Il Papa parla agli educatori cattolici

Stati Uniti - Incontro con gli educatori cattolici. «Il compito educativo è parte integrante della missione che la Chiesa ha di proclamare la Buona Novella. In primo luogo e soprattutto ogni istituzione educativa cattolica è un luogo in cui incontrare il Dio vivente, il quale in Gesù Cristo rivela la forza trasformatrice del suo amore e della sua verità...».

Il Papa parla agli educatori cattolici

da Benedetto XVI

del 18 aprile 2008

Cari Cardinali,

Cari Fratelli Vescovi,

Illustri Professori, Insegnanti ed Educatori,

 

“Quanto sono belli i piedi di coloro che recano un lieto annunzio di bene” (Rm 10, 15-17). Con queste parole di Isaia,citate da San Paolo, saluto calorosamente ciascuno di voi – portatori di sapienza – e attraverso di voi tutto il personale, gli studenti e le famiglie delle molte e svariate istituzioni formative che voi rappresentate. E’ un vero piacere per me incontrarvi e condividere con voi alcune riflessioni circa la natura e l’identità dell’educazione cattolica oggi. Desidero in particolare ringraziare P. Davide O’Connell, Presidente e Rettore della Catholic University of America. Ho molto apprezzato, caro Presidente, le Sue gentili parole di benvenuto. La prego di estendere l’espressione della mia cordiale gratitudine all’intera comunità – facoltà, personale e studenti – di questa Università.

Il compito educativo è parte integrante della missione che la Chiesa ha di proclamare la Buona Novella. In primo luogo e soprattutto ogni istituzione educativa cattolica è un luogo in cui incontrare il Dio vivente, il quale in Gesù Cristo rivela la forza trasformatrice del suo amore e della sua verità (cfr Spe salvi, 4). Questa relazione suscita il desiderio di crescere nella conoscenza e nella comprensione di Cristo e del suo insegnamento. In questo modo coloro che lo incontrano sono portati dalla potenza del Vangelo a condurre una nuova vita caratterizzata da tutto ciò che è bello, buono e vero; una vita di testimonianza cristiana nutrita e rafforzata entro la comunità dei discepoli di Nostro Signore, la Chiesa.

La dinamica tra incontro personale, conoscenza e testimonianza cristiana è parte integrante della diakonia della verità che la Chiesa esercita in mezzo all’umanità. La rivelazione di Dio offre ad ogni generazione la possibilità di scoprire la verità ultima sulla propria vita e sul fine della storia. Questo compito non è mai facile: coinvolge l’intera comunità cristiana e motiva ogni generazione di educatori cristiani a garantire che il potere della verità di Dio permei ogni dimensione delle istituzioni che essi servono. In questo modo, la Buona Novella di Cristo è messa in condizione di operare, guidando sia l’insegnante che lo studente verso la verità oggettiva che, trascendendo il particolare e il soggettivo, rimanda all’universale e all’assoluto che ci abilita a proclamare con fiducia la speranza che non delude (cfr Rm 5,5). Contro i conflitti personali, la confusione morale e la frammentazione della conoscenza, i nobili scopi della formazione accademica e dell’educazione, fondati sull’unità della verità e sul servizio alla persona e alla comunità, diventano uno speciale potente strumento di speranza.

Cari amici, la storia di questa Nazione offre numerosi esempi dell’impegno della Chiesa a questo riguardo. Di fatto, la comunità cattolica in questo Paese ha fatto dell’educazione una delle sue più importanti priorità. Questa impresa non si è realizzata senza grandi sacrifici. Figure eminenti come Santa Elizabeth Ann Seton e altri fondatori e fondatrici, con grande tenacia e preveggenza hanno guidato l’istituzione di ciò che costituisce oggi una ragguardevole rete di scuole parrocchiali che contribuiscono al benessere della Chiesa e della Nazione. Alcuni, come Santa Katharine Drexel, hanno dedicato la loro vita all’educazione di coloro che altri avevano trascurato - nel suo caso, Afro-americani e Americani Nativi. Innumerevoli Religiose, Religiosi e Sacerdoti, insieme con genitori altruisti, hanno aiutato, attraverso le Scuole cattoliche, generazioni di immigrati a sollevarsi dalla miseria e a prendere il loro posto nella società odierna.

