A questi giovani dico: voi siete una minoranza, ma una minoranza qualificata, capace di guidare e di trascinare altri. L'avvenire è sempre stato di minoranze forti, non di masse passive attratte solo dal gusto di ciò che piace. Questi giovani vanno aiutati, sostenuti, incoraggiati...
del 26 dicembre 2009
Natale è avvertito da molti come il tempo dei buoni sentimenti. Si stemperano le tensioni e l’animo sembra incline a guardare la realtà di oggi e di domani con occhi più benevoli.
E tuttavia molti non riescono, neppure in questi giorni, a riconoscere che possono esistere motivi di fiducia. È vero che i Vangeli, in alcuni passi, non ci fanno intravedere un futuro dell’umanità caratterizzato dalla fede e dall’amore.
Piuttosto ci mettono di fronte a prospettive di crescente decadenza morale e spirituale. Una parola misteriosa di Gesù, tramandataci dal Vangelo di Luca (18,8), ci scuote e ci fa tremare: «Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?». A questo interrogativo, che certo non lascia molto adito alla speranza, si aggiungono frasi come questa: «Per il dilagare dell’iniquità, l’amore di molti si raffredderà» (Mt 24,12).
Ma vi sono tanti di noi che non aspettano soltanto questi ultimi tempi per vedere la decadenza della fede, perché ritengono di riconoscerla presente già nei nostri giorni, a cominciare dalla decadenza dei giovani. C’è un modo di parlare di essi che ci appare senza speranza e senza remissione: i giovani sono abulici, indifferenti, svogliati, viziosi, dediti solo al divertimento, alle sostanze eccitanti o all’alcol.
Non è questa l’impressione che io ho dei giovani di oggi. Anzitutto non uso volentieri la categoria «giovani», categoria puramente biologica, che non dice di per sé nulla sulla realtà di queste persone. Preferisco guardarli più da vicino. Allora mi sembra di riconoscere tre tipi di giovani: quelli alla deriva, i giovani che pensano e i giovani che decidono.
La prima categoria è composta da coloro che si lasciano trascinare dalla massa e da qualunque proposta di successo o di godimento. Rimangono passivi. Per questi giovani, finché restano in tale situazione, sembra non vi sia altro da fare se non cercare di scuoterli dal loro torpore.
Una seconda categoria è costituita invece dai giovani pensosi. Sono quelli che si pongono delle domande, che hanno un’inquietudine nel cuore, che cercano qualche cosa. Sono molti di più di quanti noi immaginiamo. Avendo ricevuto ormai da tanti anni moltissime lettere dai giovani, vedo che parecchi di loro si presentano come spensierati e gaudenti, ma nella realtà sono pensierosi e preoccupati, vivono forti momenti di angoscia. Dopo una serata di divertimento in cui magari hanno brillato per la loro capacità di far divertire il gruppo, ritornano a casa nelle prime ore del mattino chiedendosi: che senso ha la mia vita? Io che ci sto a fare qui? Questi sono giovani che hanno bisogno di una mano amica, di chi li sappia comprendere, di chi sia disponibile a entrare in dialogo con loro. Sono giovani che guardano agli adulti con molta attenzione. A seconda della testimonianza che ricevono e degli esempi che vedono, possono acquistare fiducia e coraggio oppure cadere nel pessimismo.
C’è poi una terza categoria, quella dei giovani decisi. Ne ho conosciuti molti. Non sono necessariamente credenti, alcuni di loro non frequentano molto la chiesa. Ma hanno nel cuore dei valori forti e sanno sacrificarsi per essi. Sono i giovani che troviamo nelle varie iniziative di volontariato, che si decidono presto per una vita di dedizione agli altri. Sono giovani che, secondo la felice espressione di Benedetto XVI, hanno saputo «osare l’amore». Il Papa li invita a non desiderare «niente di meno per la vostra vita che un amore forte e bello, capace di rendere l’esistenza intera una gioiosa realizzazione del dono di voi stessi a Dio e ai fratelli» (Giornata mondiale della gioventù 2007).
A questi giovani dico: voi siete una minoranza, ma una minoranza qualificata, capace di guidare e di trascinare altri. L’avvenire è sempre stato di minoranze forti, non di masse passive attratte solo dal gusto di ciò che piace. Questi giovani vanno aiutati, sostenuti, incoraggiati. Con loro si può guardare avanti, ma a condizione che si lasci loro il giusto spazio, sia di azione che di parola, e che siano riconosciuti come veri protagonisti del nostro vivere sociale.
I grandi valori entrano nell’insieme della personalità attraverso il cuore, la mente e le mani. Attraverso il cuore quando si parla al loro anelito di qualcosa di più grande. Attraverso la mente quando vengono a contatto con le convinzioni profonde nella ricerca sul trascendente. Ma valori veri si trasmettono anche con le mani: ciò avviene quando questi giovani accettano di sacrificarsi per gli altri.
Essi danno grande speranza, e si oppongono al declino della Chiesa e della società. Il Natale ci riporta a questa fiducia in ciò che è nuovo, in ciò che viene ora nel mondo. Facciamo sì che questa fiducia sia condivisa da molti.
 
card. Carlo Maria Martini
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