Quando si pensa a un modello dell'attività educativa è difficile non fare immediato riferimento alla figura di don Bosco, fondatore dei Salesiani e soprattutto uomo di fede e di carità instancabile. Basterebbero, a testimoniarlo, gli innumerevoli ex allievi salesiani che costellano ogni realtà di vita e che continuano a ispirarsi a quegli insegnamenti giovanili, appresi nell'oratorio o a scuola
del 13 gennaio 2009
Quando si pensa a un modello dell’attività educativa – in Italia, ma anche nel mondo intero – è difficile non fare immediato riferimento alla figura di don Bosco, fondatore dei Salesiani e soprattutto uomo di fede e di carità instancabile. Basterebbero, a testimoniarlo, gli innumerevoli ex allievi salesiani che costellano ogni realtà di vita e che continuano a ispirarsi a quegli insegnamenti giovanili, appresi nell’oratorio o a scuola.
 
Don Enrico Dal Covolo, dopo aver avuto la responsabilità della facoltà di Lettere cristiane e classiche nell’Università pontificia salesiana di Roma, è oggi il postulatore generale della Società di San Francesco di Sales (più nota come Salesiani di don Bosco). In questa veste è abituato a confrontarsi costantemente con i 'nuovi esemplari' della santità cristiana, soprattutto consacrata.
 
La figura e l’opera di don Bosco sono certamente conosciute da chiunque. Ma, risalendo a un tempo ormai lontano (il santo visse infatti fra il 1815 e il 1888), potrebbero sembrare 'datate'. Qual è invece l’attualità che ancora le contraddistingue?
«Io vedo due versanti sui quali don Bosco ha ancora molto da dire: quello del metodo e quello dei contenuti. Per quanto riguarda il metodo, è da sottolineare il suo celebre sistema preventivo, fondato sulla triade 'ragione, religione e amorevolezza'. Don Bosco l’aveva imparato sulle ginocchia di una grande mamma, Margherita, e poi nella collaborazione che ella gli diede nel primo decennio dell’oratorio di Valdocco. Don Bosco non si accontentò di quella virtù austera che accompagnava il sistema educativo di altre congregazioni del tempo, ma vi aggiunse il tratto dell’amore e della fiducia».
 
E per quanto invece riguarda il versante dei contenuti?
«Don Bosco mirò a un progetto di educazione integrale del giovane, in modo da formare l’onesto cittadino e il buon cristiano. Questo, nella sua visione, significava una robusta formazione umana e sociale e un’altrettanto robusta formazione di fede. Pure in questi due ambiti troviamo elementi di attualità. Riguardo all’onesto cittadino, don Bosco fu tra i primi educatori a promuovere contratti di formazione degli apprendisti con i datori di lavoro. Ed egli stesso seguiva e presentava questi apprendisti e si faceva garante di tali contratti, apponendovi la sua firma in calce. Nell’ambito della fede, don Bosco insisteva fortemente sulla piena responsabilità dei ragazzi e sulla loro capacità effettiva di raggiungere le vette della santità. Un esempio fu l’insistenza a far accostare i ragazzi alla prima comunione appena giunti all’età della ragione: e san Domenico Savio fu il capolavoro di questo suo genio educativo».
 
Don Bosco proponeva tre 'comandamenti' ai suoi discepoli: sii sempre allegro, fai bene i tuoi doveri di studio e di pietà, fai sempre del bene ai tuoi compagni. Che senso hanno oggi queste sollecitazioni?
«Ne ha recentemente parlato proprio il nostro rettor maggiore, don Pascual Chavez, traducendo questi tre elementi in modo consono alla sensibilità d’oggi. Il primo punto l’ha espresso così: assumere la vita come un dono, sviluppare i suoi aspetti migliori con gratitudine e viverla con gioia. Il secondo punto: il nerbo, la colonna vertebrale, l’energia e la garanzia della crescita sono l’esperienza di Dio e della sua presenza provvidente, l’amicizia con Gesù e la vita che si va conformando a essa. Infine, il terzo tratto: aprirsi alla dimensione sociale, al servizio, alla solidarietà, alla carità, e assumere un progetto di vita. Come si vede, le indicazioni di don Bosco risultano perfettamente attuali anche nel contesto odierno».
 
L’oratorio salesiano è stata probabilmente l’idea più lungimirante del vostro fondatore. Ma ha ancora un senso nella complessa realtà attuale?
«Quell’intuizione geniale è ancora validissima. Don Bosco sapeva che, per l’educazione dei giovani, è importante promuovere esperienze significative. In modo particolare egli raccomandava che gli educatori fossero sempre i primi a dare l’esempio rispetto a ciò che dicevano. Cosicché l’oratorio rappresenta tuttora un ambiente nel quale si vive l’esperienza cristiana nel massimo della testimonianza».
 
Saverio Gaeta
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