Questo sacrificio continua anche oggi. E’ un eccellente apostolato della speranza il cercare di farsi carico delle necessità materiali, intellettuali e spirituali di oltre tre milioni di ragazzi e studenti. Questo offre anche all’intera comunità cattolica un’opportunità altamente encomiabile di contribuire generosamente alla necessità finanziarie delle nostre istituzioni. Occorre assicurare loro la possibilità di perdurare nel lungo periodo. In effetti, deve essere fatto tutto il possibile, in collaborazione con la comunità più vasta, per assicurare che esse siano accessibili a persone di ogni strato sociale ed economico. A nessun bambino o bambina deve essere negato il diritto di una educazione nella fede, che di rimando nutre lo spirito della nazione.

Alcuni pongono oggi in questione l’impegno della Chiesa nell’educazione, chiedendosi se le sue risorse non potrebbero essere meglio impiegate altrove. Certo in una nazione come questa, lo Stato provvede ampie opportunità per l’educazione e attira donne e uomini dediti e generosi verso questa onorata professione. E’ opportuno, quindi, riflettere su ciò che è specifico delle nostre istituzioni cattoliche. Come possono esse contribuire al bene della società attraverso la missione primaria della Chiesa che è di evangelizzare?

Tutte le attività della Chiesa scaturiscono dalla sua consapevolezza di essere portatrice di un messaggio che ha la sua origine in Dio stesso: nella sua bontà e sapienza, Dio ha scelto di rivelare se stesso e di far conoscere il proposito nascosto della sua volontà (cfr Ef 1,9; Dei Verbum, 2). Il desiderio di Dio di farsi conoscere e l’innato desiderio di ogni essere umano di conoscere la verità forniscono il contesto della ricerca umana sul significato della vita. Questo incontro unico è sostenuto entro la nostra comunità cristiana: chi cerca la verità diventa uno che vive di fede (cfr Fides et ratio, 31). Ciò può essere descritto come un movimento dall’”io” al “noi”, che porta il singolo ad essere annoverato entro il popolo di Dio.

La stessa dinamica di identità comunitaria – a chi io appartengo? – vivifica l’ethos delle nostre istituzioni cattoliche. L’identità di un’Università o di una Scuola cattolica non è semplicemente una questione di numero di studenti cattolici. E’ una questione di convinzione – crediamo noi veramente che solo nel mistero del Verbo fatto carne diventa veramente chiaro il mistero dell’uomo (cfr Gaudium et spes, 22)? Siamo noi veramente pronti ad affidare il nostro intero io – intelletto e volontà, mente e cuore – a Dio? Accettiamo noi la verità che Cristo rivela? Nelle nostre università e scuole la fede è “tangibile”? Le viene data fervida espressione nella liturgia, nei sacramenti, mediante la preghiera, gli atti di carità, la sollecitudine per la giustizia e il rispetto per la creazione di Dio? Solo in questo modo noi rendiamo realmente testimonianza sul senso di chi noi siamo e di ciò che noi sosteniamo.

