Il Medio Oriente è percorso dalla tensione tra Israele e la Palestina. Ma come i media occidentali descrivono questa lotta? Ne percepiscono la cruda concretezza? La situazione non cambia, ma piuttosto peggiora di giorno in giorno. La tortura non è solo sanguinosa, ma anche crudele e spietata sia sul piano spirituale che psichico.
Il punto su sei giorni d'offensiva
Al sesto giorno dell’operazione militare lanciata da Israele contro la Striscia di Gaza il parroco della parrocchia latina, P. Jorge Hernandez, di ritorno tra i suoi parrocchiani racconta la paura continua e crescente che tutti provano.
Lunedì 19 novembre 2012
Vi scrivo dalla nostra parrocchia della Santa Famiglia a Gaza che fa parte del Patriarcato Latino di Gerusalemme e conta circa 200 cattolici. Il luogo è conosciuto da tutti ed anche il complesso parrocchiale che ospita i bambini della scuola – cristiani e musulmani – come una sola famiglia.
La tensione che c’è nella Striscia di Gaza da sabato 10 novembre è già nota. Essa si è intensificata, in particolare da mercoledì 14. La situazione non è cambiata, ma piuttosto peggiora di giorno in giorno. La pressione dei bombardamenti continua notte e giorno, si amplifica sempre più con il perdurare del conflitto. Il rumore assordante delle bombe, l’insicurezza e la paura fanno subire alla gente una tortura, non solo sanguinosa, ma anche crudele e spietata sia sul piano spirituale che psichico. Basti vedere il caso, ad esempio, di una giovane ragazza della nostra parrocchia che ha avuto una crisi di nervi a causa dei bombardamenti. Non è il primo caso, non è che un esempio tra gli altri. Si può ricordare anche la giovane Cristina Wadi Al Turk, cristiana uccisa da un infarto dovuto al freddo e alla paura durante la guerra del 2008-2009.
Chiediamo a tutti i responsabili di lasciare Gaza vivere in pace!
Il lettore attento domanderà: come stanno gli abitanti? Cosa stanno vivendo? In una parola essi hanno paura e non può essere diversamente. I missili non capiscono né l’etica, né la morale. Non fanno distinzione tra giovani e meno giovani, tra cristiani e musulmani, tra uomini e donne…Semplicemente cadono e poi distruggono. Quando sentiamo gli aerei e poi i missili proviamo una tristezza interiore molto grande e alcuni un sollievo di vedere che non sono stati colpiti. Con sempre la stessa domanda: “fino a quando?” Gli abitanti non vogliono niente di più che vivere semplicemente la loro vita. Domandiamo a tutti i responsabili di lasciare Gaza vivere in pace!
Ci interrogano sui cristiani che soffrono. Sì, essi soffrono in quanto cristiani, ma anche soffrono in quanto Palestinesi. Come Palestinesi soffrono per l’ingiusta aggressione, nella stessa maniera dei loro fratelli musulmani, ma, in quanto cristiani, essi si rassegnano e si affidano alla divina Provvidenza di Dio Padre, con un semplice “AlHamdu lil’a” (Laus Deo! Dio sia lodato!). Si riconosce così una forza straordinaria che li caratterizza e che edifica quando emerge paradossalmente da questa sofferenza.
La nostra missione è di essere vicini ai cristiani di Gaza
E voi missionari? Noi rendiamo grazie a Dio, stiamo bene. La nostra missione è di essere vicini ai cristiani di Gaza. Accompagnarli, portare questa croce con loro. Telefoniamo a loro, li incoraggiamo e li confortiamo, insegnando loro il vero senso cristiano della sofferenza, ossia la partecipazione alle sofferenze di Cristo. E questo gesto, che è nostro, lo riconoscono, gli danno valore e l’apprezzano. Ci supplicano: “Non partite…Capiamo che siete tentati di partire, ma è meglio che restate con noi”…Queste sono le frasi con molte altre ancora che i nostri parrocchiani ci confidano. Il solo fatto di sapersi accompagnati nella sofferenza è un enorme sollievo. E’ questo il nostro compito.
