«Se un uomo muore sulla croce per guardare insieme a me un Padre che non condanna mai, allora con questo uomo che sulla croce mi rivela che è il Figlio, anch'io posso voler diventare Figlio».
del 06 aprile 2009
Qual è il messaggio del cristianesimo ? Hegel dice che quanto è noto, non per questo è conosciuto.
Nella visibilità pubblica più ovvia si delinea un cristianesimo scontato, innocuo per tutte le gerarchie fondate sul culto della potenza. Ma se si ascolta il racconto della Passione di Gesù con il coraggio di esporsi alla sua luce, si vede quanto esso porti allo scoperto il sistema di falsità che fa da cemento alla società costituita.
Così si inizia a capire che realmente la vicenda della Passione è il luogo del giudizio di Dio su di noi. Giudizio che non è un verdetto di tribunale, perché è invece la rivelazione di quell’amore che è la verità della vita umana e del creato. Gesù è il giudizio di Dio. È il criterio vivente che stabilisce la giustizia sulle menzogne, sugli equivoci, sulle angosce con cui fraintendiamo ogni cosa. È la rivelazione del vero ordine del mondo. In confronto le verità, le autorità, le abitudini, le logiche che abbiamo costruito restano demolite. Basta pensare a quelli che, in ogni ambito, sono onorati come capi, comparando il loro porsi al di sopra degli altri, da un lato, con l’altezza della croce e l’autorità di Gesù, dall’altro. La vera autorità sta in chi ama con quella pazienza che non è affatto rassegnazione. È invece la forza di farsi carico degli effetti dell’odio e della stupidità.
Per generare, da quel fondo di violenza subíta, eppure vinta perché mai fatta propria, una via di liberazione che può trasfigurare ogni esistenza.
La prospettiva del cristianesimo scontato è tanto diffusa che, d’altra parte, una fede capace di ospitare un frammento incandescente di Vangelo costituisce l’evento di un cristianesimo sconosciuto, tramandato da chi è vissuto come Gesù. Qui « sconosciuto » non significa: mai apparso prima. Significa invece un cristianesimo che sa comunicare una parola e una qualità di vita che di solito sono negate. Per entrare in questa corrente di vita nuova basta riascoltare – con il cuore, con la ragione e con l’anima – almeno alcune tra le parole inaudite di Gesù. Anche qui: «inaudite» non perché mai percepite, anzi mille volte sentite, lette, proclamate. Ma «inaudite» perché mai ci si è esposti al loro significato, per cui esse non hanno trovato comprensione, adesione, svolgimento nella vita.
La prima di queste parole eluse è la rivelazione della filialità. Non basta essere genericamente credenti, né si tratta di combattere i « non credenti » . Quel che conta è seguire l’invito ad assumere la condizione di figlie e di figli di Dio, che non è riservata al solo Gesù. Proposta commovente, esplosiva. Proposta incalcolabile, ma così concreta da umiliare il male, rivelandolo estraneo alla nostra provenienza e alla nostra vera libertà. Se i cristiani prendessero sul serio l’invito a vivere la filialità, se credessero all’invito stesso, riconoscerebbero in ognuno una sorella, un fratello.
Capirebbero che l’invito non è rivolto solo a loro. A essi è chiesto semmai di renderlo credibile per tutti tramite il loro modo di esistere. Aprirsi alla filialità è attraversare l’angoscia suscitata dall’idea di un Dio che condanna e seleziona chi si merita il suo amore; è imparare a ricomunicare un amore
infinito a chiunque senza credere pi√π ad alcuna divisione che legittimi il non-amore e la violenza.
Ha scritto Alain Gouhier: «Se un uomo muore sulla croce per guardare insieme a me un Padre che non condanna mai, allora con questo uomo che sulla croce mi rivela che è il Figlio, anch’io posso voler diventare Figlio».
 
Roberto Mancini
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