È questo il filo rosso che ha unito gli interventi di Francesco in Armenia...
È evidente, nonostante la concentrazione mediatica sull’uso da parte del Papa della parola «genocidio» per definire lo sterminio degli armeni avvenuto un secolo fa, che Francesco in tutti i messaggi che ha lanciato in Armenia aveva a cuore un unico obiettivo: far sì che l’indispensabile memoria del passato diventi non motivo per nuovi scontri, conflitti o vendette, ma occasione per costruire ponti e offrire perdono e riconciliazione. E in questa prospettiva si intreccia la testimonianza di unità e collaborazione che i cristiani possono dare pur appartenendo ancora a Chiese diverse.
«Il paziente e rinnovato impegno verso la piena unità, l’intensificazione delle iniziative comuni e la collaborazione tra tutti i discepoli del Signore in vista del bene comune - ha detto il Papa nel primo discorso pubblico pronunciato in Armenia, all’arrivo nella cattedrale di Etchmiadzin - sono come luce fulgida in una notte oscura e un appello a vivere nella carità e nella mutua comprensione anche le differenze. Lo spirito ecumenico acquista un valore esemplare anche al di fuori dei confini visibili della comunità ecclesiale, e rappresenta per tutti un forte richiamo a comporre le divergenze con il dialogo e la valorizzazione di quanto unisce».
Durante la messa a Gyumri, sabato 25 giugno, Francesco ha invitato a costruire sulla memoria, sulla fede ma anche nell’«amore misericordioso», perché «l’amore concreto è il biglietto da visita del cristiano: altri modi di presentarsi possono essere fuorvianti e persino inutili, perché da questo tutti sapranno che siamo suoi discepoli: se abbiamo amore gli uni per gli altri. Siamo chiamati anzitutto a costruire e ricostruire vie di comunione, senza mai stancarci, a edificare ponti di unione e a superare le barriere di separazione».
Un tema che il Papa ha particolarmente sviluppato la sera di quello stesso giorno durante l’incontro ecumenico in Piazza della Repubblica a Yerevan, quando ha detto che «solo la carità è in grado di sanare la memoria e guarire le ferite del passato: solo l’amore cancella i pregiudizi e permette di riconoscere che l’apertura al fratello purifica e migliora le proprie convinzioni». E dunque sull’esempio di Gesù «siamo chiamati ad avere il coraggio di lasciare i convincimenti rigidi e gli interessi propri, in nome dell’amore che si abbassa e si dona, in nome dell’amore umile».
«La memoria, attraversata dall’amore - ha detto ancora Francesco - diventa infatti capace di incamminarsi per sentieri nuovi e sorprendenti, dove le trame di odio si volgono in progetti di riconciliazione, dove si può sperare in un avvenire migliore per tutti, dove sono beati gli operatori di pace. Farà bene a tutti impegnarsi per porre le basi di un futuro che non si lasci assorbire dalla forza ingannatrice della vendetta; un futuro, dove non ci si stanchi mai di creare le condizioni per la pace: un lavoro dignitoso per tutti, la cura dei più bisognosi e la lotta senza tregua alla corruzione, che va estirpata».
Infine, al termine della divina liturgia di domenica celebrata dal Catholicos Karekin II, Francesco ha affermato: «Accogliamo il richiamo dei santi ascoltiamo la voce degli umili e dei poveri, delle tante vittime dell’odio, che hanno sofferto e sacrificato la vita per la fede; tendiamo l’orecchio alle giovani generazioni, che implorano un futuro libero dalle divisioni del passato. Da questo luogo santo si diffonda nuovamente una luce radiosa; a quella della fede, che da san Gregorio, vostro padre secondo il Vangelo, ha illuminato queste terre, si unisca la luce dell’amore che perdona e riconcilia».
La memoria vissuta con fede e misericordia, si converte dunque in perdono e riconciliazione, non in elemento di divisione e scontro. Con questo sguardo il Papa ha commemorato il genocidio armeno e ha vissuto giorni di profonda comunione con i fratelli della Chiesa apostolica armena.
Andrea Tornielli
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