Sarebbe tuttavia lungo descrivere qual’è l’attitudine interiore del parroco, dei religiosi e dei missionari in tali circostanze come sono le presenti. Durante la celebrazione della messa, nel silenzio dell’adorazione eucaristica, durante la recita del Santo Rosario presentiamo tutti coloro che soffrono. Impariamo anche a essere pronti in ogni momento a porre la nostra vita nelle mani del Signore e a meditare sulla vita eterna. Ad ogni bomba che cade si eleva una preghiera al buon Dio che accolga queste povere anime e che abbia pietà di loro. Pensiamo: Quante morti inutili! Quanti morti innocenti per una ragione che non conoscono! Quanti orfani e vedove a causa di questi attacchi! Per ciascuna e per ciascuno di loro si innalza una preghiera al cielo.
Consolare e compatire è il dovere della Chiesa Madre
Non siamo dei pionieri in questo. Consolare e compatire è il dovere della Chiesa Madre, è anche il dovere ed il compito del sacerdote. E tra tanti altri di P. Manuel Musallam, che è stato parroco di questa comunità nei momenti difficili e nei tempi di guerra e che oggi è anche con noi e ci insegna.
E’ opportuno notare l’esempio edificante di coraggio e di sottomissione totale e incondizionata delle religiose che sono nella nostra parrocchia e che hanno preferito restare qui e portare questa croce con gli altri. Tre congregazioni religiose sono presenti nella Striscia di Gaza: le Suore del Rosario (di Gerusalemme), le Missionarie della Carità di Madre Teresa e le Serve del Signore e della Vergine di Matarà. Le loro preghiere e orazioni sono una benedizione e Dio le saprà ricompensare per la loro generosità.
Infine, per concludere, non dimentichiamo quanto la guerra sia sempre terribile. Nessuno guadagna in una guerra. Direi anche di più, sempre si perde. Ciascuna delle due parti dovrà pagare, a suo modo, le conseguenze della guerra. Le conseguenze di tutti i tipi, compresa la conseguenza di aver perso ciò che è più proprio dell’uomo “la sua umanità”.
Che nostro Signore Gesù Cristo “Principe della pace” e Dio di misericordia protegga questo popolo che L’accolse durante la sua fuga in Egitto, che illumini i suoi responsabili e benedica questa terra con il dono della pace.
Ci affidiamo alle vostre preghiere in Cristo e alla Santissima Vergine.
P. Jorge Hernandez Istituto religioso del Verbo Incarnato Parroco di Gaza
Il massacro di Gaza: la mia testimonianza… Lundì 19 novembre 2012
Ieri è stata una giornato molto intensa, iniziata la notte quando alle 3.00 sono andato a prendere all’aeroporto di Tel Aviv il parroco di Gaza, abuna George che stava tornando in Terrasanta, dopo aver visitato il padre ammalato, per poter rientrare a Gaza e stare vicino alla sua gente e a tutto il popolo Gazawi.
Abuna George è arrivato con il volto triste per le notizie che i suoi parrocchiani gli avevano mandato in Argentina. Dal desiderio di non perdere altro tempo, sarebbe voluto andare direttamente da Tel Aviv ad Eretz ma dopo una bella discussione l’ho convinto che tanto alle 4 di notte non lo avrebbero fatto entrare ed allora siamo tornati a BetJala dove abbiamo “dormito” un paio di ore per poi ripartire alla volta della Striscia di Gaza.
Arrivati ad Eretz alle 8.30 abbiamo trovato le strade bloccate un paio di km prima e dopo alcune telefonate con i nostri amici israeliani di Eretz ci hanno promesso che alle 9.30 sarebbe venuto qualcuno a prenderci. E così è stato. Avuto il permesso di entrare, non abbiamo atteso un minuto di piu’ e quando ci siamo salutati ho visto negli occhi di abuna George la gioia mista alla preoccupazione. Gioia per aver avuto la possibilità di entrare al più presto e poter tornare a condividere questi momenti terribili insieme alla comunità che Dio gli ha affidato. Preoccupazione perché mentre eravamo in attesa di entrare, diversi F16 sono passati sopra di noi sganciando diversi missili e così abbiamo subito pensato alla morte che questi missili avrebbero seminato. Perché a Gaza non ci sono rifugi per la gente, perché a Gaza non ci sono sirene che ti avvertono come in Israele. L’ho sperimentato anche io ieri ad Eretz. Partita la sirena, insieme ai tassisti di Rahat che vivono al check point aspettando qualcuno da trasportare, come se tutto fosse normale, siamo andati a passo veloce dietro un container che ospita i bagni. Ho chiesto se non fosse pericoloso dato che mi sembrava abbastanza debole il container per poterci riparare ma tutti erano tranquilli e mi hanno risposto che anche se un razzo arrivava lì, avrebbe bucato il container da una parte e si sarebbe fermato….insomma non poteva arrivare dall’altra parte del container.
