Il sacerdote è la vera grazia di una comunità

Il prete non è scindibile da Cristo. È in Lui, per Lui, con Lui. Ogni sacerdote è una grazia del cielo...

Il sacerdote è la vera grazia di una comunità

del 02 agosto 2017

Il prete non è scindibile da Cristo. È in Lui, per Lui, con Lui. Ogni sacerdote è una grazia del cielo...

 

La domenica del buon pastore, grazie al pontefice Paolo VI, è divenuta una giornata particolare di preghiera per le vocazioni, affinché aumentino gli operai nella vigna del Signore. Il Figlio dell’Uomo ha lasciato due precise intenzioni di preghiera. La prima è espressamente un invito a Dio Padre, perché non lasci senza guida il suo gregge, ovunque esso si trovi.  Gesù dice infatti ai suoi discepoli: “La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe” (Lc. cap. 10).

La seconda intenzione di preghiera si riferisce alle tentazioni: “Pregate per non entrare in tentazione” (Lc. Cap. 22). Non a caso il demonio è sempre pronto a mettere il suo zampino nella vita di ognuno per cambiare a suo favore le carte in tavola. Solo la preghiera continua è l’antidoto capace di respingere ogni intrusione del male. Anche in questo caso grande è il sostegno che può offrire un sacerdote, consentendo al fedele di indirizzare la sua mente e il suo cuore verso lidi sicuri e tutelati dal Signore.

La Chiesa ha perciò bisogno di molti operai, perché ogni uomo non può vivere in santità senza il loro ministero, capace di perdonare i peccati, di donare l’eucaristia, comunicare il vangelo. Ogni sacerdote è una grazia del cielo. Affidarsi a lui e al suo discernimento significa ben avviare il proprio cammino verso una salvezza sicura, prima e dopo la dipartita dal mondo terreno. Gli esseri umani hanno bisogno di Dio, ma non di una presenza qualsiasi relativa ai propri momentanei bisogni, ma di una verità eterna, certa, come la storia ci ha svelato attraverso la missione di Cristo Gesù.

Cercare Cristo non è un fatto elitario, così come non lo è avere un maestro spirituale. Incamminarsi verso la Sua Parola, accompagnati da un suo ministro consacrato, è un atto di salvezza per tutti e non solo. Chiunque deve questa direzione non solo a sé stesso, ma anche a che gli sta vicino; a chi amministra; a chi prepara le fondamenta economiche, politiche e sociali di una comunità; a chi incontra; a chi si relaziona per qualsiasi motivo. L’altro può salvarsi o rovinarsi se manca o meno la connessione con il cielo in quello che si realizza privatamente o pubblicamente.

Solo il prete è comunque colui che consegna a chi lo richiede il vero Dio, non altri. Una visione questa capace di abbattere direttamente anche eventuali criticità di natura personale o pubblica. Le simpatie, le antipatie, i pettegolezzi, le condanne rionali, le supposizioni logiche e illogiche, ecc. cadono tutte dinnanzi alla volontà del singolo ad accostarsi alla eucaristia, alla confessione e all’annuncio della Parola. Il Signore non lascia mai soli coloro che in buona fede hanno chiesto il necessario nutrimento per il loro cammino. Poco conto a quale prete uno si sia rivolto. Non c’è una graduatoria da scorrere.

Ognuno risponde direttamente al Creatore. Nessuno dinnanzi ad un ipotetico consiglio sbagliato, ricevuto da un religioso a cui si è rivolti, deve temere un qualche disastroso epilogo. Al contrario è colui che ha rotto il rapporto con la sacralità del suo ministero che dovrà regolare la sua anima con il cielo. Il cuore puro sarà tutelato dall’alto, sempre e ovunque. L’ispiratrice del Movimento Apostolico, così come hanno fatto e fanno tante altre figure illuminate della cristianità, ha sempre affermato che senza sacerdoti non si va da nessuna parte, perché si è senza il vero Dio. Non è una provocazione, né una esclamazione “parziale”.

Certo la società attuale non aiuta a comprendere il valore di questa affermazione, ma non per questo la stessa debba perdere la sua verità. Ad ognuno liberamente la scelta di farla propria o meno. La dissacrazione a cui si assiste oggi, non è però segno di progresso o di civiltà, ma di abbruttimento interiore. Le conseguenze prima o poi si pagheranno tutte. Dove manca il prete, al di là di eventuali posizioni personali e collettive, manca la luce della Parola e chiunque è di riflesso spinto a costruirsi una sua religione. Consacrarsi a Dio non è in alcun modo una funzione lavorativa qualsiasi.

È un miracolo che si compie e si rinnova di continuo ad ogni sì ad una chiamata ricevuta. Una certezza in più per la redenzione del mondo. Non capirlo significa ritardarla, negarla a chi la sta cercando. Cristo nella giornata del buon Pastore rappresenta la porta dell’ovile, dove risiedono le sue pecore. Chi entra o esce da questa porta sa dove arriva e sa dove deve andare. Evitare questo varco significa cambiare direzione, compromettendo il presente e il futuro in ogni sua prospettiva. Il prete perciò, a cui affidare il suo gregge, è essenziale per il Signore.

Leggiamo in Geremia 3,15: “Vi darò pastori secondo il mio cuore, che vi guideranno con scienza e intelligenza”. E in Ezechiele, 34, 11: “Perché dice il Signore Dio: Ecco, io stesso cercherò le mie pecore e ne avrò cura”. È Cristo per noi tutti il pastore disceso dal cielo per guidare il suo popolo. Il prete non è scindibile da Cristo. È in Lui, per Lui, con Lui.

 

Egidio Chiarella

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