Benedetto XVI ha presentato ieri la figura di San Lorenzo da Brindisi, dottore della Chiesa e 'dottore apostolico'. «La preghiera è l'anima della vita cristiana non solo dei sacerdoti e religiosi ma anche dei laici. Oh, se considerassimo questa realtà! - esclamava il Santo - Cioè che Dio è davvero presente a noi quando gli parliamo pregando».
del 24 marzo 2011
 
 
          Proseguendo nelle sue catechesi del mercoledì sui santi del XVI e XVII secolo, Benedetto XVI ha presentato ieri zo la figura del Dottore della Chiesa cappuccino san Lorenzo da Brindisi, al secolo Giulio Cesare Rossi (1559-1619).          Orfano di padre, Lorenzo «si trasferì con la madre a Venezia, e proprio nel Veneto conobbe i Cappuccini, che in quel periodo si erano messi generosamente a servizio della Chiesa intera, per incrementare la grande riforma spirituale promossa dal Concilio di Trento». Nel 1575 divenne frate cappuccino, e nel 1582 fu ordinato sacerdote. «Già durante gli studi ecclesiastici - sottolinea il Papa - mostrò le eminenti qualità intellettuali di cui era dotato. Apprese facilmente le lingue antiche, quali il greco, l’ebraico e il siriaco, e quelle moderne, come il francese e il tedesco, che si aggiungevano alla conoscenza della lingua italiana e di quella latina, un tempo fluentemente parlata da tutti gli ecclesiastici e gli uomini di cultura».          Divenne così un grande predicatore. Conoscitore dell'esegesi rabbinica, era in grado di discutere della Bibbia con gli Ebrei in modo tale che «gli stessi Rabbini rimanevano stupiti e ammirati, manifestandogli stima e rispetto». Lettore dei teologi sia cattolici sia protestanti, era «in grado di illustrare in modo esemplare la dottrina cattolica anche ai cristiani che, soprattutto in Germania, avevano aderito alla Riforma. Con la sua esposizione chiara e pacata egli mostrava il fondamento biblico e patristico di tutti gli articoli di fede messi in discussione da Martin Lutero. Tra di essi, il primato di san Pietro e dei suoi successori, l’origine divina dell’Episcopato, la giustificazione come trasformazione interiore dell’uomo, la necessità delle opere buone per la salvezza». Il Papa ne trae una lezione per il vero ecumenismo. «Il successo di cui Lorenzo godette ci aiuta a comprendere che anche oggi, nel portare avanti con tanta speranza il dialogo ecumenico, il confronto con la Sacra Scrittura, letta nella Tradizione della Chiesa, costituisce un elemento irrinunciabile e di fondamentale importanza, come ho voluto ricordare nell’Esortazione Apostolica Verbum Domini (n. 46)».          Ma Lorenzo non era solo un teologo. Sapeva predicare anche ai «fedeli più semplici, non dotati di grande cultura», secondo quello che è stato «un grande merito dei Cappuccini e di altri Ordini religiosi, che, nei secoli XVI e XVII, contribuirono al rinnovamento della vita cristiana penetrando in profondità nella società con la loro testimonianza di vita e il loro insegnamento». Anche qui c'è un insegnamento per la nuova evangelizzazione dei nostri giorni, la quale domanda «apostoli ben preparati, zelanti e coraggiosi, perché la luce e la bellezza del Vangelo prevalgano sugli orientamenti culturali del relativismo etico e dell’indifferenza religiosa, e trasformino i vari modi di pensare e di agire in un autentico umanesimo cristiano».           Lorenzo ebbe importanti incarichi fra i Cappuccini, di cui fu ministro generale dal 1602 al 1605. Il suo segreto era lo stesso di tutti i santi, e il Papa ce lo ripete ogni volta che ne presenta uno: «Lorenzo coltivò una vita spirituale di eccezionale fervore, dedicando molto tempo alla preghiera e in modo speciale alla celebrazione della Santa Messa, che protraeva spesso per ore, compreso e commosso nel memoriale della Passione, Morte e Risurrezione del Signore». Questo insegnamento costante, ha detto Benedetto XVI, va riproposto soprattutto ai preti. «Alla scuola dei santi, ogni presbitero, come spesso è stato sottolineato durante il recente Anno Sacerdotale, può evitare il pericolo dell’attivismo, di agire cioè dimenticando le motivazioni profonde del ministero, solamente se si prende cura della propria vita interiore. Parlando ai sacerdoti e ai seminaristi nella cattedrale di Brindisi, la città natale di san Lorenzo, ho ricordato che “il momento della preghiera è il più importante nella vita del sacerdote, quello in cui agisce con più efficacia la grazia divina, dando fecondità al suo ministero. Pregare è il primo servizio da rendere alla comunità. E perciò i momenti di preghiera devono avere nella nostra vita una vera priorità... Se non siamo interiormente in comunione con Dio, non possiamo dare niente neppure agli altri. Perciò Dio è la prima priorità. Dobbiamo sempre riservare il tempo necessario per essere in comunione di preghiera con nostro Signore”».          