“Nelle cose materiali sappiamo e possiamo incredibilmente tanto, ma ciò che va al di là di questo, Dio e il bene, non lo riusciamo più ad individuare. Per questo è la fede, che ci mostra la luce di Dio, la vera illuminazione..."
del 11 aprile 2012 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) return; js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 
          Il Papa nella Settimana Santa ci ha introdotti con quattro bellissime omelie in cui ha ricordato come la risurrezione di Cristo abbia cambiato definitivamente la condizione dell’uomo e del mondo. Vi riproponiamo alcuni spunti delle riflessioni di Benedetto XVI.
          Nella Domenica delle Palme il Papa ha mostrato la compassione di Dio per il mondo. Gesù non viene per condannare ma per salvare. Così siamo invitati ad avere uno sguardo benedicente sull’umanità:          “Lo sguardo che il credente riceve da Cristo è lo sguardo della benedizione: uno sguardo sapiente e amorevole, capace di cogliere la bellezza del mondo e di compatirne la fragilità. In questo sguardo traspare lo sguardo stesso di Dio sugli uomini che Egli ama e sulla creazione, opera delle sue mani”.          La via della compassione delude le aspettative umane perché passa attraverso la Croce. Gli stessi discepoli restano smarriti: “siamo chiamati a seguire un Messia che non ci assicura una facile felicità terrena, ma la felicità del cielo, la beatitudine di Dio'.          Nella Messa Crismale il Papa precisa che la croce richiede 'una conformazione a Cristo”, una rinuncia “alla tanto sbandierata autorealizzazione” per mettersi a disposizione di Gesù. E non esita a dire che, in questo contesto, la situazione della Chiesa è “spesso drammatica”. C'è chi, anche tra i sacerdoti, vuole rinnovare la Chiesa attraverso la disobbedienza. Ma il disobbediente annuncia solo se stesso, mentre è l’obbedienza 'il presupposto di ogni vero rinnovamento'. La vera obbedienza non è immobilismo, non è cieca sottomissione, ma crea. Basta vedere il rinnovamento ecclesiale che nell’era post-conciliare “ha spesso assunto forme inattese in movimenti pieni di vita”:           “E se guardiamo alle persone, dalle quali sono scaturiti e scaturiscono questi fiumi freschi di vita, vediamo anche che per una nuova fecondità ci vogliono l’essere ricolmi della gioia della fede, la radicalità dell’obbedienza, la dinamica della speranza e la forza dell’amore'.          Tutto ciò comporta il combattimento della fede. Nella Messa in Coena Domini il Papa ci indica Gesù che sul Monte degli Ulivi “lotta con il Padre … lotta con se stesso. E lotta per noi” contro la sporcizia che invade l’umanità. La sua anima è nell’angoscia:          “Vede la marea sporca di tutta la menzogna e di tutta l’infamia che gli viene incontro in quel calice che deve bere. È lo sconvolgimento del totalmente Puro e Santo di fronte all’intero profluvio del male di questo mondo, che si riversa su di Lui. Egli vede anche me e prega anche per me' … e 'prende su di sé il peccato dell’umanità, tutti noi, e ci porta presso il Padre'.          In questa lotta Gesù chiede al Padre di allontanargli questo calice. Ma aggiunge: 'Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu”. Così guarisce la superbia dell’uomo, che “è la vera essenza del peccato”, che ci fa credere di essere liberi se siamo indipendenti da tutti, indipendenti anche da Dio. Ma i cristiani – afferma il Papa – proprio “in quanto inginocchiati” di fronte a Dio, “sono dritti di fronte al mondo”. Solo chi dipende da Dio è veramente libero.          Nella Veglia pasquale il Papa ci mostra come Cristo sulla Croce abbia distrutto l'uomo vecchio e superbo per farlo rinascere come nuova creatura. La risurrezione è la nuova luce che cambia il mondo. L’uomo, però, è tentato dalle sue stesse capacità a restare nel buio dei propri piccoli orizzonti:          “Nelle cose materiali sappiamo e possiamo incredibilmente tanto, ma ciò che va al di là di questo, Dio e il bene, non lo riusciamo più ad individuare. Per questo è la fede, che ci mostra la luce di Dio, la vera illuminazione, essa è un’irruzione della luce di Dio nel nostro mondo, un’apertura dei nostri occhi per la vera luce'.          Infine, torna la compassione. La luce di Dio non solo illumina, non è fredda, ma è fuoco che riscalda. I cristiani – conclude il Papa - sono chiamati a diffondere nel mondo il calore dell'amore e della bontà di Dio.
Sergio Centofanti
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