Da questa prospettiva si può riconoscere che la contemporanea “crisi di verità” è radicata in una “crisi di fede”. Solo mediante la fede noi possiamo dare liberamente il nostro assenso alla testimonianza di Dio e riconoscerlo come il trascendente garante della verità che egli rivela. Ancora una volta, noi vediamo perché il promuovere l’intimità personale con Gesù Cristo e la testimonianza comunitaria alla sua verità che è amore è indispensabile nelle istituzioni formative cattoliche. Di fatto tutti noi vediamo, e osserviamo con preoccupazione, la difficoltà o la riluttanza che molte persone hanno oggi nell’affidare se stesse a Dio. E’ un fenomeno complesso, questo, sul quale rifletto continuamente. Mentre abbiamo cercato con diligenza di coinvolgere l’intelligenza dei nostri giovani, forse abbiamo trascurato la loro volontà. Di conseguenza, noi osserviamo con ansia che la nozione di libertà viene distorta. La libertà non è facoltà di disimpegno da; è facoltà di impegno per – una partecipazione all’Essere stesso. Di conseguenza, l’autentica libertà non può mai essere raggiunta nell’allontanamento da Dio. Una simile scelta significherebbe ultimamente trascurare la genuina verità di cui abbisogniamo per capire noi stessi. Perciò una particolare responsabilità per ciascuno di voi, e per i vostri colleghi, è di suscitare tra i vostri giovani il desiderio di un atto di fede, incoraggiandoli ad affidarsi alla vita ecclesiale che fluisce da questo atto di fede. E’ qui che la libertà raggiunge la certezza della verità. Nella scelta di vivere secondo tale verità, noi abbracciamo la pienezza della vita di fede che ci è data nella Chiesa.

Chiaramente, pertanto, l’identità cattolica non dipende dalle statistiche. Neppure può essere semplicemente equiparata con l’ortodossia naturalmente contenuta. Ciò richiede ed ispira molto di più: e cioè che ogni aspetto delle vostre comunità di studio si riverberi nella vita ecclesiale di fede. Solo nella fede la verità può farsi incarnata e la ragione veramente umana, capace di dirigere la volontà lungo il sentiero della libertà (cfr Spe salvi, 23). In questo modo le nostre istituzioni offrono un vitale contributo alla missione della Chiesa e servono efficacemente la società. Esse diventano luoghi in cui l’attiva presenza di Dio negli affari umani è riconosciuta e ogni giovane persona scopre la gioia di entrare nell’”essere per gli altri” di Cristo (cfr ibid., 28).

La missione, primaria nella Chiesa, di evangelizzare, nella quale le istituzioni educative giocano un ruolo cruciale, è in consonanza con l’aspirazione fondamentale della nazione di sviluppare una società veramente degna della dignità della persona umana. A volte, tuttavia, il valore del contributo della Chiesa al forum pubblico è posto in questione. E’ perciò importante ricordare che la verità della fede e quella della ragione non si contraddicono mai tra loro (cfr Concilio Ecumenico Vaticano I, Costituzione dogmatica sulla Fede cattolica Dei Filius, IV: DS 3017; S.Agostino, Contra Academicos, III, 20,43). La missione della Chiesa, di fatto, la coinvolge nella lotta che l’umanità sostiene per raggiungere la verità. Nell’esprimere la verità rivelata essa serve tutti i membri della società purificando la ragione, assicurando che essa rimanga aperta alla considerazione delle verità ultime. Attingendo alla divina sapienza, essa getta luce sulla fondazione della moralità e dell’etica umana, e ricorda a tutti i gruppi nella società che non è la prassi a creare la verità ma è la verità che deve servire come base della prassi. Lungi dal minacciare la tolleranza della legittima diversità, un simile contributo illumina la verità stessa che rende raggiungibile il consenso, ed aiuta a mantenere ragionevole, onesto ed affidabile il pubblico dibattito. Similmente la Chiesa mai si stanca di sostenere le categorie morali essenziali del giusto e dell’ingiusto, senza le quali la speranza può solo appassire, aprendo la strada a freddi calcoli pragmatici utilitaristici che riducono la persona a poco più di una pedina su di un’ideale scacchiera.