Proprio san Lorenzo da Brindisi ha però pure sottolineato che la preghiera è l'anima della vita cristiana non solo dei sacerdoti e religiosi ma anche dei laici. «“Oh, se considerassimo questa realtà! - esclama - Cioè che Dio è davvero presente a noi quando gli parliamo pregando; che ascolta veramente la nostra orazione, anche se noi soltanto preghiamo con il cuore e la mente. E che non solo è presente e ci ascolta, anzi può e desidera accondiscendere volentieri e con massimo piacere alle nostre domande”».          Con un tocco di attualità il Papa di san Lorenzo da Brindisi ha voluto ricordare anche «l'azione per la pace. Sia i Sommi Pontefici sia i principi cattolici gli affidarono ripetutamente importanti missioni diplomatiche per dirimere controversie e favorire la concordia tra gli Stati europei, minacciati in quel tempo dall’Impero ottomano». Lorenzo morì proprio durante una missione diplomatica, a Lisbona nel 1619, mentre mediava fra il re di Spagna Filippo III (1578-1621) e i suoi sudditi napoletani. «L’autorevolezza morale di cui godeva - ha sottolineato Benedetto XVI - lo rendeva consigliere ricercato e ascoltato. Oggi, come ai tempi di san Lorenzo, il mondo ha tanto bisogno di pace, ha bisogno di uomini e donne pacifici e pacificatori. Tutti coloro che credono in Dio devono essere sempre sorgenti e operatori di pace».          Dottore della Chiesa, Lorenzo ha il titolo di Doctor apostolicus, “Dottore apostolico”, perché la sua opera teologica è tutta orientata all'apostolato e alla predicazione. Nei suoi scritti egli «offre una presentazione organica della storia della salvezza, incentrata sul mistero dell’Incarnazione, la più grande manifestazione dell’amore divino per gli uomini. Inoltre, essendo un mariologo di grande valore, autore di una raccolta di sermoni sulla Madonna intitolata “Mariale”, egli mette in evidenza il ruolo unico della Vergine Maria, di cui afferma con chiarezza l’Immacolata Concezione e la cooperazione all’opera della redenzione compiuta da Cristo».          Gli spunti di predicazione di Lorenzo e la sua teologia insistono anche sul ruolo dello Spirito Santo. «Egli ci ricorda che con i suoi doni la Terza Persona della Santissima Trinità illumina e aiuta il nostro impegno a vivere gioiosamente il messaggio del Vangelo. “Lo Spirito Santo – scrive san Lorenzo da Brindisi – rende dolce il giogo della legge divina e leggero il suo peso, affinché osserviamo i comandamenti di Dio con grandissima facilità, persino con piacevolezza”».          Del santo di Brindisi, il Papa ha voluto infine sottolineare il «grande amore per la Sacra Scrittura, che sapeva ampiamente a memoria, e dalla convinzione che l’ascolto e l’accoglienza della Parola di Dio produce una trasformazione interiore che ci conduce alla santità. “La Parola del Signore – egli afferma – è luce per l’intelletto e fuoco per la volontà, perché l’uomo possa conoscere e amare Dio. Per l’uomo interiore, che per mezzo della grazia vive dello Spirito di Dio, è pane e acqua, ma pane più dolce del miele e acqua migliore del vino e del latte... È un maglio contro un cuore duramente ostinato nei vizi. È una spada contro la carne, il mondo e il demonio, per distruggere ogni peccato”».           E anche questo è un insegnamento attuale ancora oggi. «San Lorenzo da Brindisi ci insegna ad amare la Sacra Scrittura, a crescere nella familiarità con essa, a coltivare quotidianamente il rapporto di amicizia con il Signore nella preghiera, perché ogni nostra azione, ogni nostra attività abbia in Lui il suo inizio e il suo compimento. È questa la fonte da cui attingere affinché la nostra testimonianza cristiana sia luminosa e sia capace di condurre gli uomini del nostro tempo a Dio».Massimo Introvigne
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