Il triplice sguardo di Gesù

Lo sguardo è forse la parte più interiore del volto di Gesù, ma si potrebbe dire che è anche l'aspetto più estroverso della sua persona, il più mobile, il tratto che muta continuamente.

Il triplice sguardo di Gesù

da L'autore

del 01 gennaio 2002

Il NT è silente sul volto di Gesù. C'è un aspetto del volto che il racconto evangelico predilige ed è il suo sguardo, lo sguardo di Gesù. Potremmo dire che se il NT non ci dice nulla sul colore dei suoi occhi, sulla forma dei suoi capelli, sulla configurazione del volto, sull'inflessione della voce, sulla mimica del suo viso, come avrebbe fatto ogni buon biografo e narratore appena all' altezza del suo compito, è stato invece sorprendentemente fulminante nel descrivere lo sguardo di Gesù. Lo sguardo è forse la parte più interiore del volto di Gesù, ma si potrebbe dire che è anche l'aspetto più estroverso della sua persona, il più mobile, il tratto che muta continuamente, che indica a un tempo il segreto degli affetti, dei pensieri e dei desideri e l'invito suadente, l'approccio tenerissimo o la presa di distanza tagliente nei confronti dell'interlocutore. Lo sguardo s'accompagna alla voce e anche la voce di Gesù si coniuga con la tonalità variegatissima delle parole pronunciate da lui. Gli evangeli non hanno un' attenzione per così dire psicologica alla differenza di tonalità e di parola, ma ognuno sa che non può proclamare le parole di Gesù con lo stesso tono: alcune sono solenni, altre persuasive; alcune sono durissime, altre suadenti; qualche volta egli usa il linguaggio tagliente dei profeti e dei riformatori, qualche altra la lingua trasognata dei poeti e dei mistici. La parola di Gesù fa corpo con la sua voce, è proprio il caso di dirlo: è la sua parola che si fa carne nella voce dalle infinite sfumature. Come per il suo sguardo. Lasciamoci guardare dallo sguardo di Gesù. La nostra ricerca del Volto parte da questo sguardo, si colloca dentro l'irradiazione della sua luce. Così’ mi piace iniziare il nostro cammino. Così desidero anche per voi. E per far questo vi offro brevemente tre immagini: lo sguardo di Gesù che chiama e perdona, lo sguardo di Gesù sul mondo, lo sguardo di Gesù sul Padre.

Lo sguardo di Gesù che chiama e perdona è quello che più s'è impresso nell'esistenza delle persone. Come non ricordare lo sguardo fisso che ama il giovane ricco: 'Allora Gesù, fissatolo, lo amò e gli disse: 'Una cosa sola ti manca: va', vendi quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi'' (Mc 10,21). Credo che molti credenti, da Antonio abate in avanti, non avrebbero seguito !'invito pressante di Gesù se non fossero stati accompagnati, in ogni stagione della vita e in ogni epoca della storia, dal suo sguardo penetrante e struggente. Eppure nessuno fa mai notare il paradosso di questo testo: lo sguardo di Gesù che è andato incontro all'insuccesso, è stato il paradigma di un'ininterrotta storia di chiamate, con cui molti hanno voluto quasi sostituirsi nel posto raggiunto da quello sguardo senza risposta. Molti credenti hanno seguitato a leggere il brano sentendo che l'invito era rivolto a loro. Pochi versetti dopo leggiamo: 'Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: 'Quanto difficilmente coloro che hanno ricchezze entreranno nel regno di Dio!'''. Per sentire l'evangelista concludere: 'Ma Gesù, guardandoli, disse: 'Impossibile presso gli uomini, ma non presso Dio! Perché tutto è possibile presso Dio'' (Mc 10,23.27). La chiamata può essere ascoltata solo dentro uno sguardo, o meglio nasce da un lasciarsi guardare e amare. E come non sentire lo sguardo di Gesù che perdona, quando incontra Pietro nel cortile del sommo sacerdote: 'Allora il Signore, voltatosi, guardò Pietro, e Pietro si ricordò delle parole che il Signore gli aveva detto: 'Prima che il gallo canti, oggi mi rinnegherai tre volte'' (Lc 22,61). Il Signore va diritto per la sua strada verso la croce, ma prima si volta verso Pietro, perché si ricordi che nessuno, anche quando la paura o il compromesso ci fa nascondere prima a noi stessi che a Lui, resta escluso dallo sguardo di Gesù. Solo così si può avere il coraggio di passare a vita nuova.

