Lady Gaga, nome d'arte di Stefani Joanne Angelina Germanotta, è stata nominata la donna più potente dell'anno e la cantante più trasgressiva. Ha ricevuto un sacco di premi. Alla conclusione delle date italiane del suo "The Monster Ball Tour", qualche riflessione su questa nuova popstar...
del 06 dicembre 2010
 
                     Nella storia dell’arte e della musica, soprattutto dagli anni Sessanta in poi, non sono mai mancati progetti provocatori, scandalistici, votati a suscitare interesse attraverso la rottura di schemi comunicativi (il rock-and-roll contro la musica melodica) o contenutistici (la droga e la fisicità contro la vita pulita e un certo spiritualismo).            Con artiste come Lady Gaga non siamo di fronte ad un fenomeno musicale perché è il classico pop americano in salsa rosa che si ripete ossessivamente da quasi tre decenni, a partire dalla caposcuola Cindy Lauper; non si tratta nemmeno di una novità a livello di testi perché è dai tempi dei baccanali che periodicamente prende piede l’orgiastico e il dionisiaco anche nell’arte, di cui la musica è solo una parte; né lo è a livello di look, perché ormai gli artisti ci hanno abituati al rococò più estremo, nella Francia pre-rivoluzionaria tutto riccioli ed arabeschi, tutto sigarette sugli occhiali nell’Occidente post-moderno.            Tuttavia siamo di fronte ad un fenomeno nuovo, perché a seguire in maniera indisturbata le esponenti del porno pop come Lady Gaga sono tante, troppe bambine e tanti, troppi bambini: ingorgati nel travestitismo carnevalesco spacciato per tendenza, sono soli, troppo soli di fronte al marketing trasgressivo del libertinaggio sistematico; sono soli, prima di aver raggiunto quello stadio dello sviluppo emotivo e cognitivo che porterebbe se non a staccarsi dal modello, quantomeno ad essere fans ironici, senza il coinvolgimento profondo cui l’immaturità necessariamente porta.             Sono soli, troppo soli i preadolescenti e gli adolescenti di fronte alla trasbordante ed ossessiva ripetizione della teoria del gender, secondo la quale, per dirla con la sua paladina Judith Butler, la differenza tra uomo e donna finisce inevitabilmente con l’essere più un fatto sociale che biologico.            Capita pure di assistere a saggi di fine anno scolastico o di fine estate negli oratori in cui bambine (soprattutto!) ripetono movenze dei video di Lady Gaga che sul laico e democratico Youtube vengono, almeno parzialmente,  censurate ai minori, come nel video della canzone “Telephone”; nella scuola, questa limitazione protettiva non avviene; né si arriva a praticarla consapevolmente in molti oratori.            Credo che oggi sia necessaria una conoscenza dei progetti antropologici verso cui vengono schiacciati i nostri figli, per fare in modo che chi in futuro si presentasse alle porte informatiche delle nostre case con prodotti non in linea con il minimo sindacale del buon senso educativo, trovi resistenza, una resistenza che è anzitutto protezione dei più deboli; magari sarà poco, ma è quel poco che fanno i sacchi di sabbia sull’argine del fiume quando la piena si fa pericolosa; i granelli di sabbia sono nulla, il vento se li porta via, ma insieme, chiusi in quel sacco, quei granelli di sabbia salvano la città e i suoi abitanti.            In alternativa dovremo tristemente riconoscere che la misura del successo di Lady Gaga segnerà la misura della nostra incapacità educativa.  Marco Brusati
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