Il progetto dell'atleta modenese diventa un docu-film per raccontare lo sport per disabili da una nuova prospettiva. “Lo sport è uguale per tutti”...
Nel 2008 aveva espresso un desiderio, nel 2009 è diventato realtà. Nel 2014, quel desiderio è primo in classifica. Il suo nome è Sen Martin, squadra di wheelchair hockey di Modena che milita nel campionato di A2. Il suo fondatore è Lorenzo Vandelli, originario di Spilamberto, da 20 anni su una sedia a ruote perché affetto da distrofia muscolare. Le loro due storie, dalle radici intrecciate, sono diventate un docu-film, “Lo sport è uguale per tutti”, presentato ieri sera in anteprima alla polisportiva Modena Est.
Il Sen Martin (www.senmartin.it) in 5 anni ha registrato fortune alterne, ma quest’anno potrebbe essere la volta buona: “Per la prima volta nella nostra storia siamo primi in classifica alla fine del girone d’andata: il 23 marzo sfida secca in casa con il Bolzano per il primato assoluto. Ma dei risultati, a noi, non è mai importato molto. Certo, le vittorie fanno bene allo spirito, ma quello che a noi importa è stare insieme e divertirci”, racconta Lorenzo Randelli, per gli amici Lorenz, capitano della squadra. E proprio questo atteggiamento è il filo conduttore del film: “Un approccio alternativo alla disabilità: di solito se ne parla solo per dire: ‘Poverini, non ce la possono fare’, oppure in casi eccezionali, magari in vista delle Paralimpiadi. Ma in mezzo ci sono tantissime vite, storie di disabili che nello sport trovano uno stimolo per andare avanti”.
Per la realizzazione di “Lo sport è uguale per tutti”, Lorenz ha coinvolto un amico, Nicola Gennari, giovane fotografo e videomaker, che si è occupato sia della parte organizzativa, sia di quella tecnica: “Il docu-film sarà trasmesso nelle scuole, perché i ragazzi capiscano sin da subito cosa possono dare i coetanei disabili. Perché se le cose le racconti in modo un po’ speciale, si vince la resistenza delle persone”.
La squadra di wheelchair hockey “Sen Martin” in azione con Lorenzo Vandelli
A oggi, il Sen Martin conta 15 atleti affetti da distrofia muscolare, Sla, Sma, tetraparesi spastica: la più piccola ha 11 anni, il più vecchio – dopo la scomparsa a 61 anni, lo scorso anno, del veterano – è Lorenz, con le sue 40 primavere: “Prima giocavo nei Rangers di Bologna e volevo vincere: da quando ho messo in piedi la squadra a Modena, l’agonismo è passato in secondo piano. La cosa che mi importa di più è portare fuori dalle case o dagli ospedali ragazzi disabili come me”. Secondo Lorenz, sono i familiari a giovare maggiormente del progetto, anche più dei figli: vivendo isolati dal resto del mondo, il Sen Martin è un’ottima spinta a mettere il naso fuori casa: “Io ancora sono indipendente, ma alcuni di noi riescono solo a muovere un dito, il minimo necessario per il pallino del joystick. Così, la squadra è una valvola di sfogo anche per loro, che si possono confrontare con altri genitori nelle stesse condizioni”.
Quali obiettivi, adesso, per la squadra? “Stiamo a vedere come andrà questo campionato ma, anche in caso di promozione, rinunceremmo. Già ora che in trasferta ci spostiamo nel nord Italia, non è sempre facile. Andare in giro a livello nazionale ci costringerebbe a lasciare a casa chi di noi è in condizioni molto gravi. E non lo faremmo, perché non è quello il nostro spirito”. E quali obiettivi, invece, per Lorenzo?: “Continuerò a raccontare la mia storia e quella della squadra: non mi sono mai vergognato della mia condizione, ci ho sempre messo la faccia. Finché i disabili continueranno a nascondersi, la gente penserà che i disabili non esistano”.
Il trailer del docu-film si chiude con un’immagine forte: Lorenzo, sulla sua sedia a ruote, mette a confronto i primi 20 anni della sua vita, quelli vissuti da ‘normale’ e gli ultimi 20, da disabile: “Questi sono quelli che mi hanno dato più soddisfazione”. Possibile? “Prima tiravo a campare, come fanno tanti ragazzi a 20 anni. Oggi, cerco di godermi ogni momento quanto più a fondo possibile, perché non so se domani sarò ancora in grado di compiere quel gesto o di fare quel movimento”.
Ambra Notari
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