o perché fanno parte della catena alimentare (e noi non siamo cannibali, almeno credo!?), o perché hanno paura di essere attaccati. Paura di farsi mettere i piedi in testa; di “apparire” sottomessi, che in una società individualista e competitiva, come la nostra è vista come la peggiore delle vergogne, specie tra le donne, su cui adombra lo spettro del passato, della casalinga, madre di famiglia, irrealizzata e succube (equazione su cui discuteremo in altra sede). 

           È vero, nel caso di animali della stessa specie c’è anche il predominio sul branco o per una femmina (per averla casomai non per lasciarla) ed è il caso dei malviventi che si uccidono tra di loro e si scontrano con Polizia e Carabinieri per avere il controllo del territorio e dettare legge. E quelli non abbaiano purtroppo, ma azzannano…

           È questo, dunque, il motivo dello sbranarsi? La lotta per arrivare primi e davanti agli altri? Lo capirei – ma solo in parte - sul lavoro, e limitatamente ad alcuni episodi, ma, alla fine, si è duri e cattivi sempre, in qualsiasi circostanza, specie col partner, dove invece dovrebbe regnare amore, apertura, comprensione, altruismo. E allora? La nostra ormai è una società competitiva in tutto, anche quando non dovrebbe. Tutti competono contro tutti: amici, conoscenti, colleghi, parenti, fidanzati, non sono persone, affetti a cui dare e da cui ricevere aiuto (aiuto?! Che sei matto… è sintomo di debolezza!), ma competitors, persone, con cui misurarsi, gareggiare, fronteggiare. Per cosa? La vita non è mica una gara, almeno non dovrebbe esserlo…

           E per chi “vince”, qual è il premio? Sicuramente la solitudine, perché se sei aggressivo e in competizione con tutti, per te nessuno è veramente un amico o persona con cui aprirsi. Da qui anche l’abbondare di psicoterapeuti e analisti. Siamo dunque in piena sindrome da guerra preventiva. L’animale che ha paura attacca, altrimenti se viene attaccato, soccombe. E purtroppo la società è talmente pervasa da questa cultura della competizione, del “dai che ce la puoi fare anche tu a diventare qualcuno!”, che ormai essere duri e cattivi è diventato la regola, la normalità. Quando lo diventiamo non ce ne accorgiamo nemmeno più perché tutti intorno sono aggressivi come noi. È un’epidemia.

           Se la sindrome del bello e dannato è una specie di reazione all’omologazione della società, quella del duro e cattivo è anche sintomo di grande insicurezza e ansia nel non riuscire. Non riuscire a far che, poi? Ad emergere! Da dove? Mica siamo… dei sub! È un atteggiamento figlio di una società individualista e competitiva oltre ogni senso logico e naturale.

           A noi ottimisti piace invece ricordare che essere forti non vuol dire essere aggressivi e spietati, pronti a distruggere tutto e tutti (nichilismo), incuranti di qualsiasi affetto (l’amore è dei deboli!). E nemmeno concepiamo la forza come pura forza fisica, altrimenti saremmo bestie. Ma la vera forza di un uomo è nel suo animo. Come siamo convinti che sono la paura e la debolezza che portano l’uomo a compiere cattiverie.

           Per noi l’uomo forte è solare, non cupo; aperto, non tenebroso; buono e generoso, non individualista; un idealista, fermo sui suoi principi e con i suoi sogni, non un nichilista. La persona forte è quella pura nei sentimenti e schietta, non maliziosa e controversa. È forte perché sa affrontare la vita e le sue avversità senza perdersi d’animo e si rimbocca le mani andando avanti. Una persona che realizza qualcosa per il bene comune, di cui egli è cosciente di far parte. Perché per costruire qualsiasi cosa ci vuole tempo, pazienza, dedizione, mentre per distruggerla basta un gesto. Cos’è dunque dimostrazione di forza?

           E ancora la persona forte è una persona stabile, non scostante e isterica. È quella che ha speranza, fede nel futuro, non il pessimista. Una persona su cui si può sempre contare. Che non ostenta, ma è. Poi è ovvio che ciascun uomo, anche quello più forte, possa avere i suoi momenti di debolezza e di difficoltà, ma in quel caso non si vergogna ad aprirsi e a chiedere aiuto agli altri. Perché chiedere aiuto è sintomo di intelligenza, non di debolezza. Oggi invece, ci si vergogna a chiedere affetto e vicinanza alle persone. Non ci si confida, perché si ha paura di essere scambiati per dei deboli. Si vede oggi quanto sono forti coloro che hanno inneggiato a questo modello di cinismo e cattiveria gratuita come forza e intelligenza: alla prima crisi socio-economica seria, eccoli frignare al catastrofismo, capaci soltanto di lamentarsi che tutto va male e la colpa è degli altri, senza far nulla per cambiare le cose che non vanno (di cui, anzi, spesso sono artefici).

           Forza d’animo e altruismo: questo, per noi, vuol dire essere felici e migliori. I “duri e cattivi” sono invece soli e sfigati…

 

 

Aldo Alatri

http://www.lottimista.com

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