Eppure il Natale cui ci prepariamo dovrebbe ricordarci sia il dono per eccellenza che è ogni vita nuova che nasce, sia il dono inaudito che Dio ha fatto all'umanità e alla creazione intera con la venuta nella carne di Gesù, vero Dio e vero uomo.
del 21 dicembre 2009
 
Assaliti dall’ansia del regalo, nel mese di dicembre sembriamo ormai smarrire il legame con l’Avvento e, con esso, anche l’autentica dimensione umana e cristiana del dono. Sommersi dai doni da fare o da ricevere, abbiamo perso il senso della gratuità, non riusciamo più a vederla come ricchezza nelle nostre vite e nelle nostre relazioni, convinti di essere noi gli unici protagonisti di ogni cosa, coloro che determinano l’evolversi delle vicende e delle società.
 
Eppure il Natale cui ci prepariamo dovrebbe ricordarci sia il dono per eccellenza che è ogni vita nuova che nasce, sia il dono inaudito che Dio ha fatto all’umanità e alla creazione intera con la venuta nella carne di Gesù, vero Dio e vero uomo.
Come la vita, infatti, il dono è qualcosa che ci precede, che esula dai diritti-doveri, che non può mai essere pienamente ricambiato, che nasce da energie liberate e origina a sua volta capacità inattese. La gratuità non è tale solo perché non comporta un prezzo, ma più ancora perché suscita gratitudine e, più in profondità ancora, perché sgorga da un cuore a sua volta grato per quanto già ha ricevuto.
Nel dono autentico non si riesce mai a tracciare un confine certo e invalicabile tra chi dà e chi riceve: non perché vi sia il calcolo di chi pesa il contraccambio, ma perché, come dice Gesù, “c’è più gioia nel dare che nel ricevere” (Atti 20,35). Chi dona, infatti, gode a sua volta della gioia che suscita in chi riceve. D’altronde, il fondamento dell’amore è la rinuncia alla reciprocità e alla sicurezza che ne deriva: occorre indirizzare l’amore verso l’altro senza essere sicuri che l’altro ricambierà.
E non dovremmo pensare al dono solo come a una possibile forma di scambio tra le persone: riscoprire la gratuità come istanza anche sociale costituisce un’esperienza liberante e arricchente per ogni tipo di convivenza. Lo ricorda con parole forti Benedetto XVI nell’enciclica Caritas in veritate: “La gratuità è presente nella vita dell’uomo in molteplici forme, spesso non riconosciute a causa di una visione solo produttivistica e utilitaristica dell’esistenza... Lo sviluppo economico, sociale e politico ha bisogno, se vuole essere autenticamente umano, di fare spazio al principio di gratuità come espressione di fraternità”.
Forse il tempo del Natale e la maggiore sensibilità alla dimensione del dono che questa festa suscita potrebbe aiutarci proprio in due percorsi di approfondimento del senso delle nostre vite. A livello personale e relazionale, possiamo riscoprire la libertà profonda che il donare richiede e la gioia che suscita sia in colui che dona che in colui che riceve.A livello sociale, ci è dato di prendere coscienza di come, anche nell’ottica mercantile ormai dominante, si possano concretamente immettere istanze di gratuita fraternità: la solidarietà umana, uno stile di vita più sobrio ed essenziale, una ritrovata dimensione di fratellanza universale non sono alternative alle ferree leggi economiche o all’esercizio della giustizia, ma sono anzi correttivi preziosi per una più equa distribuzione di quei doni naturali che sono intrinsecamente destinati a tutti.
Come cristiani testimonieremo così l’unicità del Signore di cui celebriamo la venuta nella carne e attendiamo il ritorno nella gloria: un dono sceso dall’alto che non ha cercato né atteso il nostro contraccambio per portare a tutti le ricchezze della sua grazia, il volto divino della gratuità.
Senza il concetto di dono e di dono gratuito non sarebbe possibile un parlare cristiano perché, non lo si dimentichi, nel cristianesimo persino l’alleanza, che di per sé è bilaterale, è diventata alleanza unilaterale di Dio offerta all’uomo nella gratuità.
 
Enzo Bianchi
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