Il sistema di Don Bosco contro il materialismo.

Il Rettor Maggiore dei Salesiani, don Pascual Chàvez ha usato parole forti, denunciando come tragica l'emergenza educativa dove ai giovani viene negato lo stesso diritto a vivere.

Il sistema di Don Bosco contro il materialismo.

da Don Bosco

del 20 gennaio 2009

Stavo iniziando l’articolo sul Convegno Internazionale dei Salesiani, tenuto a Roma dal 2 al 6 gennaio, sul ” Sistema preventivo e diritti umani”, quando è entrato un mio educatore con l’ultima sparata dei nostri fratelli “atei”, pubblicata da un giornale ad alta tiratura nazionale: «Dio non esiste. L’ateismo sui bus a Genova».

Sono davvero alla frutta se sentono il bisogno di promuovere una campagna autofinanziata per combattere questo Dio, che sembra avere ancora troppa gente che crede in Lui: cristiani, musulmani, ebrei, tanto per citare le religioni monoteiste.

Liberi di organizzarla, ma come educatore, di fronte all’emergenza educativa, sento che Dio rimane ancora una carta valida da giocare per capire i ragazzi, rispondere alle loro esigenze.

 

Trovo sempre molto efficace il principio dell’Incarnazione, del quale il Figlio di Dio ci ha dato l’esempio: se ami una persona, un popolo, se lo vuoi capire, devi metterti nei loro panni, devi essere disposto a pagare il prezzo dell’incarnazione. Se il seme non muore, non dà frutto ma per morire, occorre una grande carica d’amore.

Si può amare, anche senza credere in Dio, trovo comunque molto difficile essere fedeli al povero, al ragazzo bisognoso, alla donna sfruttata, senza la Fede, che invita a seminare anche quando i risultati non vengono e non si hanno gratificazioni immediate all’immenso lavoro che esige l’educare.

 

Gli stessi diritti dei minori difficilmente sono salvaguardati, dove si esclude Dio. I Salesiani nel loro Convegno internazionale hanno tratto conclusioni di speranza rifacendosi a Don Bosco, al suo metodo educativo fondato sulla ragione, sull’educare che è “cosa del cuore” e sul rapporto con Dio.

Esso ha raggiunto risultati positivi nei 130 Paesi del mondo, dall’Europa all’Asia, all’Africa, alle Americhe, all’Australia, dove lavorano, spesso in minoranza, tra giovani che non sono cristiani, che professano altre religioni e sono, nella loro società, oggetto di discriminazione, messi al margine, esclusi.

 

Nel suo intervento di apertura il Rettor Maggiore dei Salesiani, don Pascual Chàvez ha usato parole forti, denunciando come tragica l’emergenza educativa dove ai giovani viene negato lo stesso diritto a vivere: immense masse di bambini e di adolescenti muoiono di fame in Asia o in Africa, sono venduti o sfruttati sessualmente, sono rapiti per combattere in guerre assurde…

«E’ noto che gli interessi economici fissano le priorità della società materialista e che la pubblicità, l’incitamento al consumo, è la bacchetta magica usata dall’insaziabile avidità delle multinazionali. Solo le società aggressive e competitive sussistono e questo stile è entrato anche negli enti e nelle associazione educative».

 

Che fare? Davanti a tale emergenza, i Salesiani, si presentano come «portatori di un carisma pedagogico attuale e necessario più che mai: il sistema preventivo di Don Bosco… che previene il male attraverso la fiducia nel bene, che esiste nel cuore di ogni giovane, sviluppa le sue potenzialità con perseveranza e con pazienza, costruisce l’identità personale di ciascuno».

 

«Questa proposta educativa diventa un vero cammino di evangelizzazione e conduce i giovani a sperimentare la gioia della vita cristiana fino alla meta della santità» e vuole essere una risposta integrale ai bisogni e alle attese dei giovani, offrendo loro una casa per accoglierli e sperimentare il calore della famiglia, di cui molti sono privi; procurando uno spazio, “il cortile”, dove esprimere le loro energie di vita, la loro voglia di felicità e di amicizia.

Preoccupandosi della loro formazione culturale e della preparazione al lavoro, che permette di guardare al futuro con fiducia, con l’inserimento responsabile nella società; proponendo una formazione cristiana e una esperienza di fede adeguata, che rende attraente e significativa la vita cristiana.

don Vittorio Chiari

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