La collaborazione tra il Collegio San Giuseppe di Roma, ha permesso l'integrazione tra disabili e giovani normodotati, uniti dalla passione per la recitazione. La vera soddisfazione, tuttavia, non risiede tanto nel risultato finale quanto in quello che si è appreso mentre si collaborava per concretizzarlo: l'incredibile esperienza che si fa nel conoscersi l'un l'altro.
del 13 gennaio 2011
           Li chiamavano «disabili». Oggi si preferisce parlare di «diversamente abili», non si sa bene se per una forma di rispetto nei confronti degli interessati o piuttosto come un espediente per rimuovere dalle coscienze collettive le difficoltà e le sofferenze di chi si confronta ogni giorno non solo con i propri problemi ma anche con l’ignoranza e l’indifferenza dei propri concittadini.             Passeggiando per le strade delle città italiane, non è difficile notare gli appositi accessi ai marciapiedi per le sedie a rotelle ostruiti da veicoli in sosta. Allo stesso tempo si apprende frequentemente di abusi o ingiustizie perpetrate nei loro confronti nei modi più assurdi e inumani possibili: a volte tramite ostacoli fisici, altre volte a causa della burocrazia, altre ancora, più banalmente, come conseguenza dell’insensibilità della gente.          Fortunatamente, nonostante i numerosi esempi di inciviltà a cui spesso si assiste, vi sono anche tante testimonianze di vita che inducono alla speranza. È il caso, ad esempio, della proficua collaborazione che da qualche anno vede coinvolti il Collegio San Giuseppe - Istituto De Merode, storica scuola capitolina, e l’Istituto Leonarda Vaccari, centro per la riabilitazione psico-fisica e per l’integrazione didattica e sociale dei disabili. Questi ultimi, con l’aiuto di giovani demerodiani, vengono messi nelle condizioni di realizzare veri e propri spettacoli teatrali, ognuno secondo le proprie possibilità.
          Alcuni ragazzi imparano a recitare, altri si occupano della scenografia, altri ancora dei costumi: tutti - disabili e non - apprendono l’importanza della cooperazione e crescono umanamente insieme.
          Tanti gli spettacoli allestiti nel corso di questi anni: da Nando Meliconi (2004) a Pinocchio (2005), da I love the Blues Brothers (2006) a L’isola di Peter Pan (2007), da Il re leone (2008) a La sirenetta (2009), per arrivare a Shrek (2010), il simpatico orco verde dal cuore d’oro.
          Queste riduzioni teatrali – una più bella dell’altra - rappresentano efficacemente la passione con cui demerodiani e vaccariani vivono l’esperienza comune della recitazione. Insieme, con il costante supporto degli educatori dei rispettivi istituti, hanno sempre curato ogni più piccolo dettaglio affinché lo spettacolo risultasse di grande qualità e fino ad oggi il successo non è mai mancato.
          La vera soddisfazione, tuttavia, non risiede tanto nel risultato finale quanto in quello che si è appreso mentre si collaborava per concretizzarlo: l’incredibile esperienza che si fa nel conoscersi l’un l’altro.
          Come nota Frère Alessandro Cacciotti, organizzatore e regista degli spettacoli teatrali dell’Istituto De Merode, “è più quello che ricevono i nostri ragazzi, andando all’Istituto Vaccari per i preparativi, di quello che danno, perché lì tu vedi davvero gente che soffre ma che, nonostante tutto, riesce a divertirsi. E allora certe problematiche, che spesso gli adolescenti hanno in testa, vengono subito ridimensionate. Dai il giusto valore ai tuoi piccoli problemi che ti sembrano così grandi e dai grande valore, invece, ad altre cose: la solidarietà, il rapporto umano”.
          Effettivamente, rapportarsi agli altri - specialmente quando si tratta di persone bisognose di aiuto - è un modo per conoscere meglio anche se stessi e imparare a guardare con occhi diversi il mondo circostante. Presi dal ritmo frenetico della vita moderna, è facile dimenticarsi del dono prezioso che essa rappresenta: sia quando si goda di ottima salute, sia quando, per diverse ragioni, si debba confrontare dolore fisico o sofferenza morale. Il confronto tra normodotati e disabili è un’esperienza di solidarietà e di cooperazione che favorisce l’amicizia e la crescita reciproca ad ogni età.
          L’incontro tra i ragazzi e le ragazze del De Merode e gli ospiti dell’Istituto Vaccari si è rivelato nel corso degli anni “un’esperienza veramente grandiosa”, commenta Frère Alessandro, “una delle cose più belle che abbiamo mai fatto”, soprattutto “perché ti dà veramente la sensazione di fare qualcosa di utile per gli altri”. I giovani, conciliando i loro studi liceali con la preparazione degli spettacoli teatrali, non solo apprendono l’arte della recitazione o delle tecniche audiovisive - cosa che avviene in qualsiasi laboratorio teatrale - ma anche ad offrire il loro aiuto a chi ne ha più bisogno.
          Allo stesso modo i disabili hanno l’occasione per dimenticare momentaneamente le loro sofferenze e imparare, a piccoli passi, ad interagire con tutti: l’entusiasmo col quale ogni anno si cimentano nel teatro - nonostante le gravi difficoltà da cui sono afflitti - è encomiabile.
          Ricorda infatti Frère Alessandro che “in palcoscenico dobbiamo fare in modo che l’integrazione sia tale che non si veda la differenza tra normodotato e disabile. Ma una simile armonia riesce solo se riusciamo veramente ad essere un gruppo unico. Questo è un obiettivo non sempre facile da realizzare, però delle volte basta un gesto, basta una mano messa su una spalla per dire «noi siamo in comunicazione». Non puoi rapportarti alla carrozzina come se fosse un carrettino che posi là da una parte: tu devi stare sempre al loro fianco, devi parlare sempre con loro”.
          Così, accanto alle comuni difficoltà legate alla preparazione di qualsiasi spettacolo, se ne aggiungono di ulteriori: “molti non vedono bene, ad altri trema tutta la mano e non possono leggere. Allora va tutto imparato a memoria e tu devi metterti lì con pazienza a ripetere. Qualcuno si confonde, non si capisce bene quello che dice e allora piano piano ci si mette lì a ripassare la parte”. Ma sono sforzi ben spesi: gli ospiti dell’Istituto Vaccari “sono generosissimi nell’affettività e nel ricambiare” e spesso nascono delle vere e proprie amicizie, che accompagnano i giovani e i disabili per il resto della loro vita.
          “Una cosa importantissima che dico sempre è che all’Istituto Vaccari non esistono «carrozzine», esistono «persone»”, ribadisce Frère Alessandro. Questo bisognerebbe non scordarlo mai. Non è negli eufemismi - nello scegliere tra «disabile» e «diversamente abile» - che si manifesta la propria solidarietà nei confronti degli altri ma nel trattare ciascuno con il medesimo rispetto e generosità dovuti a ogni singolo essere umano. L’esempio del Collegio San Giuseppe - Istituto De Merode e dell’Istituto Leonarda Vaccari, così come quello offerto sicuramente da tante altre esperienze simili, dovrebbe essere imitato - o meglio ancora emulato - da tutti, ognuno secondo quello che può.
          Non si può scegliere se essere disabili o meno ma senz’altro si può scegliere di dedicare un po’ del nostro tempo a chi ha più bisogno di noi. E a volte anche un gesto d’affetto può veramente fare la differenza.
 
Emilio Galdieri
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