...morire dalla voglia di vivere! È questa l'altra faccia della medaglia, quella che alimenta chi è riuscito a dare un senso alla propria esistenza. Chi, dalla morte è passato alla vita. La vita di Stefano vale più di tutti i nostri possibili ragionamenti. Ed è questa che vogliamo lasciar parlare.
del 12 dicembre 2002
«Non era la dipendenza dalla droga che mi teneva lì. Era invece la mancanza di voglia di cambiare. Rubare, stare in giro, drogarmi: mi sembrava di essere grande; ma con quella voce dentro: 'Tu che pensi di essere il grande non hai il coraggio di essere te stesso'. Sono arrivato al punto di sentirmi costretto a entrare in comunità terapeutica. I responsabili della comunità mi hanno fatto capire chi era Stefano, che poi sono io. Ma io ero agitato, inquieto. Non ero capace di stare in piedi se non drogato e bevuto. Gli operatori mi hanno proposto di leggere il Vangelo. Mi sono messo davanti a Gesù e ho fatto la scoperta più bella. Era il tipo che cercavo. Ho letto il Vangelo come una fiaba, però più mi inoltravo dentro, più mi accorgevo che queste cose Lui le viveva e vivendole davano anche a me davvero la gioia, stavo proprio bene! Lui mi ha fatto capire che la vita è ancora bella e che avevo bisogno di qualcosa che non finisse mai: l’ho trovato, era l’amore. La gioia mi avvolgeva, ma in questa gioia c’è stata un’altra crisi. Lasciando Milano, mi sono portato dietro un compagno di viaggio: il virus dell’AIDS. Per anni era rimasto in disparte. Poi è apparso con violenza. Allora la crisi: di AIDS si muore. Perché ora che avevo scoperto la bellezza della vita dovevo morire?! Da una parte mi dicevo: 'Mi ricostruisco la vita, mi cerco un lavoro'. Ma lui, l’AIDS diceva: 'Quale lavoro? Malato come sei, chi ti dà lavoro?!'. Mi cerco casa. Ma lui, l’AIDS diceva: 'Abitare da solo? Ma quando starai male?'. Di nuovo: io non potevo essere come gli altri. Una ragazza: 'Ma con quale coraggio chiedi a una ragazza di amarti; quale diritto hai tu di mettere a rischio la sua vita? Dove prendi la forza di soffrire al pensiero di fare soffrire un’altra?'. E allora mi sono detto: 'Meglio divertirsi', e mi sono lasciato andare ad ogni tipo di soddisfazione. Ma mentre provavo piacere non ero soddisfatto. Mi era tornato in mente Gesù e mi sono detto: 'Quel Gesù che ti ha salvato la prima volta non può salvarti anche ora?'. Mentre cercavo la risposta al 'perché morire?', ho scoperto la risposta al 'perché vivere'! Sono entrato in crisi positiva; ho scoperto che siamo una parola irripetibile di Dio: ognuno ha doni che nessun altro ha; AIDS, malattia, prendevano un altro volto; dovevo dare solo quello che solo io avrei potuto dare; quello che avrei detto io, nessun altro l’avrebbe potuto dire. Ho scoperto che attraverso questa malattia mi salvavo. È stato importante, mi ha chiamato. Mentre mi chiedevo i motivi perché dovevo morire, ho capito i motivi per cui dovevo vivere. C’è qualcosa d’altro, il senso della vita è amare! La vita è ripresa e continua. Ero ridotto a otto anticorpi; mi dicevo: 'Non posso fare neanche una squadra di calcio'. Ora ne ho tanti da fare un campionato.»
Stefano, tratto da Trasgredite! Di D. Benzi
Silvia Castagnoli, Elisabetta Prete
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