Prepararsi alla Pasqua è preparare una festa grande, la più grande dell'anno liturgico. La Quaresima ci offre l'occasione di misurare noi stessi nella totalità della persona umana, dandoci l'opportunità di integrare anima e corpo attraverso la preghiera, il digiuno e la carità.
del 06 aprile 2011
 
          Prepararsi alla Pasqua è preparare una festa grande, la più grande dell’anno liturgico. Con gioia adorniamo il cuore che tende verso le realtà divine pur restando in terra. Gli abiti “buoni” devono essere pronti per la festa, ogni nostro pensiero sia rivolto al Dio, durante le giornate le letture spirituali e la preghiera siano luce sul nostro cammino.           La Quaresima ci offre l’occasione di misurare noi stessi nella totalità della persona umana, dandoci l’opportunità di integrare anima e corpo attraverso la preghiera, il digiuno e la carità. Spesso corriamo il rischio di essere “sepolcri imbiancati”, donne e uomini che puntano al minimo e non vogliono spiccare il volo se non chiederemo e cercheremo un sano equilibrio interiore ed esteriore nel nostro cammino di fede. Col peccato lottiamo e dobbiamo farlo con forza in virtù di un alleato certo che è Cristo Gesù. Il peccato si vince con l’amore che è l’essenza della croce, con la carità verso il prossimo, che è il cuore del messaggio evangelico, con le lacrime sincere senza però piangersi addosso, con la Confessione come sacramento dell’amore di Dio. È bello sentirsi amati nonostante tutto e nonostante noi.            Dio ci ama sopra ogni cosa ed il suo abbraccio è totalizzante. Sentirsi amati suscita l’amore, è una presa di coscienza che richiama ciascuno all’unicità della persona, alla riscoperta della dignità, alla necessità di una conversione quotidiana. Il ferro di tempra col fuoco, il vaso si irrobustisce nel forno, il bimbo impara a camminare dopo tante cadute, una gara si affronta al meglio dopo estenuanti esercizi fisici. Così è della fede che è un dono che può crescere nel campo della speranza e dell’abbandono, del sacrificio e dell’offerta di sé, tra gioie e dolori, nel far memoria e nella testimonianza. Digiunare può essere anche facile, ma mettere in gioco se stessi per la solidarietà, togliendo del tempo ad altro, questo sì che è il banco di prova. Certo non tutti possono fare volontariato o i missionari, ma tutti però abbiamo accanto almeno una persona che può aver necessità di cure, di attenzioni, di un sorriso costante, di una parola buona. La carità può cominciare a casa nostra, sul pianerottolo, per strada, a scuola, all’università, al lavoro, con gli amici.            Amare è prendersi cura dell’altro, cercare un punto d’incontro, rendersi conto per primi laddove sorge l’infelicità, laddove cresce la sofferenza; rendersi conto ed esserci lasciando anche le nostre comodità che di certo staranno lì ad attenderci. È facile pensare che saranno altri ad occuparsi degli “ultimi” della strada, degli ospedali, degli ospizi, dei centri di accoglienza per immigrati o minori; è allora che dobbiamo sporcarci le mani!Marco Pappalardo
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