Rispetto al forum educativo, la diakonia della verità assume un elevato significato nelle società in cui l’ideologia secolaristica pone un cuneo tra verità e fede. Questa divisione ha portato alla tendenza di eguagliare verità e conoscenza e ad adottare una mentalità positivistica che, rigettando la metafisica, nega i fondamenti della fede e rigetta la necessità di una visione morale. Verità significa di più che conoscenza: conoscere la verità ci porta a scoprire il bene. La verità parla all’individuo nella sua interezza, invitandoci a rispondere con tutto il nostro essere. Questa visione ottimistica è fondata nella nostra fede cristiana, perché in tale fede è donata la visione del Logos, la creatrice Ragione di Dio, che nell’Incarnazione si è rivelata come Divinità essa stessa. Lungi dall’essere solo una comunicazione di dati fattuali – “informativa” – la verità amante del Vangelo è creativa e capace di cambiare la vita – è “performativa” (cfr Spe salvi, 2). Con fiducia gli educatori cristiani possono liberare i giovani dai limiti del positivismo e risvegliare la loro recettività nei confronti della verità, di Dio e della sua bontà. In questo modo voi aiuterete anche a formare la loro coscienza che, arricchita dalla fede, apre un sicuro cammino verso la pace interiore e il rispetto per gli altri.

Non costituisce una sorpresa, tuttavia, se non tanto le nostre stesse comunità ecclesiali ma la società in generale ha intense aspettative di educatori cattolici. Questo pone su di voi una responsabilità e vi offre un’opportunità. Un numero sempre maggiore di persone – in particolare di genitori – riconosce il bisogno di eccellenza nella formazione umana dei loro figli. Come Mater et Magistra, la Chiesa condivide la loro preoccupazione. Quando nulla aldilà dell’individuo è riconosciuto come definitivo, il criterio ultimo di giudizio diventa l’io e la soddisfazione dei desideri immediati dell’individuo. L’obiettività e la prospettiva, che derivano soltanto dal riconoscimento dell’essenziale dimensione trascendente della persona umana, possono andare perdute. All’interno di un simile orizzonte relativistico gli scopi dell’educazione vengono inevitabilmente ridotti. Lentamente si afferma un abbassamento dei livelli. Osserviamo oggi una certa timidezza di fronte alla categoria del bene e un’inconsulta caccia di novità in passerella come realizzazione della libertà. Siamo testimoni della convinzione che ogni esperienza sia di uguale valore e della riluttanza ad ammettere imperfezioni ed errori. E particolarmente inquietante è la riduzione della preziosa e delicata area dell’educazione sessuale alla gestione del “rischio”, privo di ogni riferimento alla bellezza dell’amore coniugale.

Come possono rispondere gli educatori cristiani? Questi pericolosi sviluppi pongono in evidenza la particolare urgenza di ciò che potremmo chiamare “carità intellettuale”. Questo aspetto della carità chiede all’educatore di riconoscere che la profonda responsabilità di condurre i giovani alla verità non è che un atto di amore. In verità, la dignità dell’educazione risiede nel promuovere la vera perfezione e la gioia di coloro che devono essere guidati. In pratica, la “carità intellettuale” sostiene l’essenziale unità della conoscenza contro la frammentazione che consegue quando la ragione è staccata dal perseguimento della verità. Ciò guida i giovani verso la profonda soddisfazione di esercitare la libertà in relazione alla verità, e ciò spinge a formulare la relazione tra la fede e i vari aspetti della vita familiare e civile. Una volta che la passione per la pienezza e l’unità della verità è stata risvegliata, i giovani sicuramente gusteranno la scoperta che la questione su ciò che essi possono conoscere li apre alla vasta avventura di ciò che essi dovrebbero fare. Qui essi sperimenteranno “in chi” e “in che cosa” è possibile sperare e saranno ispirati a recare il loro contributo alla società in un modo che genera speranza negli altri.