Lo sguardo di Gesù sul mondo è ancora più sconvolgente. Dopo anni in cui liquidavo il testo di Matteo sui gigli del campo e sugli uccelli del cielo (Mt 6,25-34// Lc 12,22-32) come un brano di troppo facile poesia, a un certo punto mi ha colpito la profondità di questo brano evangelico. Mi è brillato davanti agli occhi lo sguardo di Gesù che m'invitava a uno sguardo nuovo sul mondo: 'Guardate gli uccelli del cielo ... Osservate come crescono i gigli del campo...' (Mt 6,26.28). Gesù guarda la realtà e spinge a osservarla con i suoi stessi occhi. Egli riprende lo sguardo di Dio di Genesi ('E Dio vide che ogni cosa era buona') e ci incalza a guardare/osservare. Ora il suo invito è rivolto agli ascoltatori (discepoli/folla): essi possono 'vedere' la creazione mediante il 'suo' sguardo. 10 sguardo di Gesù rivela il mondo non come gettato-là, ma come donato. L'incanto di queste parole affascinanti di Gesù chiede di accendere uno sguardo nuovo e insieme antico sul mondo, ricuperando la meraviglia originaria (il thaumazein degli antichi). 10 sguardo di Gesù ci fa procedere oltre: 'eppure il Padre vostro celeste li nutre!' (v. 26), 'eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro!' (v. 29). Il mondo rivela una cura amorevole e lo splendore di una gloria che fa porre la domanda sulle sue origini. È solo ripartendo dallo stupore e dall'esclamazione, dal debito impensato da cui sorge il nostro essere-nel-mondo, che è possibile far sorgere l'interrogativo: perché c'è qualcosa? Anzi Gesù precisa questa domanda: essa non riguarda la questione del 'perché c'è qualcosa piuttosto che il nulla?' (Leibniz-Heidegger). Questa è una formula che ha inaridito lo stupore iniziale, anche se resta la domanda delle domande! Gesù ci dice che bisogna portare alla parola lo splendore che 'veste' il mondo e la cura amorevole del Padre vostro che lo 'nutre'. Non è un caso che i due verbi usati siano quelli della 'nutrizione' e del 'vestire', in cui occorre riconoscere 'di più' del cibo e del vestito materiale. Gesù invita a scoprirvi la cura e lo splendore del 'Padre' nostro ('eppure il Padre vostro!'), che egli ci comunica in modo definitivo ('eppure io vi dico!'). Il suo appello al Padre nostro che nutre gli uccelli del cielo, e ancor più il suo 'ma io vi dico', che 'Dio veste così i gigli e l'erba del campo' con uno splendore e una sapienza maggiore di quella di Salomone, accendono anche uno sguardo nuovo sul mondo come' creazione'. Se lo 'sguardo' di Gesù ci fa risalire allo splendore della cura del Padre per il mondo, ancora di più alla fine del brano matte ano la parola di Gesù rappresenta il vertice della sua 'visione': 'Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno. Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta' (Mt 6,32-33). La maniera in cui i pagani si occupano del mondo così, sottoponendolo ad essere la riserva di uno sfruttamento indiscriminato che assoggetta l'uomo al suo lavoro, è contrapposta da Gesù alla cura preveniente di Dio: 'il Padre vostro celeste sa che ne avete bisogno'. Tuttavia questo atteggiamento non rende l'uomo passivo, quasi un fannullone in attesa di un intervento provvidenzialista. Il fatto che Dio 'sa che ne avete bisogno' libera il cuore e la mano dell'uomo per la 'ricerca del Regno e della sua giustizia', nella cui luce il mondo ('tutte queste cose') ci viene dato in aggiunta, vale a dire donato in sovrabbondanza. Occorre 'cercare il Regno e la sua giustizia', cioè bisogna affidarsi al senso del mondo che è quello di condurci a scoprirne il Donatore, e ad abitare la relazione con lui. Anche lo sguardo di Gesù sulla realtà ci dice l'importanza della nostra ricerca del volto di Gesù. Vedremo che il brano parallelo di Luca (Lc 12,22-32) sarà al centro del nostro cammino.

Infine, lo sguardo di Gesù sul Padre. Non abbiamo comprensibilmente molti squarci su questo aspetto, ma sono tutti decisivi. Mi piace immaginare Gesù che, alzando gli occhi al cielo (Matteo ha un incipit generico; Luca: 'In quello stesso istante Gesù esultò nello Spirito santo'), proclami il suo inno di giubilo: 'Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sl, o Padre, perché cosl è piaciuto a te. Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare' (Mt II,25-27). La piena rivelazione del mistero del Figlio e del Padre è cresciuta lungamente dentro lo sguardo della preghiera, che gli evangelisti ricordano moltissime volte. Giovanni lo afferma esplicitamente con la sua espressione caratteristica: 'Gesù, alzati gli occhi al cielo, disse: 'Padre, è giunta l'ora, glorifica il tuo Figlio'' (Gv 17,1, ma anche II,4 I). 10 sguardo sul mistero del Padre è la sorgente segreta a cui si alimenta lo sguardo di Gesù che chiama e perdona, lo sguardo di Gesù sulle cose, sui gesti e sul cuore degli uomini (d. l'episodio dell'obolo della vedova: 'vide alcuni ricchi ... vide anche una vedova povera: Lc 21,1-4).

don Franco Giulio Brambilla

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