L'ambientalismo cattolico è fervente, ma pone condizioni rigorose. «Non arruoliamo il Papa tra gli scettici, dopo la lettera di fine d'anno con cui ha riformulato ancora, dopo i brani dedicati al tema nella Caritas in veritate, la questione biblica della “custodia e del governo del creato” da parte dell'uomo e della donna».
del 18 dicembre 2009
Non arruoliamo il Papa tra gli scettici, dopo la lettera di fine d’anno con cui ha riformulato ancora, dopo i brani dedicati al tema nella Caritas in veritate, la questione biblica della “custodia e del governo del creato” da parte dell’uomo e della donna. La lettera è stata resa nota ieri, ed è come sempre un documento argomentato e ispirato che ha radici in una grande cultura, “globalista” quanto nessun’altra. Benedetto XVI non nega l’abuso umano della natura, la tentazione tirannica coltivata dalle generazioni moderne, il titanismo accidioso della tecnica, e nemmeno, più in dettaglio, i cambiamenti climatici, le desertificazioni, il degrado dell’agricoltura, la crisi dell’acqua o la perdita della biodiversità, i grandi disboscamenti all’equatore e ai tropici. Ma affermare la crisi ecologica non significa condividere la religione ambientalista o l’ambientalismo come religione. Il Papa di fede ne ha un’altra, imperniata sulla trascendenza di un Dio che crea l’uomo a sua immagine e somiglianza per affidargli la natura, e non ha evidentemente bisogno di credenze sostitutive, di ideologie ammantate di scienza.
 
Al contrario, il Papa mette in guardia dall’assolutizzare la natura e dal conferirle un primato sulla persona, cosa facile a farsi se la persona non sia che una particella della natura, se viga l’ideologia riduzionista e determinista che esclude, addirittura con il crisma della certezza scientifica, la libertà autocosciente dell’umanità. Ecocentrismo e biocentrismo sono le parole scelte per significare che l’ambiente e la vita vegetale e animale sono parte di un disegno in cui il rango dell’uomo e della donna sono quelli del governo e della custodia, dunque creature umane differenziate sul piano dell’essere, della loro stessa costituzione fisica e metafisica, rispetto al creato affidato alle loro mani.
 
Benedetto parla di un “panteismo con accenti neopagani che fanno derivare dalla sola natura, intesa in senso puramente naturalistico, la salvezza per l’uomo”. Questa non può non essere la grammatica di fede di un pastore, del buon pastore dei cattolici. Ma è anche un indizio di civiltà e di cultura, una sintassi interessante per noi laici e moderni (e postmoderni). Infatti anche noi da tempo titilliamo e censuriamo intellettualmente, su basi razionali alleate con il racconto biblico, l’ambientalismo magico dei guru e delle associazioni militanti per la redenzione globalista, specie quando che si scambiano dubbie mail manipolatorie, in una danza idolatrica come tante altre, rincorsa da potenti interessi privi di qualunque magia.
Giuliano Ferrara
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