In memoria di me

In un noviziato a Venezia, arriva Andrea, un giovane che ha provato tutto, cerca un ideale, vuole diventare una persona. Andrea é intelligente, dotato, curioso, incoraggiato dai superiori ma frenato da freddezza e paura. Andrea pensa che il Dio che lui studia é diverso da quello dei teologi, diverso anche dalla religiosità severa che gli viene insegnata. E' l'inizio di una 'notte spirituale' dove dubbio e angoscia esplodono nel grido disperato: 'Io non so amare!'...

In memoria di me

da Quaderni Cannibali

del 21 marzo 2007

In memoria di me

Nazione:              Italia - 2006

Genere:                Drammatico

Durata:                 115'

Regia:                   Saverio Costanzo

Cast:                     Christo Jivkov, André Hennicke, Marco Baliani, Fausto Russo Alesi, Filippo Timi, Stefano Antonucci, Rocco Andrea Barone

Andrea, è un giovane, di belle speranze, ma l'impatto col mondo e le sue infinite strade lo ha fatto precipitare in uno stato di smarrimento. In cerca di un nuovo equilibrio si sottopone al noviziato, un periodo di esercizi spirituali per l'avviamento al sacerdozio. All'interno della comunità religiosa, Andrea scopre un mondo che va oltre il silenzio e la preghiera. Il monastero diviene, per lui, un misterioso universo dove ogni sguardo, ogni suono rivela intrighi e segreti, un luogo dove i novizi vengono esortati a denunciare reciprocamente le proprie debolezze. Sono costantemente sorvegliati nei gesti quotidiani, nei riti, nelle letture, interrogati nei momenti in cui lottano per abbandonarsi alla volontà di Dio. Andrea é scosso dagli incontri con il ribelle novizio Zanna, che accusa il sistema del noviziato e la stessa Chiesa di sfruttare la parola di Dio per acquisire potere e influenza. Confrontandosi con lui, Andrea comincia a dubitare profondamente delle propria fede correndo il rischio di abbandonare l'Ordine come altri prima di lui..

Storia laica, spirituale, vuota: i gesuiti secondo Costanzo di TULLIO KEZICH_Corriere della Sera

A distanza di quasi mezzo secolo ritorna un romanzo dimenticato di Furio Monicelli. Nato nel ‘24, questo scrittore è sempre stato il più defilato dei numerosi figli di Tomaso Monicelli (1893 - 1946), figura di spicco del mondo culturale e politico fra le due guerre, tutti giornalisti e scribi tranne Mario che è il celebre regista. All’uscita, Il gesuita perfetto (1961) produsse sensazione per il suo intrecciare vocazione religiosa e pulsione omosessuale; o almeno così mi par di ricordare perché il libro non lo trovo più e la ristampa, con il titolo Lacrime impure (Mondadori), non è ancora in vetrina.

Non sono quindi in grado di mettere a fuoco consonanze e dissonanze fra il romanzo e il film In memoria di me e devo accontentarmi di ciò che dichiara Saverio Costanzo, sceneggiatore e regista: il quale afferma di essersi molto distaccato dal testo. Certo il motivo dell’omosessualità sullo schermo è pressoché assente. Anche il famoso bacio del novizio eretico all’austero Padre superiore, di cui si è tanto schiamazzato dalla Berlinale, non ha niente di erotico. Lo direi un tributo simbolico, a suggello della separatezza fra due modi opposti di concepire il Vangelo, ma non me ne intendo. Toh, chi si rivede: nei panni del catecumeno Andrea c’è Christo Jivkov, il condottiero morente di Il mestiere delle armi di Olmi, un autore al quale il film rimanderà spesso. Perfino nell’espressione stranita e spaurita del protagonista, che può ricordare l’impiegatino di Il posto. Nel muoversi fra i gesuiti freddi e cortesi, nell’imbarazzante compagnia di confratelli che non comunicano, l’impassibile Andrea sembra anche una sorta di Buster Keaton rivisitato in chiave misticheggiante. In prima battuta e in primissimo piano, il nostro biascica una smozzicata confessione sui motivi che l’hanno portato in seminario. Il principale? «Diventare una persona». Subito dopo, nel lungo corridoio che conduce ai finestroni del palazzo affacciati sul Bacino di San Marco, avanza in controluce una figuretta fantasmatica che sembra una scultura di Giacometti. Di questo film da meditazione, memore anche dei tempi lenti di Bresson, si assaporano le splendide immagini, la cornice monumentale dell’isola di San Giorgio e i volti indagati dall’obiettivo. I passi, i rumori delle stoviglie o dei secchi della pulizia sovrastano le parole; e a questo proposito va notato che nel cinema i silenzi sono più silenziosi che in letteratura, dove hanno bisogno di essere raccontati. In memoria di me è un film laicamente traboccante di spiritualità quanto vuoto di racconto, dove l’intensità dell’at-tenzione che pretende (e fino a un certo punto ottiene) si smorza nel compiacimento dei tempi morti. Al di là della vetrata la vita continua: i bastimenti transitano, risplendono le luci della città, scoppiano all’improvviso i fuochi artificiali. Ma all’interno i drammi restano segreti, non detti, l’atmosfera di coercizione sostenuta occasionalmente da meschine forme di spionaggio non suscita pulsioni libertarie o ribeffioni alla Jean Vigo. Nel gruppo sonnambolico dei catecumeni qualcuno tentenna, si fa delle domande, dà la testa nel muro. In tale contesto accelerare il passo, sbattere le cose, cacciare un urlo è l’unica forma di protesta possibile.

Il clima è preconciliare, come se nella Chiesa dai tempi del romanzo non fosse passato l’ecumenismo di Papa Giovanni, la ricerca di assoluto è di tipo nombrillistico. Alla fine, scontenti tutti, dallo spettatore laico al cardinal Ruini: sono equiparate le scelte di chi se ne va e di chi rimane, di chi interpreta la fede come missione d’amore o viceversa come disciplina imposta e accettata, il tutto in forma di obiettività rispettosa quanto inerte. Fra un echeggiare di cori angelici, questo nobile film scava nel mistero dei volti alla ricerca delle anime con il rischio di trovare il Nulla.

Giudizio ACEC: Discutibile/problematico/dibattiti [www.acec.glauco.it]

Giudizio Corriere: 8-

Versione app: 3.25.0 (fe9cd7d)