Il primo atto, la prima impressione, la prima emozione che deve accompagnare l'incontro con la Chiesa, è l'immagine della prossimità di Gesù.
Immaginate di trascrivere, in un volumetto agile e succoso, di ampia divulgazione, ma anche di acuta dottrina, "la prima lezione di ecclesiologia" di Papa Francesco. Cento pagine, un argomento essenziale, molti esempi. (È una ricostruzione non autorizzata, la mia, della quale mi assumo il rischio, sperando che sia utile. E gli esempi non sto a ricordarli, li abbiamo visti tutti, stupiti e lieti, giorno per giorno). La mia percezione è che il tema si potrebbe indicare così. La prossimità di Dio si vede, si ascolta, si tocca persino, nella prossimità di Gesù. E dunque, il primo comandamento della Chiesa è questo: «Va’ e fa’ lo stesso» (Lc 10, 37).
Il primo atto, la prima impressione, la prima emozione che deve accompagnare l’incontro con la Chiesa, è l’immagine della prossimità di Gesù. E la traccia indelebile che dovrebbe rimanere associata a questo incontro, dovrebbe essere quella di un contatto con Dio che rimane segnato nella memoria del corpo, fino a persuaderti che non te lo sei sognato, non te lo sei immaginato, non te lo sei costruito da te nella tua mente. Il primo tocco di Dio è quello che non si scorda mai più. Leggi il vangelo seguendo questo filo d’oro della prossimità di Gesù, in cui si forma l’apprendistato dei Discepoli: in presa diretta con la "fisicità" del contatto fra Gesù, i singoli, le folle. Segui le sue parole, ma anche i suoi toni di voce, i suoi sguardi, i suoi gesti, le sue traiettorie e le sue fermate, il suo modo di mettersi in mezzo e di ritrarsi con discrezione. Segui le sue mani, come si sporcano di terra a scrivere l’inconfessabile, che riporta ognuno all’umiltà del suo limite e del suo giudizio; o come fanno un piccolo impacco di fango che puoi lavare tu stesso, per riacquistare la vista e ogni altra liberazione dal male. Segui il suo corpo, come fa barriera contro il disprezzo per il pubblicano e contro l’avvilimento della donna; come si raccoglie nella preghiera, come sta sereno nella tempesta, come si offre al posto dei discepoli nell’orto del tradimento, del fanatismo, delle lotte di potere. Seguilo e impara come si scrive la parola di Dio nell’anima, lasciando nel corpo il segno della sua giustizia. Seguilo e impara come si annuncia il giudizio di Dio sul mondo, nel segno di una prossimità misericordiosa che non lascia nessuna scusa al risentimento: perché quel giudizio prende anzitutto su di sé i pesi del suo peccato e delle sue ferite.
Per farsi occasione e tramite di questo tocco della prossimità di Dio, la Chiesa non ha che da esporsi essa stessa, in primo luogo, alla prossimità del Corpo del Signore. E scegliere la via del segno più diretto e meno enfatico che esista per renderla trasparente agli abitanti delle periferie di questa moderna città dell’uomo, così piena di sé e così vuota di misericordia. Nessun talento prezioso sarà sprecato, se verrà giocato e speso per la trasparenza di questa eredità. Nessuna sacra dignità sarà ferita, se si farà un punto d’onore della sua conversione a questo stile del ministero. Se quando si dirà "Chiesa", ciò che prima di tutto verrà alla memoria della mente e del cuore sarà il ricordo del tocco di Dio, il Servo di tutti i servi di Dio, per primo, troverà qui la sua ricompensa migliore. E noi tutti – «minimi e peccatori» come dice l’antica liturgia – scopriremo di poter essere veramente, per pura grazia, un sacramento del tocco di Dio. Una Chiesa che ha bisogno di spiegarsi e di giustificarsi troppo è una Chiesa che ha perduto l’efficacia del tocco di Dio, del quale è tramite. Nessuna rendita di posizione può supplire lo svuotamento di questa prima icona. Nessuna strategia di comunicazione può colmare la mancanza di questo primo amore. Ricorda, Chiesa, come si muove il Corpo del Signore. E fa’ lo stesso. La lezione di ecclesiologia dei primi cento giorni è questa.
Pierangelo Sequeri
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