Durante il lancio dei razzi dall’altra parte, mi ha colpito molto questa “serenità” dei tassisti così come mi ha colpito molto la “tranquillità” dei soldati del check point di Eretz con i quali abbiamo passato diverso tempo in attesa dell’abuna Pablo che stava uscendo con un convoglio ONU insieme ad altri cooperanti italiani e a 3 focolarini bloccati sulla Striscia da mercoledì scorso. Ci dicevano di entrare nella stanza del controllo passaporti perché lì era “sicura”!
Al suo arrivo abuna Pablo era molto scosso per le nottate di inferno passate. Mi ha raccontato a fatica di come proprio l’ultima notte ha pensato che non sarebbe uscito vivo da questo inferno, di come ha pianto nel buio della notte circondato da continui e incessanti bombardamenti, di come ha fatto fatica a ‘restare umano” al pensiero che se i missili avevano risparmiato lui e le suore, sicuramente avrebbero ucciso altri e devastato tutto.
Questa mattina ho parlato con abuna George : Mi racconta al telefono : “notte d’inferno dove la terra ha tremato e la canonica anche…nonostante sia grande e grosso ho dondolato sul letto tutta la notte ed ho avuto un po’ di paura anche io ma ringraziando Dio, abbiamo rivisto la luce del giorno…le suore stanno bene e i nostri cristiani tutti bene ma diversi di loro abitando nella zona di Nasser Street dove la famiglia Dolu è stata sterminata, hanno avuto tutti i vetri distrutti e si sentono miracolati….”
Quello che sta succedendo è un genocidio fisico che ancora molti non vogliono vedere ma che non resterà impunito (almeno da Dio). C’e’ una totale dis-informazione su quanto sta accadendo e mi sono convinto anche io che non importa chi ha iniziato prima o dopo (anche se per amore della verità sin da agosto Israele ha bombardato la striscia in modo piu’ o meno continuo.
Ora e’ fondamentale dire BASTA !!! Basta a questo massacro fisico e psicologico che deve terminare al più presto e che sta creando seri problemi ai bambini che restano vivi. La sorellina di Giries, 9 anni , per esempio ha avuto diverse crisi epilettiche per la paura a causa dei continui bombardamenti e mi racconta abuna Pablo che tutti i genitori sono preoccupatissimi per i loro figli e per le conseguenze psicologiche che subiranno…sempre se rimarrano vivi. Io non ho contatti con le famiglie musulmane ma posso immaginare che la situazione di terrore in cui vivono sia la stessa!!!
In queste notti dove anche io faccio fatica a dormire mi ritornano in mente e nel cuore le immagini degli occhi dei bambini di Gaza che ho visto in questi anni di avanti e indietro con la Striscia. Occhi terrorizzati che mi imploravano di fare qualcosa… E’ per questo che non posso tacere e restare in silenzio : sarei complice del silenzio di tanti e quello che mi fa più male anche della mia chiesa…non quella locale che fa quello che può ma di quella aldilà del mare! Per questo dobbiamo dire BASTA. Chi puo’ fare qualcosa lo faccia!!!
E’ incredibile come non ci sia nessuna pietà e nemmeno un po’ di umanita’ (non ne chiediamo tanta) da parte del mondo ma a maggior ragione da parte di un popolo che certe cose le ha subite e le conosce bene…essere bombardati tutta la notte vuol dire vivere il terrore di poter morire in ogni istante. Sfido chiunque di voi a vivere in questo modo. Ha ragione Michele Giorgio quando dice che i veri eroi sono i civili palestinesi che nonostante questo massacro in corso resistono, resistono e resistono!!! Shame on Israel !!!
P.S. Un consiglio: Non andate a leggere altri giornalisti italiani e soprattutto non ascoltate le menzogne di Pagliara sulla RAI….da seguire Michele Giorgio per avere in diretta quello cha accade dentro la Striscia di Gaza e quello che scrive Rosa Schiano, una ragazza minuta con una forza straordinaria che vive da tempo dentro Gaza condividendo la drammatica vita di questi poveri disgraziati.
Abuna Mario
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