Cari amici, desidero concludere attirando l’attenzione specificamente sull’eminente importanza della vostra competenza e della vostra testimonianza all’interno delle nostre Università e Scuole cattoliche. Innanzitutto, consentitemi di ringraziarvi per la vostra dedizione e generosità. Conosco fin dai tempi in cui ero professore ed ho poi udito dai vostri Vescovi ed Officiali della Congregazione per l’Educazione Cattolica che la reputazione delle Istituzioni educative nel vostro Paese è largamente dovuta a voi ed ai vostri predecessori. I vostri disinteressati contributi – dalla ricerca esterna alla dedizione di coloro che lavorano all’interno degli Istituti scolastici – servono sia il vostro Paese che la Chiesa. Per questo vi esprimo la mia profonda gratitudine.

A proposito dei membri delle Facoltà nei Collegi universitari cattolici, desidero riaffermare il grande valore della libertà accademica. In virtù di questa libertà voi siete chiamati a cercare la verità ovunque l’attenta analisi dell’evidenza vi conduce. Tuttavia è anche il caso di ricordare che ogni appello al principio della libertà accademica per giustificare posizioni che contraddicono la fede e l’insegnamento della Chiesa ostacolerebbe o addirittura tradirebbe l’identità e la missione dell’Università, una missione che sta al cuore del munus docendi della Chiesa e non è in qualche modo autonoma o indipendente da essa.

Insegnanti ed amministratori, sia nelle Università che nelle Scuole, hanno il dovere e il privilegio di assicurare che gli studenti ricevano un’istruzione nella dottrina e nella pratica cattolica. Questo richiede che la testimonianza pubblica al modo d’essere di Cristo, come risulta dal Vangelo ed è proposto dal Magistero della Chiesa, modelli ogni aspetto della vita istituzionale sia all’interno che all’esterno delle aule scolastiche. Prendere la distanza da questa visione indebolisce l’identità cattolica e, lungi dal far avanzare la libertà, inevitabilmente conduce alla confusione sia morale che intellettuale e spirituale.

Desidero anche esprimere una particolare parola di incoraggiamento agli insegnanti di catechesi sia laici che religiosi, i quali si battono per assicurare che i giovani diventino quotidianamente più capaci di apprezzare il dono della fede. L’educazione religiosa è uno stimolante apostolato e ci sono molti segni di un desiderio tra i giovani di conoscere meglio la fede e di praticarla con determinazione. Se si vuole che questo risveglio cresca, è necessario che gli insegnanti abbiano una chiara e precisa comprensione della specifica natura e del ruolo dell’educazione cattolica. Essi devono anche essere pronti a guidare l’impegno posto dall’intera comunità scolastica nell’assistere i nostri giovani e le loro famiglie a sperimentare l’armonia tra fede, vita e cultura.

Qui desidero rivolgere uno speciale appello ai religiosi, alle religiose ed ai sacerdoti: non abbandonate l’apostolato scolastico; anzi, rinnovate la vostra dedizione alle scuole, specialmente a quelle che sono nelle aree più povere. Nei luoghi dove vi sono molte fallaci promesse che attraggono i giovani lontano dal sentiero della verità e della genuina libertà, la testimonianza dei consigli evangelici resa dalla persona consacrata è un dono insostituibile. Incoraggio i religiosi presenti a porre rinnovato entusiasmo nella promozione delle vocazioni. Sappiate che la vostra testimonianza in favore dell’ideale della consacrazione e della missione in mezzo ai giovani è una sorgente di grande ispirazione nella fede per loro e per le loro famiglie.

A voi tutti io dico: siate testimoni di speranza! Alimentate la vostra testimonianza con la preghiera. Rendete conto della speranza che caratterizza le vostre vite (cfr 1 Pt 3,15), vivendo la verità che voi proponete ai vostri studenti. Aiutateli a conoscere e ad amare quell’Uno che avete incontrato, la cui verità e bontà voi avete sperimentato con gioia. Con sant’Agostino diciamo: “Noi che parliamo e voi che ascoltate riconosciamoci come fedeli discepoli di un unico Maestro” (Serm., 23,2). Con questi sentimenti di comunione volentieri imparto a voi, ai vostri colleghi e studenti ed alle vostre famiglie l’Apostolica Benedizione. 

papa Benedetto XVI

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