In cammino verso la Pasqua - Passo 7

Non è semplice parlare di digiuno e astinenza. L'elemento chiave nel digiuno non sia la sofferenza del farsi mancare qualcosa quanto la gioia nel vivere tale esperienza; è una questione di prospettiva diversa, di guardare il tutto dalla parte di Dio che ci ama e conosce il nostre cuore.

In cammino verso la Pasqua - Passo 7

da Teologo Borèl

del 12 aprile 2011

 

 

          Non è semplice parlare di digiuno e astinenza oggi, in un tempo in cui il tutto e subito, il molto e il superfluo la fanno da padroni, dove chi rinuncia a qualcosa è definito debole o folle. Comunque non doveva esserlo neanche al tempo di Gesù che – come leggiamo nel Vangelo di Matteo - esortava apertamente così:            Quando digiunate, non abbiate un aspetto malinconico come gli ipocriti; poiché essi si sfigurano la faccia per far vedere agli uomini che digiunano. Io vi dico in verità: questo è il premio che ne hanno. Ma tu, quando digiuni, ungiti il capo e lavati la faccia, affinché non appaia agli uomini che tu digiuni, ma al Padre tuo che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, te ne darà la ricompensa.           Queste parole di Gesù sottolineano come l’elemento chiave nel digiuno non sia la sofferenza del farsi mancare qualcosa quanto la gioia nel vivere tale esperienza; è una questione di prospettiva diversa, di guardare il tutto dalla parte di Dio che ci ama e conosce il nostre cuore. Il Vangelo di Marco sottolinea l’elemento della festa in modo particolare quando dice: In quel tempo, i discepoli di Giovanni e i farisei stavano facendo un digiuno. Si recarono allora da Gesù e gli dissero: “Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano?”. Gesù disse loro: “Possono forse digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo è con loro?  Insomma, leggendo così le cose, non sembra tutto diverso e più desiderabile?            Sì, desiderabile persino il digiuno che ci rende forti piuttosto che indebolirci, felice piuttosto che mesti! Il cristiano è chiamato dunque a digiunare amando, e poiché digiuniamo amando l'Amore che si è espresso nella totalità della croce, non possiamo che digiunare nella letizia. Il digiuno cristiano è un digiuno lieto, e non solo per fugare da noi le facce buie dei farisei, che digiunavano per farsi vedere dagli uomini, ma perché chi ama è intimamente lieto. Di recente abbiamo scritto che “quando si parla di digiuno o di astinenza si rischia di cadere nell’eccessivo e poco fruttuoso devozionalismo legato al non mangiare carne il venerdì e al digiuno il “Mercoledì delle Ceneri” e il “Venerdì Santo”. Non che tutto ciò non debba essere rispettato o tenuto in considerazione, ma si tratta di farlo con intelligenza e cuore libero. Il rischio è che diventi un cappio che nulla ha a che fare con la Quaresima, che ci vuole disponibili e liberi”.            Dunque si tratta di una scelta d’amore partendo dalla riflessione sulla Parola di Dio e dal cuore, puntando verso qualcosa che davvero ci rende schiavi e tristi. Pensiamo a quale digiuno significativo potrebbe essere limitare l’uso del cellulare, della sigaretta, dell’alcool, delle “parolacce”, del computer, dell’i-pod, della play station, della televisione,ecc. E tutto ciò non per se stessi, ma offrendo a Dio ogni cosa.           Il ricordo della morte di Gesù è strettamente legato con la Resurrezione che è avvenuta nella storia una volta per sempre e fino alla Resurrezione dei morti. Anche quando digiuniamo, siamo in regime di festa allora, di “collocazione provvisoria” della croce come dice Don Tonino Bello:            La tua croce, anche se durasse tutta la vita, è sempre 'collocazione provvisoria'. Il Calvario, dove essa è piantata, non è zona residenziale (…). Anche il Vangelo ci invita a considerare la provvisorietà della croce. C'è una frase immensa, che riassume la tragedia del creato al momento della morte di Cristo. 'Da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio, si fece buio su tutta la terra'. Forse è la frase più scura di tutta la Bibbia. Per me è una delle più luminose. Proprio per quelle riduzioni di orario che stringono, come due paletti invalicabili, il tempo in cui è concesso al buio di infierire sulla terra. Da mezzogiorno alle tre del pomeriggio. Ecco le sponde che delimitano il fiume delle lacrime umane. Ecco le saracinesche che comprimono in spazi circoscritti tutti i rantoli della terra. Ecco le barriere entro cui si consumano tutte le agonie dei figli dell'uomo. Da mezzogiorno alle tre del pomeriggio. Solo allora è consentita la sosta sul Golgota. Al di fuori di quell'orario, c'è divieto assoluto di parcheggio. Dopo tre ore, ci sarà la rimozione forzata di tutte le croci. Una permanenza più lunga sarà considerata abusiva anche da Dio.            In quest’ottica diviene interessante un “decalogo” per il digiuno trovato nelle mie scorribande tra i blog dei giovani: 

“Digiuna di giudicare gli altri, scopri Cristo che vive in loro;

digiuna di parole che feriscono, riempiti di frasi che risanano;

digiuna di scontentezza, riempiti di gratitudine;

digiuna di arrabbiature, riempiti di pazienza;

digiuna di pessimismo, riempiti di speranza cristiana;

digiuna di preoccupazioni, riempiti di fiducia in Dio;

digiuna di lamentarti, riempiti di stima per la meraviglia che è la vita;

digiuna di pressioni e insistenze, riempiti di una preghiera incessante;

digiuna di amarezza, riempiti di perdono;

digiuna di dare importanza a te stesso, riempiti di compassione per gli altri;

digiuna di ansia per le tue cose, compromettiti nella diffusione del Regno;

digiuna di scoraggiamenti, riempiti di entusiasmo nella fede;

digiuna di tutto ciò che ti separa da Gesù,

riempiti di tutto ciò che a Lui ti avvicina”.

 

Marco Pappalardo

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