Qui sulla terra siamo condannati a fare esperienza gli uni degli altri esclusivamente grazie alla intermediazione offerta dai cinque sensi: su Pandora, invece, è possibile superare ogni intermediazione e immergersi l'uno nell'altro, fondersi in un unico essere.
del 01 febbraio 2010
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             Reduce dalla visione di Avatar, l’ultimo lungometraggio di J. Cameron, esco a passi lenti della sala 8 del Warner Village di Parco dei Medici. Come tutte le persone che mi camminino accanto sono frastornato dallo spettacolo multicolore di Pandora, divertito dall’azione fitta fitta, ammirato per la capacità del regista di infilare tante tematiche così attuali dentro una storia credibile: ecologia, realtà virtuale, nuovo panteismo, antimperialismo e antimilitarismo.
              Ma la cosa che più ha colpito la mia immaginazione – l’unica vera idea nuova del film, direi – è l’appendice biologica di cui sono muniti tutti gli esseri, animali è vegetali, che popolano il pianeta in cui è ambientato Avatar. I Na’vi in particolare (umanoidi azzurri) , hanno una sorta di polipetto il quale può intrecciarsi con i polipetti delle altre creature dando vita ad una stretta unione psichica/mentale. Immaginate di avere lunghi capelli intrecciati (su Pandora non esistono i calvi) e di avere all’estremità della treccia un polipetto variopinto che – intrecciandosi con il polipetto di un’altra persona - vi consente di abbattere il muro che vi separa ed entrare in connessione diretta!
              Qui sulla terra siamo condannati a fare esperienza gli uni degli altri esclusivamente grazie alla intermediazione offerta dai cinque sensi: vista, olfatto , tatto, udito e gusto sono tutto ciò che abbiamo. Su Pandora, invece, è possibile superare ogni intermediazione e immergersi l’uno nell’altro, fondersi in un unico essere. Immaginate di farlo con la persona di cui siete innamorati, per esempio… bello vero! Bello?
              Provo sul serio a rappresentarmi mentre faccio una cosa del genere con mia moglie, mentre stringo la mia codina alla sua e ficco il naso nella sua scatola cranica: orrore. Mi vengono i brividi. Il nostro amore ne verrebbe ucciso. Stritolato. Perché ha bisogno di spazio in cui muoversi, di spazio in cui esercitare la fiducia e la fantasia. Di uno spazio di mistero per continuare a sorprendere e sorprendersi.
              Vorrei avere il polipetto? Col cavolo! Ma ringrazio comunque l’immaginazione di Cameron perché mi ha ricordato quanto io sia fortunato ad essere un semplice umano.
Maurizio Cotrona
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